• Mondo
  • Lunedì 16 agosto 2021

L’Afghanistan è di nuovo dei talebani

Domenica il gruppo radicale islamista è entrato a Kabul e ha occupato il palazzo presidenziale, riportando il paese indietro di vent'anni

I talebani nel palazzo presidenziale di Kabul (AP Photo/Zabi Karimi)
I talebani nel palazzo presidenziale di Kabul (AP Photo/Zabi Karimi)

Domenica i talebani hanno completato la conquista dell’Afghanistan, prendendo il controllo della capitale Kabul e del suo palazzo presidenziale, dal quale hanno tenuto la loro prima conferenza stampa da nuovi capi del paese trasmessa in esclusiva da Al Jazeera. Sono entrati in città senza incontrare resistenza, sfruttando la resa delle forze di sicurezza afghane e la fuga del presidente Ashraf Ghani, che se n’è andato frettolosamente dopo avere promesso fino al giorno prima che Kabul non si sarebbe arresa.

L’Afghanistan è tornato così a essere governato dai talebani, come tra il 1996 e il 2001, quando il loro regime fu rovesciato dall’intervento militare americano successivo agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 a New York e Washington. Allora i talebani erano accusati di dare rifugio ai terroristi di al Qaida, autori degli attentati, stessa accusa che viene mossa loro anche oggi.

L’entrata dei talebani a Kabul è stata piuttosto ordinata, anche se ha provocato scene di panico in città. I talebani si sono affacciati alle porte della capitale domenica mattina dopo avere conquistato rapidamente tutte le altre principali città del paese, dicendo che non sarebbero entrati immediatamente per dare il tempo al governo di Ghani di arrendersi e negoziare la transizione. Nel giro di poche ore è stato però chiaro che non ci sarebbe stato bisogno di negoziare alcunché. Il governo si è sgretolato, Ghani ha preso un aereo con la famiglia e i più stretti collaboratori e ha lasciato il paese, e le forze di sicurezza in giro per la città hanno abbandonato le loro postazioni, spesso togliendosi le uniformi e mettendosi in abiti civili per non farsi riconoscere e non subire la ritorsione dei talebani.

– Leggi anche: La caduta di Kabul, per immagini

Scene di disperazione si sono viste soprattutto nei centri che emettono i visti in giro per la città, dove molte persone si sono riversate domenica per cercare di ottenere i documenti necessari per lasciare il paese.

Altrettanta confusione si è creata all’aeroporto internazionale di Kabul, dove da ore sono in corso le operazioni di evacuazione del personale diplomatico e dei cittadini stranieri che erano rimasti a Kabul. Diversi video circolati sui social network hanno mostrato come migliaia di persone siano andate all’aeroporto cercando di imbarcarsi su un aereo, spesso senza riuscirci. Da ieri infatti sono stati sospesi tutti i voli civili e sono permessi solo quelli militari. Molti afghani che negli anni scorsi avevano lavorato con gli stranieri nella guerra contro i talebani, soprattutto interpreti, sono rimasti a terra, visto che la precedenza finora è stata data ai cittadini stranieri. I cittadini italiani sono stati evacuati domenica sera.

Lunedì mattina i soldati americani hanno detto di essere stati costretti a sparare alcuni colpi in aria per evitare che afghani disperati presenti in aeroporto cercassero di salire disordinatamente a bordo degli aerei militari.

In città, invece, i talebani hanno imposto alcuni checkpoint e si sono di fatto sostituiti alle forze di sicurezza del governo afghano, come avevano promesso di fare domenica. La giornalista di CNN Clarissa Ward, una dei pochi giornalisti occidentali ancora in città, ha raccontato che per le strade di Kabul si vedono moltissimi talebani, qualche civile e molte meno donne rispetto ai giorni precedenti.

Intanto, dopo la conferenza stampa di domenica sera in diretta dal palazzo presidenziale, i talebani hanno diffuso un nuovo video promettendo “serenità” per la nazione. Il vice capo del gruppo, il mullah Baradar Akhund, ha detto che «cercheremo di fare il possibile per migliorare le vite» di tutti gli afghani.

– Leggi anche: Chi sono i talebani

La conquista di Kabul da parte dei talebani è avvenuta molto rapidamente, ma per molti analisti non è stata una sorpresa. Il momento più importante è stato sicuramente l’accordo di pace raggiunto lo scorso anno tra l’amministrazione statunitense di Donald Trump e i talebani, che tra le altre cose prevedeva il ritiro completo dei soldati americani dall’Afghanistan, cioè dalla guerra più lunga mai combattuta dagli Stati Uniti (20 anni). L’attuale amministrazione di Joe Biden aveva poi rimandato di qualche mese il ritiro completo, fissandolo all’11 settembre del 2021.

Con il progressivo ritiro dei soldati americani, gli afghani si erano ritrovati da un giorno all’altro senza supporto aereo, fondamentale in molte delle operazioni militari compiute contro i talebani, e senza migliaia di contractor operanti nel settore della logistica che si occupavano di far funzionare i complessi sistemi d’arma che gli Stati Uniti avevano fornito all’Afghanistan. Le forze di sicurezza afghane, mal addestrate, mal armate e poco pagate, si erano pian piano sgretolate, favorendo l’avanzata dei talebani. Si era aggiunta infine una grave incapacità del governo afghano di sviluppare una strategia efficace, in mezzo a problemi cronici di corruzione e alle difficoltà del governo di controllare l’intero territorio nazionale.