In Italia il 40% dell’acqua viene sprecato per i problemi della rete idrica

È una delle informazioni dell'ultimo rapporto dell'ISTAT sul consumo di acqua nel paese

(Jenny Evans/Getty Images)
(Jenny Evans/Getty Images)

L’acqua è un bene primario, universale e di uso quotidiano, ma tante cose delle sue origini e del modo in cui la utilizziamo sono spesso poco note. Nonostante ciascuno di noi ne utilizzi direttamente o indirettamente centinaia di litri ogni giorno, solo da qualche anno, con la crescita dell’attenzione nei confronti della salvaguardia dell’ambiente, è aumentata anche la consapevolezza di quanto l’acqua sia preziosa e di come si possano evitare gli sprechi. Gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT aiutano a capire come viene utilizzata l’acqua in Italia, uno dei paesi europei che ne ha maggiori disponibilità: anche se il punto non è tanto quanta ce n’è, ma come viene gestita.

Quanta acqua sprechiamo
Ogni giorno consumiamo in media 215 litri a testa. Sembra essere un numero sorprendentemente alto, ma in realtà basta riflettere sulle azioni quotidiane per rendersi conto di quanta acqua usiamo. Una vasca da bagno può contenere dai 100 ai 160 litri d’acqua, una doccia di cinque minuti ne fa consumare tra i 75 e i 90 litri, mentre una di tre minuti tra i 35 e i 50 litri. Ogni volta che si tira lo sciacquone vengono utilizzati dagli 8 ai 16 litri. Se non si ha l’accortezza di chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti si può arrivare a circa 20 litri di acqua impiegata e per lavare i piatti a mano se ne usano fino a 40 litri.

Secondo gli ultimi dati disponibili, in un anno vengono immessi nella rete idrica italiana 8,2 miliardi di metri cubi di acqua, di cui ne vengono utilizzati 4,7 miliardi. Gli altri 3,5 miliardi di metri cubi vengono dispersi a causa delle cattive condizioni dell’infrastruttura idrica, cioè di tubi vecchi e rotti.

La percentuale di perdite idriche totali è del 42 per cento: ogni cento litri immessi nella rete di distribuzione, 42 non arrivano ai rubinetti delle case. ISTAT stima che recuperando queste perdite si potrebbe garantire il fabbisogno di acqua a circa 44 milioni di persone in un anno, oltre due terzi degli italiani.

Osservando i dati delle 14 città metropolitane, i problemi sembrano essere soprattutto al Sud. Le situazioni più critiche sono a Palermo, dove la percentuale di perdite idriche è al 45,7%, Reggio Calabria (46,6%), Messina (46,6%), Cagliari (48,4%), Bari (51,2%) e Catania (54,7%). Ma anche a Roma la percentuale è piuttosto alta, 45,1%, mentre i valori più bassi sono a Milano (18,7%), Bologna (28,3%) e Torino (32,6%).

La fiducia nell’acqua del rubinetto è aumentata
Secondo l’ISTAT, le famiglie italiane si fidano generalmente dell’acqua del rubinetto e la bevono senza timori. La fiducia è cresciuta nel tempo: nel 2002 solo il 59,9 per cento delle famiglie diceva di bere tranquillamente l’acqua da rubinetto, mentre nel 2020 la percentuale è aumentata fino al 71,6 per cento.

Ma ci sono notevoli differenze territoriali: in Sicilia la metà degli abitanti non si fida. I motivi di questa diffidenza si possono dedurre da alcuni indicatori significativi: il 28 per cento dei siciliani che hanno preso parte all’indagine dice di essere poco soddisfatto di odore, sapore e limpidezza dell’acqua. È una delle percentuali più alte in Italia. Il 20,5 per cento degli intervistati non si dichiara soddisfatto del servizio a causa delle troppe interruzioni della fornitura dovute principalmente a guasti della rete.

Per le stesse ragioni, la percentuale degli scettici è alta anche in Sardegna e in Calabria. Non c’è questo problema dove l’acqua è abbondante, come nelle province autonome di Trento e Bolzano: in Trentino Alto Adige quasi tutte le famiglie esprimono fiducia nella qualità dell’acqua che arriva nelle loro case.

Nonostante i dati mostrino un cambiamento nelle abitudini, l’Italia rimane comunque uno dei paesi che consuma più acqua in bottiglia. Il consumo pro capite rimane molto sopra la media europea: 200 litri all’anno contro i 118 in media in tutti i paesi dell’Unione Europea. Più bottiglie significa più plastica e rifiuti, un maggiore impatto ambientale, oltre a una spesa maggiore.

In generale, nel 2020 l’87,4 per cento delle famiglie si dice soddisfatto del servizio idrico. È una valutazione che si basa su diversi indicatori, come le interruzioni della fornitura, la pressione, l’odore, il sapore e la limpidezza, ma anche la frequenza di lettura dei contatori e la comprensibilità delle bollette. Anche in questo caso non tutta l’Italia è soddisfatta allo stesso modo: si va dall’80 per cento di soddisfazione delle famiglie residenti nelle regioni del Nord al 75 per cento nel Sud e nelle Isole. Le famiglie meno soddisfatte sono in Calabria, Sardegna, Sicilia e Abruzzo.

La spesa per l’acqua
Ogni mese la spesa media delle famiglie italiane per la fornitura di acqua è di 14,6 euro, invariata negli ultimi anni: pari allo 0,6 per cento della spesa complessiva per il consumo di beni e servizi. Dove ci sono più problemi di qualità del servizio idrico si spende di più: 16,78 euro al mese nelle regioni del Sud, 16,51 in quelle del Centro, invece le spese sono inferiori (12,37 euro) nelle regioni del Nord.

Per l’acquisto di acqua minerale in bottiglia ogni famiglia spende in media 12,5 euro al mese, due euro in meno rispetto ai costi sostenuti per la fornitura totale di acqua potabile. La spesa per l’acqua minerale, inoltre, è aumentata del 22 per cento negli ultimi cinque anni, mentre quella per l’acqua del rubinetto del 9,2 per cento. Il consumo più elevato di acqua in bottiglia si registra nelle Isole, quello più basso al Sud.

Nel 2019 il fatturato al consumo dell’industria delle acque minerali è stato di 2,8 miliardi di euro, in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente. L’Italia è tra i primi produttori europei insieme a Francia e Germania, con una produzione di 15 miliardi di litri acqua minerale all’anno.

(Sarah Rice/Getty Images)

Quanta acqua preleviamo
L’Italia è al primo posto in Europa anche per il volume di acqua dolce prelevato da fiumi, laghi e dal sottosuolo: 9,2 miliardi di metri cubi nel 2018. La Grecia è prima per volume pro capite, 157 metri cubi per abitante, davanti all’Italia che conta 153 metri cubi, mentre tutti gli altri paesi europei hanno volumi molto inferiori.

La quantità di acqua prelevata dipende dalle risorse idriche disponibili (in Italia sono abbondanti grazie soprattutto alle Alpi), dalla domanda, dalle modalità di prelievo, oltre che dal clima e dalla presenza di attività agricole e industriali. L’Italia preleva soprattutto l’acqua del sottosuolo: l’84,8 per cento del totale arriva da sorgenti e pozzi. In Spagna e in Grecia, altri due paesi sul mar Mediterraneo, l’incidenza dei prelievi da acque sotterranee è più contenuta, rispettivamente al 33,5 e al 44,5 per cento.

(ISTAT)

È cresciuta la sensibilità
Secondo i dati ISTAT, nel 2020 il 40,6 per cento degli italiani si dichiara preoccupato per l’inquinamento dell’acqua, con una maggiore sensibilità tra le fasce più giovani. È un dato in aumento negli ultimi anni, e anche in questo caso con differenze territoriali: la preoccupazione maggiore viene espressa da chi abita nelle regioni del Nord (42,6 per cento), mentre in quelle del Sud è al 37,4 per cento. Aumenta anche la percentuale di persone che esprimono timori per gli eventi climatici estremi e per il futuro dell’ambiente.