• Mondo
  • Venerdì 1 gennaio 2021

Israele è partito forte con i vaccini

Ha iniziato il 19 dicembre e ha già vaccinato circa un milione di persone sui suoi nove milioni di abitanti

(Amir Levy/Getty Images)
(Amir Levy/Getty Images)

Israele è il paese al mondo che, in percentuale, ha vaccinato il maggior numero di abitanti. Secondo i dati più recenti, gli israeliani ad aver già ricevuto la prima delle due dosi del vaccino contro il coronavirus sono circa un milione, su una popolazione totale di circa 9 milioni. In Israele le vaccinazioni – per ora solo con il vaccino sviluppato da Pfizer-BioNTech – sono iniziate il 19 dicembre e c’è già stato un giorno in cui i vaccini quotidiani sono stati più di 150mila.

In termini assoluti, Israele non è il paese al mondo ad aver fatto più vaccini: secondo i dati raccolti da Our World In Data, infatti, in Cina sono state già vaccinate quasi cinque milioni di persone, e negli Stati Uniti quasi quattro. Israele è però il primo paese, con considerevole distacco sul secondo e sul terzo (Bahrein e Regno Unito) per quanto riguarda la percentuale di abitanti vaccinati.

I dati disponibili sulle vaccinazioni nel mondo sono in certi casi ancora parziali, dato che non tutti i paesi ne forniscono di aggiornati quotidianamente, ma mostrano comunque quanto Israele sia molto più avanti con i suoi vaccini rispetto al resto del mondo (per vedere bene dovete ingrandire un po’ la mappa).

Il primo israeliano a ricevere il vaccino, il 19 dicembre in diretta tv, è stato il primo ministro Benjamin Netanyahu, seguito da diversi membri del suo governo e dai capi delle forze armate. Con riferimento alla famosa frase detta da Neil Armstrong quando arrivò sulla Luna, ricevendo la prima delle due dosi del vaccino Netanyahu aveva detto: «Una piccola iniezione per un uomo, e un grande passo per la salute di tutti noi».


I piani predisposti da Israele prevedono che siano vaccinate prima le persone con più di 60 anni, quelle che lavorano in ambito medico e ospedaliero e quelle a rischio per altri motivi. Dopodiché toccherà a quelle con un lavoro che le porta ad avere contatti con altre persone (per esempio gli insegnanti) e infine al resto della popolazione (con le dovute eccezioni del caso: per esempio le donne incinte e i minori di 16 anni). Di tutte queste considerazioni non fanno inoltre parte i palestinesi che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, che – in breve – Israele non considera essere sotto la sua responsabilità sanitaria.

Secondo piani citati da diverse fonti di stampa, l’attuale obiettivo di Israele sembra essere di arrivare a vaccinare il 25 per cento dei suoi abitanti entro la fine di gennaio, un obiettivo compatibile con i risultati fin qui ottenuti. Prima solo con i vaccini di Pfizer-BioNTech e poi, da quando sarà possibile, con quelli di Moderna.

I motivi della velocità con cui Israele si è mosso fin qui sono tanti e diversi. Uno ha di certo a che fare con il fatto che sia un paese relativamente piccolo, sia dal punto di vista della dimensione che da quello del numero di abitanti (è un po’ meno esteso e ha un po’ meno abitanti della Lombardia). Un altro è di sicuro conseguenza del fatto che Israele è un paese ricco, con un governo molto centralizzato e, soprattutto, un sistema sanitario considerato solido ed efficace, oltre che altamente digitalizzato.

Inoltre, come ha spiegato il Guardian, Israele ha chiesto anche aiuto ad alcuni medici e infermieri del suo molto sviluppato esercito e si è mosso con intensità contro la disinformazione degli antivaccinisti. Da un lato per velocizzare i processi, dall’altro per minimizzare eventuali (e al momento infondati) dubbi sulla sicurezza dei vaccini.

C’è poi anche un motivo politico. Il 23 marzo, infatti, sono previste nuove elezioni in Israele, le quarte in due anni. Per Netanyahu, arrivarci mostrando di aver saputo garantire la vaccinazione a una rilevante percentuale di elettori sarebbe chiaramente molto importante, soprattutto dopo che il suo governo ha dovuto imporre tre diversi lockdown per contrastare la pandemia.

– Leggi anche: In Israele si voterà ancora

Parlando invece dei veri e propri vaccini e della loro disponibilità, oltre a essere riuscito a muoversi con velocità e aver iniziato a vaccinare alcuni giorni prima di molti altri paesi, sembra anche che Israele abbia pagato di più per avere le sue dosi. Come ha spiegato il sito statunitense NPR, un funzionario del ministero della Salute israeliana ha detto che Israele ha pagato le sue dosi 62 dollari l’una, contro i circa 20 dollari pagati dagli Stati Uniti per quello stesso vaccino. Rispondendo a NPR, il ministero della Salute israeliano ha detto di non poter commentare nel dettaglio la vicenda, ma sempre NPR scrive che il ministro delle Finanze israeliano, Israel Katz, avrebbe ammesso che pagare un prezzo più alto era necessario, visto che a chiedere i vaccini erano tanti altri paesi.

– Leggi anche: La Cina ha autorizzato il suo primo vaccino

Per quanto riguarda le dosi su cui Israele potrà contare sui prossimi mesi, Times of Israel ha parlato di un totale, da qui a marzo, di circa 8 milioni di dosi (abbastanza per vaccinare quindi 4 milioni di persone, visto che servono due dosi a testa) da Pfizer-BioNTech e di un accordo per altri 6 milioni di dosi da Moderna (anche in questo caso con la necessità di somministrate due dosi a persona), che però potrebbero arrivare in Israele non prima di aprile. Come ha scritto oggi Haaretz, esiste tuttavia la concreta possibilità che già nei prossimi giorni Israele si trovi con meno dosi di quelle che gli servirebbero, dato che molte di quelle che ha ordinato da Pfizer-BioNTech dovrebbero arrivare a febbraio. In quel caso, potrebbe dover rallentare, almeno per qualche settimana, i suoi attuali ritmi di vaccinazione.

Nel frattempo, in Israele i contagi continuano a essere tanti, diverse migliaia al giorno: nell’ultima settimana sono stati 378 ogni 100mila abitanti, più del doppio dell’Italia.