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  • Mercoledì 13 gennaio 2021

Perché l’Indonesia vaccinerà prima i giovani degli anziani

Per ragioni economiche, e per una diversa demografia rispetto ai paesi più sviluppati, ma è un approccio che non convince molti

Il presidente dell’Indonesia, Joko Widodo, viene vaccinato con il vaccino contro il coronavirus prodotto dall’azienda cinese Sinovac. La scritta dietro di lui dice "sicuro e halal". Giacarta, Indonesia, 13 gennaio 2021. (Agus Suparto/ Palazzo presidenziale indonesiano, via AP)
Il presidente dell’Indonesia, Joko Widodo, viene vaccinato con il vaccino contro il coronavirus prodotto dall’azienda cinese Sinovac. La scritta dietro di lui dice "sicuro e halal". Giacarta, Indonesia, 13 gennaio 2021. (Agus Suparto/ Palazzo presidenziale indonesiano, via AP)

Dopo che l’agenzia governativa indonesiana che si occupa del controllo e della sicurezza dei farmaci aveva dato l’autorizzazione di emergenza all’utilizzo del vaccino contro il coronavirus sviluppato dall’azienda cinese Sinovac Biotech, oggi in Indonesia è iniziata una campagna di vaccinazione di massa. A differenza degli altri paesi dove le vaccinazioni sono già cominciate, però, l’Indonesia sta adottando un approccio diverso e annunciato da tempo: anziché iniziare a vaccinare subito le persone anziane, cioè quelle considerate più a rischio, il governo ha stabilito che verranno vaccinate prima le persone tra i 18 e i 59 anni. È stata una decisione presa per diversi motivi, e che allo stesso tempo ha sollevato parecchi dubbi.

In Indonesia la prima dose di vaccino è stata somministrata mercoledì mattina al presidente indonesiano, Joko Widodo, il quale ha detto che «vaccinarsi è importante per interrompere la catena di trasmissione della COVID-19, per proteggerci e dare sicurezza a tutti gli indonesiani, nonché per accelerare la ripresa economica». La prima fase delle vaccinazioni, quella iniziata oggi, proseguirà fino alla fine di marzo. Verranno vaccinati da subito 1 milione e 300mila operatori sanitari e poi altri 17,4 milioni di persone tra dipendenti pubblici, poliziotti, soldati, insegnanti e funzionari governativi; dopodiché, da aprile, inizieranno a essere vaccinati gli adulti in età lavorativa, dai 18 ai 59 anni.

Nell’arco di 15 mesi il governo conta di vaccinare in totale 181,5 milioni di persone, ovvero circa due terzi dei cittadini indonesiani (circa 270 milioni); diversamente da quanto accade nella maggior parte degli altri paesi, Italia inclusa, gli anziani non saranno però tra i primi a essere vaccinati.

La portavoce del ministero della Sanità indonesiano, Nadia Wikeko, ha detto ad Al Jazeera che questa decisione è dovuta al fatto che l’Indonesia non ha ancora completato la terza fase dei test clinici per il vaccino di Sinovac sui pazienti anziani: secondo i risultati comunicati martedì, il vaccino ha un’efficacia del 65,3 per cento, molto inferiore rispetto ai vaccini sviluppati da Pfizer-BioNtech, AstraZeneca e Moderna. Wikeko ha poi aggiunto che il governo sta «ancora aspettando che l’agenzia nazionale che si occupa del controllo sui farmaci valuti se il vaccino possa essere impiegato in sicurezza per le persone oltre i 60 anni».

Stando a quanto ha spiegato a Reuters Olivia Herlinda, ricercatrice del Centro delle Iniziative di Sviluppo Strategico Indonesiano, l’obiettivo del governo sarebbe quello di ottenere la cosiddetta immunità di gregge.

– Leggi anche: La situazione dei vaccini nel mondo in tempo reale

Il concetto di “immunità di gregge” si riferisce alla possibilità di immunizzare – solitamente attraverso un vaccino – una quota così alta di una popolazione che basti a evitare la diffusione del contagio anche per la restante parte, eliminando una malattia infettiva o limitando al minimo i rischi che comporta. Nel caso dell’Indonesia, l’obiettivo è vaccinare le persone in età lavorativa e in particolare i giovani adulti, cioè le persone tra i 18 e i 35 anni, perché sono ritenute quelle che potenzialmente trasmettono il virus in maniera più facile, muovendosi di più e facendo più attività.

Come aveva spiegato C.B. Kusmaryanto, un membro del Comitato di bioetica indonesiano, per l’Indonesia «non ci sono buone scelte, ma solo scelte meno cattive».

Kusmaryanto aveva detto che i paesi sviluppati «possono decidere di iniziare a vaccinare gli anziani perché sanno di avere abbastanza dosi per coprire l’intera popolazione», ma questo potrebbe non essere il caso dell’Indonesia. In totale entro il gennaio del 2022 il paese dovrà ricevere 125 milioni di dosi del vaccino di Sinovac, a cui si aggiungeranno circa 330 milioni di dosi dei vaccini di AstraZeneca e Pfizer-BioNTech già prenotate. Per il momento, in Indonesia sono state consegnate circa 3 milioni di dosi del vaccino di Sinovac, ed entro la fine del prossimo aprile ne saranno state consegnate in totale 30 milioni.

Per questa ragione, molti pensano che la scelta diversa del governo indonesiano sia principalmente per motivi economici.

Secondo Ajib Hamdani, responsabile della divisione banca e finanza dell’Associazione dei giovani imprenditori indonesiani, «è chiaro che la decisione di vaccinare le persone in età lavorativa sia legata allo sviluppo dell’economia». Hamdani ha detto che la popolazione indonesiana in questa fascia di età è molto più ampia rispetto ai paesi sviluppati – circa il 67 per cento – e perciò secondo lui «il governo fa bene ad avere come priorità i giovani adulti, perché se non preserva la salute di questo gruppo di persone per il paese ci saranno problemi molto più grossi più avanti nel tempo».

È dello stesso parere anche Fithra Faisal Hastiadi, economista dell’Università dell’Indonesia e portavoce del ministero del Commercio, secondo cui la campagna di vaccinazione di massa permetterà a migliaia di giovani persone di tornare a lavorare, e agevolerà quindi la ripresa di settori economici colpiti duramente dalla pandemia, come quello dei trasporti e del turismo. Per Hastiadi, «quando si parla di salute pubblica si parla anche di economia, perché la salute pubblica è una funzione dell’economia».

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Ciononostante, secondo l’immunologo Kim Mulholland, professore della London School of Hygiene and Tropical Medicine che lavora all’Università di Melbourne (Australia), questa strategia ha molte criticità.

Intanto, Mulholland ha spiegato che «in tutti gli studi svolti nell’ultimo anno, in qualsiasi paese, le prove dimostrano in maniera evidente che il fattore di rischio determinante per lo sviluppo di sintomi gravi legati alla COVID-19 è l’età»: una cosa che è stata confermata tra gli altri da uno studio pubblicato sull’importante rivista medica The Lancet e in cui è stato evidenziato che la pandemia «ha colpito in maniera sproporzionata le persone più anziane, specialmente quelle con fragilità o che vivono nelle residenze per anziani».

Inoltre, una delle cose da tenere in considerazione è che al momento i test clinici hanno evidenziato che i vaccini possono proteggere dalla malattia, ma è meno chiaro come il vaccino riduca i rischi di infezione da coronavirus. Per questa ragione potrebbero anche esserci persone vaccinate che contraggono ugualmente un’infezione da coronavirus senza sviluppare sintomi e rimanendo per qualche giorno contagiose. Se in questo periodo non utilizzassero le mascherine o non mantenessero il distanziamento fisico, pensando di non costituire una minaccia perché vaccinati, potrebbero comunque infettare altre persone.

Mulholland ha osservato che oltretutto questa strategia è l’esatto opposto di quello che raccomanda la maggior parte dei medici e degli immunologi, secondo cui è opportuno vaccinare prima il personale sanitario e gli anziani. Secondo i dati forniti dal ministero della Sanità indonesiano e citati da Al Jazeera, peraltro, malgrado in Indonesia la popolazione sia molto giovane, il 39 per cento dei morti per cause legate al coronavirus aveva più di 60 anni.

A oggi in Indonesia sono stati accertati 850mila contagi e più di 24mila morti per cause legate al coronavirus.

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