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  • Martedì 12 giugno 2018

L’incontro tra Trump e Kim Jong-un, in breve

Nove cose minime da sapere sullo storico incontro tra i leader di Stati Uniti e Corea del Nord: per esempio, è andato bene o male?

Kim Jong-un e Donald Trump a Singapore (Kevin Lim/The Strait Times/Handout/Getty Images)
Kim Jong-un e Donald Trump a Singapore (Kevin Lim/The Strait Times/Handout/Getty Images)

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il dittatore della Corea del Nord, Kim Jong-un, si sono incontrati questa mattina sull’isola di Sentosa, a Singapore, alle 9 ora locale (in Italia erano le tre di notte). È stata la prima volta che un presidente statunitense in carica ha incontrato un dittatore nordcoreano, e per questo l’incontro è stato definito “storico”. Trump e Kim hanno discusso in due incontri separati, si sono fatti delle foto insieme, poi hanno firmato un documento congiunto e Trump ha tenuto una conferenza stampa per spiegare meglio quello che si erano detti. In sintesi, ecco le cose più importanti da sapere.

1. È stato un incontro storico
Non era mai successo che un presidente statunitense in carica stringesse la mano a un leader della Corea del Nord. Trump e Kim si sono inoltre ripromessi di incontrarsi di nuovo, a Pyongyang o a Washington, quando verrà ritenuto opportuno, e hanno detto di avere costruito un rapporto speciale: in conferenza stampa, Trump ha detto di fidarsi di Kim, un fatto particolarmente eclatante se si tiene conto dei decenni di minacce armate esplicite, diffidenze reciproche e ostilità tra Corea del Nord e Stati Uniti, e anche di come Trump invece spesso maltratti i suoi alleati storici (ne sa qualcosa il primo ministro canadese Trudeau).

2. I negoziati tra Trump e Kim
Trump e Kim hanno discusso in due incontri separati: il primo si è tenuto poco dopo la stretta di mano, alla sola presenza dei rispettivi interpreti, ed è durato 38 minuti in cui nessuno sa cosa si siano detti di preciso; al secondo – più lungo – hanno partecipato anche i consiglieri politici statunitensi e nordcoreani. Trump e Kim hanno poi camminato da soli nel cortile dell’hotel di lusso che ha ospitato l’incontro: hanno parlato senza interpreti e Trump ha mostrato l’interno della sua limousine a Kim.

3. Cosa dice il comunicato finale
Alla fine degli incontri i due leader hanno partecipato a una cerimonia un po’ improvvisata di firma di un documento congiunto. Nel documento ci sono per lo più impegni vaghi: si parla di «lavorare in direzione» della denuclearizzazione dell’intera «penisola coreana», con espressioni poco concrete, e si cita l’impegno di costruire un clima di pace e di stabilire nuove relazioni diplomatiche.

4. La Corea del Nord ha accettato di eliminare le sue armi nucleari?
No. Sia nel documento congiunto che nella successiva conferenza stampa di Trump si è parlato di “denuclearizzazione” della penisola coreana, espressione però che vuol dire diverse cose a Washington e Pyongyang: per gli Stati Uniti significa il disarmo totale dell’arsenale nordcoreano e l’accesso degli ispettori internazionali ai siti sospetti; per la Corea del Nord significa disarmo – forse – ma con certe garanzie, che ancora non si conoscono: potrebbero essere per esempio il ritiro delle truppe americane dalla regione, oppure la rimozione del cosiddetto “ombrello nucleare” americano su Corea del Sud e Giappone (con “ombrello nucleare” si intende una serie di garanzie date da un paese dotato di arma atomica – in questo caso gli Stati Uniti – a un suo alleato che non la possiede).

5. Le concessioni di Trump e Kim
Stando a quello che ha detto Trump in conferenza stampa, il regime nordcoreano avrebbe promesso la distruzione di un importante sito dove vengono svolti i test missilistici, ma non sono stati dati altri dettagli al riguardo; gli Stati Uniti hanno annunciato però la sospensione delle esercitazioni militari congiunte con la Corea del Sud, una concessione che diversi analisti hanno definito “eccessiva” e senza alcuna vera contropartita (altri hanno detto che era una cosa che Trump voleva già fare). Entrambi i punti, comunque, non sono stati inseriti nel comunicato finale: non è chiaro il perché.

6. I diritti umani in Corea del Nord
Trump ha detto che si è parlato anche delle violazioni sistematiche dei diritti umani compiute dal regime di Kim in Corea del Nord. Il tema dei diritti umani è stato comunque trattato molto più brevemente di quello della denuclearizzazione, che era considerato il principale e più importante dell’incontro. Trump ha sostenuto che Kim sarebbe disposto a fare qualcosa al riguardo, ma non ha specificato altro.

7. Le cose rimaste uguali, ma in futuro chissà
Trump ha detto che per il momento le sanzioni imposte sulla Corea del Nord non verranno eliminate, ma non ha escluso che la questione si possa rivedere in futuro. Ha aggiunto che per ora non è sul tavolo l’opzione di ritirare le truppe statunitensi dalla penisola coreana, ma ha detto che gli piacerebbe riportare i soldati americani «a casa». Infine ha detto che è ancora troppo presto per pensare di avviare relazioni diplomatiche ufficiali tra i due paesi, ma ha aggiunto che spera che presto le cose possano cambiare.

8. È andato bene o male, l’incontro?
Non c’è una risposta giusta. I pessimisti, la maggioranza, lo hanno visto come inefficace, con promesse troppo vaghe e facilmente aggirabili; gli ottimisti come un inizio, il meglio che ci si poteva aspettare da una situazione che fino a qualche mese fa sembrava molto tesa e grave. I pessimisti hanno considerato l’annuncio della sospensione delle esercitazioni militari congiunte con la Corea del Sud una concessione eccessiva, gli ottimisti l’hanno visto come un passo che potrà creare un ambiente sereno per futuri negoziati. Un punto irrisolto però rimane valido per tutti: l’amministrazione americana continua a credere che si possa ottenere dalla Corea del Nord un disarmo completo nucleare, una concessione che finora il regime di Kim non ha mai veramente accettato.

E c’è un’ultima cosa da tenere a mente: da un certo punto di vista, Kim ha vinto nel momento in cui Trump ha messo piede a Singapore: uno degli obiettivi del regime nordcoreano era quello di ottenere legittimità internazionale e non c’era modo migliore di raggiungerla che quello di un incontro così rilevante con il leader del paese più potente al mondo.

9. La reazione della Corea del Sud
Il presidente sudcoreano Moon Jae-in è stato il principale promotore dell’avvicinamento tra Kim e Trump, sperando che una diminuzione della tensione tra i due paesi potesse convincere la Corea del Nord a negoziare la trasformazione dell’armistizio del 1953 – quello che mise fine alla guerra tra le due Coree – in un trattato di pace vero e proprio. Alla fine dell’incontro, Moon ha diffuso un comunicato per congratularsi con Trump e Kim per il coraggio dimostrato nell’accettare di incontrarsi a Singapore.

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