Come si contano i casi da coronavirus in Italia

Perché c'è una marcata differenza tra i dati comunicati dalla Protezione Civile e quelli certificati dall'Istituto Superiore di Sanità

In un’intervista pubblicata oggi sul Corriere della Sera, Walter Ricciardi dell’OMS (da inizio settimana consigliere del ministro della Salute, Roberto Speranza) ha spiegato che per quanto riguarda i contagi da coronavirus “i casi verificati sono circa 190, confermati dall’Istituto Superiore di Sanità”. Le sue dichiarazioni hanno portato a qualche confusione, considerato che nell’ultimo aggiornamento di mercoledì 26 febbraio alle 18 la Protezione Civile aveva parlato di oltre 400 contagiati da coronavirus, circa il doppio. Giovedì mattina, il numero complessivo di contagi comunicati dalle regioni è stato 528, a fronte dei 282 verificati dall’Istituto Superiore di Sanità. Per capire la differenza tra le due stime, che in realtà non sono tra loro in contraddizione, è utile capire come vengono svolti i test.

Tampone
Quando una persona ha sintomi che possono far sospettare la presenza della COVID-19, la malattia causata dal coronavirus, i medici possono decidere di disporre un test per verificare l’eventuale presenza del virus. L’esame per il paziente è piuttosto semplice: un operatore sanitario utilizza un tampone, una specie di cotton fioc allungato, che viene inserito nel naso o nella bocca per prelevare un poco di muco o di saliva. Il prelievo viene fatto in questo modo perché il coronavirus infetta soprattutto le vie aeree, causando nei casi più seri polmoniti gravi, che nei pazienti anziani o con altri problemi di salute possono rivelarsi letali.

Inattivazione del virus
Il tampone viene conservato in una provetta e trasportato in un laboratorio, di solito nella regione in cui è stato effettuato il prelievo. Gli operatori trattano il campione in modo da inattivare il virus, un’operazione che richiede circa un’ora di lavoro e che consente poi di effettuare le analisi senza rischi per i tecnici di laboratorio.

Scansione
Dopo avere inattivato il campione, si procede alla preparazione dei vassoi che dovranno essere inseriti nello scanner per l’analisi: è un’operazione molto delicata perché si procede con quantità molto piccole. Lo scanner impiega circa un paio d’ore per cercare tracce dell’RNA del coronavirus, il suo codice genetico.

Risultato
Al termine della scansione, il risultato viene mostrato su un grafico, con alcune curve di riferimento. Se il coronavirus era presente nel campione, sul grafico appare un’ulteriore curva che indica la sua presenza oltre una certa soglia.

Affidabilità
Il coronavirus della COVID-19 è noto da poco meno di un paio di mesi, quindi i test non sono sempre completamente affidabili e in alcune circostanze possono dare falsi positivi o falsi negativi. Per questo si rende necessario un ulteriore controllo, che certifichi l’esito del test.

Istituto Superiore di Sanità
Quando un test risulta positivo in un laboratorio locale, il campione viene inviato fisicamente all’Istituto Superiore di Sanità. I suoi ricercatori e tecnici provvedono a effettuare nuovamente il test, che richiede tra le 4 e le 5 ore per essere completato. Se l’esito è nuovamente positivo, il caso da coronavirus analizzato viene definito confermato e comunicato alle autorità italiane e alle autorità sanitarie internazionali, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Cosa comunica la Protezione Civile
Ogni giorno la Protezione Civile tiene una conferenza stampa alle 12 e una alle 18, comunicando i nuovi casi di contagio segnalati dalle regioni. I dati provengono dai laboratori locali e non hanno quindi ancora la conferma dell’Istituto Superiore di Sanità. Questo può determinare una discrepanza tra i casi annunciati e quelli ulteriormente confermati dall’ISS.

Cosa dice Ricciardi
Nella sua intervista sul Corriere della Sera, Ricciardi ha confermato la circostanza, citando alcuni numeri:

Significa che i casi verificati sono circa 190, confermati dall’Istituto superiore di sanità che ha il compito di validare l’eventuale positività dei test condotti nei laboratori locali. Quindi meno dei 374 casi dichiarati che invece includono quelli in attesa di conferma. Il risultato delle positività è stato anticipato dalle Regioni, il Veneto ma anche la Liguria, prima della risposta definitiva, e il ministero della Salute per obbligo di trasparenza si è trovato nelle condizioni di comunicare all’Oms queste informazioni.

L’esempio del Piemonte
Per diversi giorni in Piemonte sono stati segnalati 3 casi da coronavirus, poi nella serata di mercoledì 26 febbraio l’assessore alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, ha spiegato la riduzione a un solo caso, in seguito ai risultati delle analisi condotte dal’ISS. Quindi in Piemonte c’è sempre stato un solo caso verificato da COVID-19, il paziente tuttora ricoverato presso l’ospedale Amedeo di Savoia di Torino.

Perché si comunicano i casi prima dell’ISS?
Nel momento in cui una persona risulta positiva al primo test, condotto dai laboratori locali, è necessario comunque attivare le procedure per ridurre il rischio di nuovi contagi e per verificare se la persona infetta ne abbia già contagiate altre. L’informazione diventa pubblica e a quel punto, ha spiegato Ricciardi, “per obbligo di trasparenza” viene comunicata anche all’OMS.

Quindi ci sono meno casi di quelli dichiarati?
È difficile dirlo. I laboratori dell’ISS lavorano ogni giorno dalle 6 del mattino alle 3 di notte (del giorno successivo) per effettuare i test, che però richiedono diverse ore per essere realizzati. A seconda delle disponibilità e della capacità del laboratorio, può quindi accadere che ci sia un ritardo cospicuo tra il momento in cui la Protezione Civile comunica un dato e quello in cui i test a livello locale sono confermati dall’ISS. Anche se si sta lavorando per ridurre i margini di errore, il test sui campioni implica sempre la possibilità che il risultato non sia corretto, e proprio a questo serve il meccanismo di verifica con le analisi eseguite dall’Istituto Superiore di Sanità.