Minniti si è ritirato dal congresso del PD

La sua candidatura, annunciata con un'intervista a Repubblica, è finita dopo diciotto giorni con un'altra intervista a Repubblica (che non spiega granché)

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Marco Minniti ha ritirato la sua candidatura a segretario del Partito Democratico. Ex ministro dell’Interno, Minniti aveva annunciato la sua decisione di candidarsi con un’intervista a Repubblica, dopo mesi di incertezze; l’ha ritirata oggi, dopo diciotto giorni, con un’altra intervista a Repubblica. «Resto convinto in modo irrinunciabile che il congresso ci debba consegnare una leadership forte e legittimata dalle primarie», ha detto Minniti al giornalista Claudio Tito. «Ho però constatato che tutto questo con così tanti candidati potrebbe non accadere. Il mio è un gesto d’amore verso il partito».

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Le spiegazioni fornite da Minniti nell’intervista non sono particolarmente esaustive né coerenti con il quadro generale sul Partito Democratico raccontato dai giornali in questi giorni: Minniti in sostanza dice di essersi ritirato perché si è accorto che c’erano troppi candidati, ma la cosa ovviamente non si è manifestata improvvisamente in questi giorni. «Si è semplicemente appalesato il rischio che nessuno dei candidati raggiunga il 51 per cento. E allora arrivare così al congresso dopo uno anno dalla sconfitta del 4 marzo, dopo alcune probabili elezioni regionali e poco prima delle europee, sarebbe un disastro».

Restano quindi due candidati principali al congresso del PD: il presidente del Lazio Nicola Zingaretti e il segretario uscente Maurizio Martina. Ci sono poi altri quattro candidati che avranno tempo fino al 12 dicembre per raccogliere le firme necessarie a presentare la propria candidatura. Il congresso comporta due fasi: una riservata agli iscritti al partito e una aperta a tutti gli elettori che terminerà con le primarie fissate per il prossimo 3 marzo. Secondo praticamente tutti i giornali e gli osservatori politici, Minniti ha ritirato la sua candidatura dopo aver constatato il venir meno della stessa condizione che l’aveva a lungo tenuta in dubbio: il sostegno di Matteo Renzi e dei politici a lui più vicini.

Minniti, storico funzionario dei Democratici di Sinistra considerato a lungo vicino a Massimo D’Alema, aveva annunciato di volersi candidare proprio dopo lunghe insistenze della corrente “renziana”, che fino a quel momento era priva di un suo candidato al congresso di partito. Minniti però è apparso entrare quasi subito in contrasto con i suoi sostenitori, scrivono i giornali, prima rifiutando la renziana Teresa Bellanova come sua vice e poi scontrandosi con Luca Lotti, stretto collaboratore di Renzi e designato coordinatore della sua campagna elettorale. Le tensioni erano arrivate al punto che negli ultimi giorni le operazioni di raccolta firme per la sua candidatura si erano arrestate.

Nell’intervista di oggi a Repubblica, Minniti nega che tutto questo abbia avuto un peso. «La mia decisione è indipendente dall’affetto politico che si è manifestato. Io ero in campo per difendere il nucleo riformista del PD e arrivare ad un esito legittimante. Il resto non esiste». Quando Tito gli chiede esplicitamente se «ha avuto un peso il fatto che Renzi non abbia trovato il tempo di smentire la scissione», Minniti non risponde alla domanda e si limita a dire: «Spero davvero che nessuno pensi a una scelta del genere. Si assumerebbe una responsabilità storica nei confronti della democrazia italiana. Questo passaggio va oltre la cronaca. Indebolire il Pd significa indebolire la democrazia italiana».

Secondo quanto scritto dai giornali in questi giorni e confermato da fonti vicine a Minniti, la situazione è precipitata invece soprattutto a causa dei sospetti nutriti da Minniti nei confronti dei “comitati civici”, un’iniziativa di opposizione al governo annunciata da Matteo Renzi lo scorso ottobre e affidata oggi all’ex presidente del partito Ivan Scalfarotto. Lo scopo ufficiale dei comitati è “affiancare” e “sostenere” il Partito Democratico, ma Minniti e altri temono che la costituzione sia la premessa di un tentativo di Renzi di lasciare il partito. Minniti avrebbe quindi chiesto a Renzi un impegno solenne a sostenerlo al congresso senza uscire dal partito e avrebbe successivamente ritenuto insufficienti le garanzie ricevute; proprio ieri Renzi ha detto di non volersi occupare del congresso.