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  • Lunedì 4 febbraio 2019

Un richiedente asilo ha vinto il più importante premio letterario australiano

Con un romanzo scritto durante la detenzione in un centro per migranti – dove si trova ancora – e inviato all'esterno attraverso WhatsApp

(YouTube)
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Il più importante premio letterario australiano, il Victorian Prize for Literature, è stato vinto giovedì da Behrouz Boochani, giornalista, scrittore e regista curdo-iraniano, arrivato in Australia in cerca di asilo nel 2013. Boochani, che ha 35 anni, non ha potuto ritirare il premio perché da cinque anni è detenuto sull’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea: la legge sull’immigrazione australiana prevede infatti che i richiedenti asilo che arrivano illegalmente vengano trasferiti nei centri di Manus e Nauru in attesa che la loro richiesta sia esaminata.

Il libro si intitola No Friend but the Mountains, racconta la sua detenzione ed è stato scritto in cinque anni, sotto forma di messaggi in farsi (la lingua più parlata in Iran) inviati su WhatsApp a Omid Tofighian, che l’ha tradotto in inglese; è stato lui a ritirare il premio al posto di Boochani durante la cerimonia di consegna a Melbourne. Boochani ha inviato un discorso e un messaggio registrato: «Credo che la letteratura abbia il potere di cambiare le cose e sfidare le strutture del potere. La letteratura ha il potere di darci la libertà»· Contattato telefonicamente dal New York Times ha detto di «sentirsi in un paradosso» ma anche che «sono felice perché è un grande riconoscimento per me e per tutti i rifugiati ed è una vittoria contro il sistema». Il premio consiste in 125 mila dollari australiani, 79 mila euro.

Boochani scappò dall’Iran dopo che la polizia aveva fatto irruzione nella sua redazione e aveva arrestato alcuni suoi colleghi a causa delle loro posizioni filo-curde. Cercò rifugio in Indonesia e poi di raggiungere l’Australia via mare; la barca venne però intercettata dalle autorità e Boochani fu trasferito nel centro di Manus. È da più di 15 anni che l’Australia si appoggia ai centri di detenzione temporanea di Manus e Nauru in attesa dell’esame delle domande d’asilo, ma le cose peggiorarono dopo il 2013, quando il governo conservatore del primo ministro Tony Abbott introdusse nuove regole molto rigide sull’immigrazione. In quell’anno arrivarono nel paese più di 20 mila migranti, 15 mila in più rispetto alla media degli anni precedenti, e per rispondere alla pressione dell’opinione pubblica il governo Abbott stabilì che chi arrivava illegalmente in Australia non avrebbe ottenuto asilo politico.

Dal 2013 i migranti trattenuti nei centri australiani sono stati più di tremila. Il sistema è stato criticato da molte organizzazioni internazionali e nel 2016 la Corte suprema di Papua Nuova Guinea lo definì illegale. Nello stesso anno il Guardian pubblicò un’inchiesta che raccontava 2.000 casi di abusi e incidenti avvenuti tra il maggio 2013 e il 2015 a Nassau: 7 casi di abusi sessuali su minori, 59 casi di abusi, 30 casi di autolesionismo e 159 di minacce di autolesionismo. Alcuni rapporti parlano di bambini minacciati di morte dalle guardie e di bambini schiaffeggiati e di molti stupri verso le donne più giovani che, se denunciati, non venivano presi seriamente. Nel 2017 il governo australiano chiuse il centro a Manus spostando alcuni richiedenti asilo negli Stati Uniti, ma molti sono ancora in attesa di essere spostati in altri paesi, come la Nuova Zelanda o la Cambogia.

Di norma, il Victorian Prize for Literature può essere consegnato solo ai cittadini australiani o a chi ha la residenza nel paese. Quest’anno però la giuria ha fatto un’eccezione considerando quella di Boochani una storia australiana: Michael Williams, direttore del Wheeler Center, l’istituzione che amministra il premio in nome del governo, ha definito il libro «un contributo indelebile all’editoria e all’arte narrativa australiana». È un testo ibrido, impossibile da classificare, e mette insieme giornalismo, poesia e teoria delle critica. I giudici l’hanno descritto come «una comprensione nuova del comportamento dell’Australia, e dell’Australia stessa».

Gli abusi nei centri di detenzione dei migranti in Australia