La Germania dell’est si sta svuotando

Dalla caduta del Muro di Berlino ha perso milioni di abitanti, con conseguenze sempre più gravi per chi ci è rimasto: soprattutto anziani

Una donna nel centro di Eberswalde, in Germania: nel 1990 la città aveva 53.000 abitanti, oggi sono circa 40.000 (Sean Gallup/Getty Images)
Una donna nel centro di Eberswalde, in Germania: nel 1990 la città aveva 53.000 abitanti, oggi sono circa 40.000 (Sean Gallup/Getty Images)

Dieci anni fa, nel ventennale della caduta del Muro di Berlino, l’allora ministro tedesco incaricato dello sviluppo della ex Germania Est, Wolfgang Tiefensee, spiegò che – grazie ai grossi investimenti pubblici – le differenze economiche tra le due grandi regioni del paese si stavano assottigliando e finalmente la Germania stava tornando a essere veramente unita. Come notarono in molti già allora, Tiefensee era stato probabilmente molto ottimista. La ex Germania Est era ancora molto più povera del resto del paese, con una disoccupazione crescente e un ulteriore grosso problema da affrontare: si stava progressivamente svuotando. Oggi, racconta il Financial Times, quel grosso problema è ancora lì ed è peggiorato, al punto che in certe parti della ex Germania Est non ci sono nemmeno abbastanza persone per occupare tutti i posti di lavoro.

Il problema del progressivo spopolamento delle aree della ex Germania Est cominciò subito dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989. La regione che per 50 anni era stata la Repubblica Democratica Tedesca, sotto il controllo dell’Unione Sovietica, era considerevolmente più povera del resto del paese: il crollo dell’amministrazione sovietica e la fine delle sue logiche economiche portarono in pochi anni alla chiusura delle grandi industrie che avevano dato per anni lavoro a milioni di persone in tutta la regione. Centinaia di migliaia di persone cominciarono a lasciare le regioni confinanti con Polonia e Repubblica Ceca per spostarsi verso gli stati della Germania Ovest o nelle grandi città per cercare lavoro. Nel 2015, secondo l’Istituto di statistica tedesco, nella ex Germania Est vivevano 12,5 milioni di persone: 2,3 milioni in meno del 1989.

Un’area residenziale della città di Bernburg, tra Berlino e Lipsia, un tempo sede di grosse industrie tra cui il produttore di aerei Junckers e il produttore di cemento Solvay. Nei primi anni Novanta a Bernburg vivevano 53.000 persone, oggi sono diventate 33.000, nonostante l’accorpamento di alcuni paesi limitrofi (Photo by Carsten Koall/Getty Images)

In alcune aree dell’ex Germania Est, hanno raccontato in questi anni i giornali, il calo degli abitanti ha costretto alla chiusura di centinaia tra scuole, asili, piscine e biblioteche pubbliche, perché i costi per la loro gestione erano diventati sproporzionati rispetto al numero di abitanti che usufruivano di quei servizi. In molte aree periferiche della Sassonia, della Turingia, del Meclemburgo e dello stato di Brandeburgo, che racchiude anche la città di Berlino (che è anche uno stato a parte), hanno cominciato a scarseggiare anche i medici e l’accesso ai servizi sanitari sta diventando più complicato, specialmente per i più anziani. In alcuni piccoli centri, quelli che per anni avevano avuto economie dominate da grandi industrie ora chiuse, negli ultimi anni i sindaci hanno ordinato l’abbattimento di interi quartieri di palazzi rimasti ormai vuoti e abbandonati; e altre operazioni del genere ci saranno ancora in futuro. Nei prossimi 10 anni, dicono le stime, il processo di spopolamento si farà sempre più grave, con conseguenze ancora più profonde.

A complicare le cose c’è il fatto che a lasciare l’ex Germania Est in questi trent’anni sono stati in grande maggioranza i più giovani, uomini e donne in età da lavoro che si sono spostati cercando fortuna economica e si sono fatti una famiglia altrove. Dopo tanti anni, quindi, oltre a diminuire, la popolazione di quelle aree del paese è anche invecchiata moltissimo al punto che oggi comincia a essere un problema anche trovare lavoratori per i lavori che ci sono. L’Economist nel 2017 aveva raccontato le difficoltà di molte aziende nel trovare apprendisti e della crescente richiesta per lavoratori nel settore delle case di riposo e della cura degli anziani: e il problema si farà solo più acuto, nei prossimi anni. In quelle aree del paese, spiega il Financial Times, non ci sono più abbastanza donne in età fertile per pensare a un’inversione di tendenza e anche gli immigrati, che per un certo periodo avevano aiutato a compensare il basso tasso di natalità, hanno cominciato a spostarsi verso grandi città e altre parti della Germania.


Una popolare canzone comica di qualche anno fa raccontava lo svuotamento dell’ex Germania Est con versi che dicevano cose tipo «mi sento così vuoto, mi sento Brandeburgo» e «[a Brandeburgo] ci sono tre nazisti su una collina ma non hanno nessuno da picchiare».

Oltre ai problemi economici, lo spopolamento sta portando anche conseguenze politiche. Le aree della ex Germania Est sono tra quelle che negli ultimi anni hanno dato maggior sostegno al partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD), che da tempo promette di aumentare gli investimenti pubblici per gli stati più poveri e invertire la chiusura di scuole, uffici e servizi pubblici. Gli investimenti in Germania Est, naturalmente, non sono mai mancati in questi anni, e da tempo i governi tedeschi stanno cercando soluzioni per provare a migliorare le cose: ma non è facile. Lo spopolamento progressivo, la mancanza di lavoratori e il calo della produttività sono un circolo vizioso che produce ancora maggiore spopolamento e così via. I tentativi fatti in questi anni per provare a invertire la rotta, inoltre, sono spesso stati gestiti a livello locale e – secondo qualcuno – con scarsa lungimiranza: ogni città e regione ha provato a fare per sé, cercando di attirare qualche nuovo residente facendo concorrenza alle regioni limitrofe e sprecando quindi molte risorse.

Quale possa essere la via di uscita da questa situazione, non è chiarissimo. Quello che sembra chiaro, scriveva l’Economist qualche anno fa, è che il problema riguarderà progressivamente anche molti altri paesi europei dove il tasso di natalità è basso e dove si sta assistendo a progressivi spostamenti della popolazione verso i grandi centri. Italia, Polonia, Grecia, Portogallo e Spagna sono tra questi.