• Sport
  • Giovedì 30 gennaio 2020

È giusto intitolare uno stadio a una grande tennista omofoba?

Se ne riparla dopo la protesta di John McEnroe e Martina Navratilova contro la "Margaret Court Arena" a Melbourne

Margaret Court alla cerimonia per ricordare il suo Grand Slam nel 1960, Melbourne, Australia, 28 gennaio 2020
(Morgan Hancock/Getty Images)
Margaret Court alla cerimonia per ricordare il suo Grand Slam nel 1960, Melbourne, Australia, 28 gennaio 2020 (Morgan Hancock/Getty Images)

Martina Navratilova e John McEnroe – due dei più grandi tennisti di sempre, ormai ritiratisi da anni – hanno protestato martedì a Melbourne contro la dedica di un campo da tennis del Melbourne Park (il complesso dove si giocano gli Australian Open, uno dei quattro Grand Slam, cioè i più importanti tornei di tennis al mondo) a un’altra ex tennista, l’australiana Margaret Court, considerata da alcuni la migliore tennista australiana di sempre ma oggi nota soprattutto per le sue idee omofobe. La protesta ha infranto il regolamento del torneo, cosa per cui Navratilova e McEnore si sono poi scusati, ma ha aperto un dibattito in cui molti hanno preso le loro difese. Court, che ha 77 anni, è ministra di una chiesa cristiana e ha espresso più volte opinioni molto drastiche contro l’omosessualità e i matrimoni gay, a cui si oppose attivamente ai tempi del referendum per legalizzarli.

La protesta è avvenuta dopo una partita amichevole di doppio misto a cui i due avevano partecipato nel corso degli Australian Open, che quest’anno si giocano dal 14 gennaio al 2 febbraio. Navratilova, che ha 63 anni ed è lesbica, è salita sulla sedia dell’arbitro vuota e, quando la diretta tv era finita, ha spiegato al pubblico l’opinione sua e di McEnroe, 60 anni, contraria al fatto che il campo da tennis più prestigioso del complesso fosse dedicato a una persona omofoba, suggerendo che portasse invece il nome di Evonne Goolagong Cawley, un’altra importante tennista australiana degli anni Settanta e Ottanta, che vinse 14 titoli del Grand Slam, di cui 7 in singolare (Court ne ha vinti 64, più di qualsiasi altro tennista, di cui 24 in singolare). Gli organizzatori del torneo le hanno spento il microfono e allora Navratilova e McEnroe hanno srotolato un cartellone con scritto “Evonne Goolagong Arena” e lo hanno mostrato in il campo. Gli organizzatori li hanno ammoniti per aver infranto le regole di sicurezza del torneo. Le proteste sull’intestazione della Margaret Court Arena vanno avanti dal 2003, quando venne dedicata a Court.

Il giorno dopo Navratilova si è scusata dicendo «mi sono messa nei pasticci, mi dispiace aver infranto le regole, non avevo idea del protocollo: se lo avessi saputo avrei fatto diversamente. Ma avrei comunque cercato di dire la mia: non dedichi gli edifici alle persone solo per quel che hanno fatto in campo ma anche per quel che hanno fatto fuori dal campo». Navratilova ha ribadito la sua posizione con una lettera aperta sul sito tennis.com in cui spiega che Margaret Court non fa parte del gruppo di sportivi – come il pugile Muhammad Ali e i tennisti Billie Jean King e Rod Laver – che «contribuirono in modo positivo all’umanità»: «nessuno mette in discussione i suoi risultati sul campo da tennis e da quel punto di visto il suo posto nella storia dello sport resta indiscusso». Ha anche aggiunto che Goolagong è invece un modello in tutti i sensi: è l’unica donna ad aver vinto il torneo di Wimbledon dopo aver partorito, oltre a Dorothea Lambert Chambers nel 1914 (ma erano altri tempi), e dal 2005 gestisce una fondazione per insegnare a giocare a tennis ai bambini aborigeni.

Leggi anche: 60 anni da Martina Navratilova

McEnroe, che lavora come commentatore sportivo del canale tv ESPN, ha commentato: «ammetto di non essere mai stato uno che studia il regolamento attentamente e che rispetta sempre le regole, ma in questo caso non ero a conoscenza del protocollo dell’organizzazione di Tennis Australia. Per questo mi scuso con loro». Da anni McEnroe non nasconde la sua avversione verso Court e domenica l’ha presa in un giro in tv chiamandola «zia pazza», definendola un incubo e ricordando alcune delle «sue parole offensive e omofobe. Durante il regime dell’apartheid in Sudafrica disse per esempio che «Amo il Sudafrica. La loro situazione razziale è organizzata meglio che in ogni altro paese»; e a proposito di bambini transgender e LGBT+ disse che «È tutta opera del diavolo» e che «il tennis è rovinato dalle lesbiche. È triste che i bambini siano esposti all’omosessualità». McEnroe ha concluso con un appello alla tennista Serena Williams: «Serena, fammi un favore: vinci due altri Slam quest’anno e arriva a 25, così Margaret Court e le sue idee offensive ce le lasciamo alle spalle, il posto a cui appartengono».

Lunedì anche Court era comparsa agli Australian Open, dove era stata celebrata per ricordare i 60 anni da quando, nel 1960, vinse tutti e quattro i Grand Slam consecutivamente, un successo raro raggiunto da pochi altri tennisti. A festeggiarla non c’era però quasi nessuno e qualche bandiera arcobaleno, simbolo dei diritti delle persone gay, sventolava sugli spalti per protesta.