Le microplastiche nei nostri polmoni

Per la prima volta sono state rilevate nei tessuti polmonari di alcuni pazienti, a conferma della loro enorme diffusione nell'ambiente

(Getty Images)
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Tracce di microplastiche sono state trovate per la prima volta nei polmoni di alcuni pazienti, dopo che in passato erano state rilevate nel sistema respiratorio di alcune persone decedute e sottoposte ad autopsia. La scoperta, fatta nel Regno Unito, porta nuovi elementi sulla grande diffusione dei minuscoli frammenti di plastica praticamente in tutti gli ambienti in cui viviamo, a causa dell’inquinamento. Gli studi sugli effetti delle microplastiche sul nostro organismo sono ancora in corso e non ci sono elementi definitivi per sostenere che siano innocue o dannose, dopo una prolungata esposizione.

Un gruppo di ricerca ha analizzato campioni di tessuto polmonare prelevati da tredici pazienti, ciascuno dei quali doveva essere sottoposto a un’operazione. Il tessuto cellulare prelevato è stato poi analizzato in laboratorio, portando all’identificazione delle microplastiche in undici casi. Le particelle più diffuse erano quelle di polipropilene, impiegato per gli imballaggi di plastica, e di polietilene tereftalato (PET), utilizzato nella produzione delle bottiglie di plastica e di numerosi altri prodotti a scopo alimentare e non solo.

La ricerca, già disponibile online, sarà pubblicata sulla rivista scientifica Science of the Total Environment nei prossimi mesi e contiene alcuni esiti che lo stesso gruppo di ricerca ha definito inattesi. Le microplastiche sono state trovate infatti anche nella parte più profonda dei polmoni, dove le vie aeree sono piccole e non ci si aspetterebbe di trovare materiale estraneo di dimensioni relativamente grandi.

Lo studio ha preso in considerazione microplastiche con dimensioni di pochi millimetri e si è spinto fino a polveri con un diametro di 0,003 millimetri. Per l’analisi in laboratorio sono stati impiegati strumenti per risalire alla tipologia di plastica, confrontando i risultati con campioni di controllo per escludere altre sostanze inquinanti presenti nell’ambiente e normalmente inalate durante la respirazione.

Secondo il gruppo di ricerca, gli esiti delle analisi confermano che le microplastiche sono presenti nell’ambiente in varie forme, aggiungendo nuovi elementi alle ricerche sulla diffusione delle sostanze plastiche nelle acque, nel suolo e nell’aria. Lo studio si concentra comunque solamente sui dati raccolti, senza fare ipotesi sull’eventuale pericolosità della costante esposizione alle plastiche di alcune strutture del nostro organismo estremamente delicate come quelle polmonari.

Che con la respirazione inalassimo microplastiche era comunque noto da diverso tempo, anche grazie ad altri studi. Nel 2021 un gruppo di ricerca in Brasile aveva svolto alcune autopsie, trovando tracce di microplastiche nei tessuti polmonari di tredici dei venti cadaveri analizzati. Il polietilene era tra le sostanze più ricorrenti, ma anche in quel caso i ricercatori erano stati molto cauti sugli eventuali effetti sulla salute, rilevando comunque che non potevano essere esclusi «esiti deleteri» in seguito alla lunga esposizione.

Le incertezze hanno spinto negli ultimi anni numerosi gruppi di ricerca a occuparsi dei potenziali effetti delle microplastiche sul nostro organismo. Lo scorso marzo uno studio aveva rilevato per la prima volta in modo convincente la presenza di microplastiche nella circolazione sanguigna. La ricerca aveva evidenziato come queste sostanze si potessero quindi muovere con una relativa facilità, con il rischio di accumularsi in alcuni organi.

La grande diffusione delle microplastiche nell’ambiente deriva in primo luogo dai rifiuti, che finiscono nelle acque o nel suolo, ma non solo. Buona parte delle plastiche tende con il tempo a deteriorarsi e di conseguenza a rilasciare nell’ambiente minuscole particelle, che possono poi entrare in contatto con il nostro organismo.

Negli anni la presenza di microplastiche è stata riscontrata praticamente ovunque, dagli oceani alle sommità delle catene montuose più alte del pianeta, nei pesci e in molti altri animali e persino nella placenta delle donne incinte. Man mano che si sono sviluppati sistemi più sensibili per la loro rilevazione, le microplastiche sono state scoperte in ogni sorta di ambiente e circostanza.

La grande diffusione delle microplastiche non implica necessariamente che ci sia un alto rischio per la nostra salute. Un paio di anni fa, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) diffuse una prima analisi sul tema, concludendo che allo stato delle conoscenze le microplastiche non costituiscono un rischio per le persone. L’analisi conteneva comunque numerose cautele, soprattutto per la disponibilità ancora limitata di dati per valutare in maniera attendibile i rischi.