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  • Giovedì 3 gennaio 2019

Le prime cose che ha fatto Bolsonaro

Come promesso, il nuovo presidente del Brasile ha preso decisioni che danneggeranno l'ambiente e le persone indigene e LGBT

Jair Bolsonaro a Brasilia, 10 dicembre 2018 (EVARISTO SA/AFP/Getty Images)
Jair Bolsonaro a Brasilia, 10 dicembre 2018 (EVARISTO SA/AFP/Getty Images)

Jair Bolsonaro, del Partito Social-liberale, nazionalista e conservatore, è diventato presidente del Brasile l’1 gennaio. Bolsonaro, che aveva vinto le elezioni dello scorso ottobre, è considerato un estremista di destra: ha più volte espresso opinioni populiste, sessiste, omofobe, misogine, anti-ambientaliste e ha rimpianto i tempi della dittatura. Il suo vice presidente e diversi ministri importanti del suo nuovo governo sono ex ufficiali militari. I deputati che lo sostengono, il giorno della cerimonia, lo hanno salutato alzando le mani facendo con le dita il gesto della pistola. Poche ore dopo il suo insediamento, Bolsonaro – che nel suo discorso ha criticato “la correttezza politica” e ha sventolato la bandiera del Brasile dicendo che «non sarà mai rossa» – ha preso delle decisioni che confermano le sue posizioni e alcune promesse fatte in campagna elettorale: soprattutto contro le persone indigene e le persone LGBT.

In campagna elettorale, Bolsonaro aveva dichiarato di voler rivedere l’organizzazione dei ministeri e di integrare quello dell’Ambiente con quello dell’Agricoltura. Tra le sue priorità, aveva detto, c’erano lo sfruttamento dei territori riservati agli indigeni (che costituiscono circa il 15 per cento dell’intero territorio del paese e in cui è vietato, appunto, lo sfruttamento agricolo e minerario) e l’eliminazione dei diritti che ne garantivano loro la gestione. Ora, con un ordine esecutivo, Bolsonaro ha effettivamente tolto la gestione dei loro territori alle popolazioni indigene affidandola alla ministra dell’Ambiente, Tereza Cristina Dias, che rappresenta le lobby dei proprietari agricoli.

La gestione dell’identificazione, della delimitazione e della demarcazione delle riserve indigene è invece controllata dalla Fondazione Nazionale per gli Indigeni (Funai, Fundaçao Nacional do Indio) che dipendeva dal ministero della Giustizia. Bolsonaro, per indebolirne il peso, l’ha però spostata sotto il controllo del ministero delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani, affidato a Damares Alvares, avvocata e pastore evangelico antiabortista e molto conservatrice. Alves è co-fondatrice di Atini, un gruppo controverso che ha come obiettivo l’evangelizzazione delle comunità indigene e che è sotto indagine da parte dei pubblici ministeri per incitamento all’odio razziale.

La nuova ministra dell’Agricoltura, Tereza Cristina Dias, ha difeso i nuovi provvedimenti di Bolsonaro negando che il settore agricolo sia cresciuto a spese dell’ambiente e aggiungendo che la forza degli agricoltori brasiliani ha generato «accuse infondate» da parte di alcuni gruppi internazionali. Nel dibattito è intervenuto tra gli altri anche Silas Malafia, un influente telepredicatore amico intimo di Bolsonaro: ha detto che i paesi che si sono sviluppati hanno abbattuto secoli fa le loro foreste e che avrebbero dovuto pagare, se volevano che il Brasile preservasse l’Amazzonia: «Dovremmo conservare tutto perché i gringos hanno distrutto ciò che avevano?».

Bolsonaro ha poi affidato al segretario del suo governo ampi poteri per intervenire sul lavoro delle organizzazioni non governative che operano in Brasile, da lui spesso prese di mira.

Mercoledì 2 gennaio, infine, il nuovo ministro della Salute, Luiz Henrique Mandetta, ha detto che ci saranno tagli alla spesa dell’assistenza sanitaria per gli indigeni, senza però dare ulteriori dettagli. Tutte queste decisioni hanno immediatamente causato le proteste dei leader indigeni: «Ci sarà un aumento della deforestazione e della violenza contro le popolazioni indigene», ha detto ad esempio Dinaman Tuxá: «I popoli indigeni sono difensori e protettori dell’ambiente». E Sônia Guajajara, che si era candidata alla vicepresidenza per il Partito Socialismo e Libertà (PSOL), ha scritto che «lo smantellamento è già iniziato» evocando anche, per le popolazioni a cui appartiene, il rischio di genocidio.

A poche ore dall’insediamento, Bolsonaro ha poi firmato una misura già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in cui si escludono le persone LGBT dall’elenco di ciò di cui si dovrà occupare il nuovo ministero delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani. Il giorno prima del suo insediamento, il nuovo presidente aveva inoltre tenuto un discorso durante il quale aveva promesso di combattere contro la cosiddetta “ideologia gender”. Tra le nuove linee guida governative per la promozione dei diritti umani sono esplicitamente citate «le donne, i bambini e gli adolescenti, i giovani, gli anziani, i disabili, i neri, le minoranze etniche e sociali», ma le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) non sono menzionate.