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  • Domenica 4 aprile 2021

Gli arresti in Giordania per un presunto complotto contro il re

Sembra essere coinvolto anche l'ex principe ereditario Hamzeh, che ha diffuso un video spiegando di essere di fatto agli arresti domiciliari

Re Abdullah II (Yousef Allan/The Royal Hashemite Court via AP, File)
Re Abdullah II (Yousef Allan/The Royal Hashemite Court via AP, File)

Sabato 3 aprile, in Giordania, circa venti persone sono state arrestate con l’accusa di aver partecipato alla preparazione di un colpo di stato contro il re Abdullah II. Tra le persone coinvolte c’è anche l’ex principe ereditario Hamzeh bin Hussein, fratellastro del re, che sabato ha diffuso un video spiegando di essere di fatto agli arresti domiciliari e di essere stato accusato di contatti con persone che avevano criticato la monarchia.

Su cosa sia accaduto esattamente ci sono ancora poche informazioni. Sabato sera, il capo dell’esercito giordano, il generale Yousef Huneiti, ha confermato l’arresto di diverse persone, tra cui Sharif Hasan (membro della famiglia reale) e l’influente ex ministro delle finanze Bassem Awadullah. Huneiti non ha però diffuso informazioni precise sull’indagine che ha portato agli arresti, limitandosi a dire che erano stati compiuti nei limiti di legge e che maggiori informazioni saranno date nei prossimi giorni.

Fonti del Washington Post hanno spiegato che gli arresti sono stati fatti dopo la scoperta di un articolato piano per rimuovere il re, a cui avevano partecipato anche un membro della famiglia reale, alcuni politici, alcuni membri delle forze di sicurezza e leader tribali (moltissimi giordani appartengono a tribù e clan, i cui leader hanno ruoli di rilievo nell’esercito e nella polizia e molto peso nelle decisioni del re e del governo). Secondo una fonte, il piano sarebbe stato sostenuto anche da una “forza straniera”, ma non ci sono informazioni più precise su questo aspetto.

Il generale Huneiti ha negato sabato sera che il principe Hamzeh fosse stato arrestato, spiegando che gli era solo stato chiesto di «interrompere ogni movimento o attività che potrebbe essere usato per danneggiare la stabilità della Giordania». In un video diffuso sabato, tuttavia, il principe Hamzeh ha spiegato di essere stato messo agli arresti domiciliari su ordine dell’esercito, senza possibilità di comunicare o incontrare altre persone. Il video stesso, spiega Hamzeh nella registrazione, sarebbe stato inviato verso l’esterno tramite una connessione satellitare a internet che avrebbe avuto a disposizione ancora per poco tempo. Il video è stato poi inoltrato ai giornali internazionali da un avvocato del principe.

Il principe Hamzeh ha 41 anni ed è il primo figlio avuto dal precedente re Husayn con la sua quarta moglie: era considerato il figlio prediletto del re. Alla morte di re Husayn, nel 1999, Hamzeh era tuttavia troppo giovane per diventare re e, in base alle ultime volontà di Husayn, fu incoronato re il suo primo figlio, Abdullah, mentre Hamzeh fu nominato principe ereditario. Nel 2004, tuttavia, Abdullah tolse il titolo ad Hamzeh e nominò principe ereditario suo figlio Hussein bin Abdullah, che aveva solo 10 anni. Da allora Hamzeh, che ha studiato nel Regno Unito e poi ad Harvard, negli Stati Uniti, è un membro molto influente della famiglia reale e ha coltivato la sua immagine e posizione di discendente del molto amato re Husayn, vestendosi in modo simile e stringendo rapporti con i potenti e influenti capi tribali giordani.

Nel video diffuso sabato, Hamzeh spiega di essere stato accusato di aver partecipato a conversazioni nelle quali erano state criticate la monarchia e il governo giordani; dice che però non è accusato di aver formulato le critiche personalmente. Hamzeh prosegue poi criticando la situazione politica giordana, denunciando una crescente distanza tra il popolo e le istituzioni, la perdita di libertà e l’atteggiamento repressivo delle forze di sicurezza. «Anche criticare un aspetto minore di una legge – dice Hamzeh nel video – può portare all’arresto e siamo arrivati al punto in cui nessuno può parlare o esprimere un’opinione senza essere bullizzato, arrestato o minacciato».

La Giordania, strettissimo alleato degli Stati Uniti, è storicamente uno dei paesi più stabili del Medio Oriente, ma negli ultimi anni sta attraversando una complicata crisi economica, resa più grave dalla pandemia dell’ultimo anno. Arresti di importanti politici e membri della famiglia reale sono molto rari nel paese. Anche per questo le notizie di sabato hanno generato qualche agitazione, specialmente nel confinante Israele che nel 1994 ha firmato un trattato di pace con la Giordania, con la quale ha stretti rapporti soprattutto per ragioni di sicurezza.

Dopo la notizia degli arresti, Egitto, Bahrein, Arabia Saudita e Stati Uniti hanno diffuso messaggi di sostegno per re Abdullah, anche se per ora non sembrano esserci elementi per pensare che la sua posizione sia in pericolo. Oded Eran, ex ambasciatore di Israele in Giordania, ha spiegato al New York Times che non sembrano per ora esserci rischi per la leadership giordana e che sembra che le autorità abbiano agito rapidamente e in modo efficiente. In un incontro tra rappresentanti delle forze di sicurezza israeliane e giordane sabato sera, scrive il New York Times citando sue fonti, la Giordania ha definito la situazione sotto controllo, parlando di esagerazioni da parte dei giornali.