Le 10 aziende di moda italiane più grandi

Molte sono storiche, altre di lusso, e poi ci sono alcune catene più accessibili: provate a dirle voi

Una modella a Milano, 17 gennaio 2018
(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
Una modella a Milano, 17 gennaio 2018 (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Sta per iniziare uno dei due momenti dell’anno più importanti per la moda italiana, quando dal 20 al 26 febbraio le aziende italiane presenteranno alla settimana della moda di Milano le collezioni per l’autunno/inverno 2018-2019. Ci saranno 64 sfilate per un totale di 156 collezioni, che saranno vagliate da esperti, giornalisti e compratori internazionali. Questo periodo è quindi anche una buona occasione per capire come va economicamente la moda italiana, e quali sono le aziende che fatturano di più.

Secondo i dati raccolti dalla Camera nazionale della moda italiana (CNMI) gli ultimi due anni sono stati positivi, con un aumento di fatturato iniziato nel 2016: in quell’anno i ricavi complessivi della moda (tessile, pelletterie, abbigliamento e calzature) sono stati di 63 miliardi di euro; se si considerano anche i settori collegati, come la gioielleria, la bigiotteria, la cosmesi e gli occhiali, si arriva a 84 miliardi di euro. I dati del 2017 non sono definitivi, ma secondo le stime della CNMI le vendite della sola moda saranno di 65 miliardi di euro. Nel 2016 le vendite all’estero hanno coperto 48 miliardi di euro, diventati 50 nel 2017, soprattutto grazie all’aumento di esportazioni, in particolare tra i paesi extra-europei, in Russia (+12,8 per cento), in Cina (+13,5 per cento) e in Corea del Sud (+12,8 per cento); sono invece leggermente calate in Giappone (-0,3 per cento) e negli Stati Uniti (-1,3 per cento). Le imprese italiane che si occupano di moda sono circa 60mila, 67 mila tenendo conto dei settori collegati, e impiegano quasi 570 mila persone.

Stando agli ultimi dati completi disponibili, relativi al 2016, abbiamo raccolto le dieci aziende italiane che hanno venduto di più. Fuori classifica ma degne di nota ci sono anche Valentino, che nel 2016 ha toccato per la prima volta il miliardo di euro, in parte grazie alla bellezza delle collezioni del direttore creativo Pierpaolo Piccioli, in parte grazie al sostegno del gruppo qatariota Mayhoola che l’ha comprata nel 2012; Bottega Veneta del gruppo Kering, che pur con un calo dell’8,7 per cento ha portato a casa 1,2 miliardi di fatturato; ed Ermenegildo Zegna, che fa solo moda maschile di lusso, e che nel 2016 ha fatturato quasi 1,2 miliardi di euro, di cui il 90 per cento di vendite all’estero.

10) Dolce & Gabbana
Fondata nel 1985 a Legnano da Domenico Dolce e Stefano Gabbana
Fatturato: 1,30 miliardi di euro

È uno dei marchi di moda italiani più famosi al mondo, che ha vestito star come Madonna, Beyoncé e Monica Bellucci, celebre anche per i profumi e per le campagne pubblicitarie provocatorie e sensuali. Lo stile dell’azienda è legato a una certa idea di moda italiana molto legata alla tradizione, in particolare alla Sicilia e al Sud Italia, ma rielaborata e resa esuberante, erotica e giocosa, piena di pizzi, stampe e ricami. Ha successo anche perché sta puntando molto sulle generazioni più giovani, a cui si rivolge con un abile uso dei social network, con sfilate a loro riservate e ingaggiando le star del momento. Nel 2016 le vendite sono aumentate del 9 per cento, arrivando a 1,3 miliardi di euro, con un utile netto di 80 milioni di euro, circa quattro volte di più dei 17,9 milioni dell’anno precedente. Il merito è soprattutto di una crescita delle vendite in Italia, che pesa per il 24 per cento, seguita da Europa, 27 per cento, e Americhe, 13 per cento.

La sfilata della collezione primavera-estate 2018 di Dolce & Gabbana – Milano, 24 settembre 2017
(The Yomiuri Shimbun via AP Images )

9) OVS
Fondata nel 1972 a Padova
Fatturato: 1,36 miliardi di euro

OVS sta per Organizzazione Vendite Speciali e venne fondata nel 1972 come costola dei grandi magazzini COIN, da cui si staccò nel 2015 per quotarsi in borsa. Vende abbigliamento economico per uomo, donna e bambino e ha più di 1.200 negozi in 34 paesi in tutto il mondo. Nel 2016 le vendite sono aumentate del 3,3 per cento e l’utile è passato da 81 a 91,8 milioni di euro. Il merito è anche della nuova immagine del marchio, che ha ristrutturato molti negozi trasformandoli da supermercati dozzinali e un po’ tristi a posti che richiamano le più piccole boutique.

Un negozio di OVS a Milano nel 2016
(ANSA)

8) Gruppo Benetton
Fondato nel 1965 a Ponzano Veneto da Luciano Benetton
Fatturato: 1,38 miliardi di euro

Oltre che per la maglieria dai colori brillanti e accessibile a tutti, Benetton è famosa soprattutto per le sue campagne pubblicitarie, molte delle quali ideate e realizzate dal fotografo Oliviero Toscani. Nel 1994 Toscani e il fondatore Luciano Benetton aprirono Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione del gruppo che pubblica anche la rivista Colors. Negli ultimi anni Benetton è in difficoltà – «ci siamo sconfitti da soli», ha detto in un’intervista recente Luciano Benetton – e ha perso presa soprattutto sui più giovani, attirati da gruppi di fast fashion come Zara e H&M. Dopo essersi quotata in borsa nel 1986, nel maggio 2012 venne delistata dalla Borsa di Milano e tornò sotto controllo privato; due anni dopo l’allora presidente Alessandro Benetton si dimise lasciando il posto a Francesco Gori, esterno alla famiglia Benetton.

L’incarico è solo rappresentativo: a capo delle operazioni c’è Tommaso Brusò, dal 2016. Nel 2015 intanto il gruppo venne riorganizzato in tre settori: uno concentrato sui marchi, uno manifatturiero (la Olimpias) e uno per la gestione degli immobili (Schematrentanove). Nel 2016 il fatturato è calato dell’8,5 per cento rispetto al 2015, passando da 1,5 miliardi di euro a 1,38, e le perdite sono raddoppiate arrivando da 46 a 81 milioni di euro. Sono stati chiusi molti negozi soprattutto in Italia, Francia, Germania, Polonia e Turchia, ma sono stati anche aperti o ristrutturati 330 punti vendita. Gli investimenti sono aumentati del 39,2 per cento rispetto al 2015, per un totale di 45 milioni di euro.

Una pubblicità di Benetton del 2017

7) Max Mara Fashion Group
Fondata nel 1951 a Reggo Emilia da Achille Maramotti
Fatturato: 1,43 miliardi di euro

Il gruppo controlla oltre a Max Mara e Max & Co., marchi come Pennyblack, Marina Rinaldi, Marella e Sportmax, venduti in 2.300 negozi in 90 paesi di tutto il mondo. Nel 2016 il fatturato è cresciuto del 3,6 per cento rispetto al 2015, e anche l’utile netto è aumentato del 29,8 per cento, arrivando a 109,2 milioni di euro.

Modelle nel backstage prima di sfilare per Max Mara, Milano, 21 settembre 2018
(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

6) Ferragamo
Fondata a Firenze nel 1927 da Salvatore Ferragamo
Fatturato: 1,44 miliardi

Nata come bottega artigiana di scarpe da donna destinate al mercato americano, negli anni Trenta fece bancarotta e poi riuscì a riprendersi e aprire due negozi, a Londra e Roma, e poi nel 1948 a New York. Negli anni del Dopoguerra si allargò sempre di più, finendo per produrre anche borse e abbigliamento e aprendo poi negli anni Settanta una linea maschile e una di accessori in seta, ora tra i capi più venduti dell’azienda. Dal 2011 è quotata in borsa; gestisce cinque linee, che comprendono anche profumi, gioielli e orologi, impiega più di 4.000 persone e ha 600 negozi monomarca in tutto il mondo. Nel 2016 il fatturato è cresciuto dello 0,6 per cento e l’utile netto è stato di 198 milioni di euro, il 13,7 per cento in più dell’anno precedente. Nel 2017, secondo dati aziendali, il fatturato è però calato del 3,1 per cento rispetto all’anno prima.

Una modella nel backstage della sfilata di Ferragamo alla settimana della moda di Milano, 26 febbraio 2017
(Tristan Fewings/Getty Images)

5) Gruppo OTB
Fondata nel 2002 da Renzo Rosso a Breganze
Fatturato: 1,6 miliardi di euro

OTB sta per Only The Brave e raggruppa Diesel, Maison Margiela, Marni, Paula Cademartori, Viktor & Rolf, Staff International e Brave Kid. È nata nel 2002 quando Rosso iniziò ad acquistare altri marchi oltre a Diesel, che aveva fondato insieme ad Adriano Goldschmied nel 1978 a Molvena, in provincia di Vicenza. Nel 2015 e nel 2016 il fatturato è stato piuttosto stabile, passando da 1,580 a 1,582: Diesel ha avuto delle perdite che sono state colmate dalle crescita di Marni, che ha fatturato 170 milioni di euro, e da Maison Margiela, in ripresa dopo che lo stilista John Galliano ne divenne direttore creativo nel 2014, e che ha venduto nel 2016 per 135 milioni di euro.

Una modella sfila per Maison Margiela alla settimana della moda di Parigi, 27 settembre 2017
(FRANCOIS GUILLOT/AFP/Getty Images)

4) Il gruppo Calzedonia
Fondato nel 1987 a Vallese di Oppeano, in provincia di Verona, da Sandro Veronesi
Fatturato: 2,1 miliardi di euro

Oltre a Calzedonia, il gruppo possiede anche Intimissimi, Tezenis, Falconeri e Atelier Emé, è quotato in borsa e il suo maggiore azionista è Sandro Veronesi, presidente e fondatore. I suoi marchi si occupano soprattutto di intimo, calze e costumi, e il modello è quello del franchising, che ha portato all’apertura di oltre 4.000 punti vendita, di cui 2.500 all’estero. Nel 2016 il fatturato è aumentato del 5,4 per cento rispetto al 2015 (Calzedonia è al primo posto con 705 milioni di euro, seguita da Intimissimi con 665 milioni e Tezenis con 566 milioni). Nel 2016 è cresciuto anche l’utile: l’82 per cento in più, 208 milioni di euro contro i 114 milioni di euro del 2015.

Il primo negozio in Giappone, a Tokyo, di Calzedonia, nel maggio 2015
(Rodrigo Reyes Marin/AFLO/ ANSA)

3) Armani
Fondato nel 1975 da Giorgio Armani a Milano
Fatturato: 2,5 miliardi di euro

È il secondo gruppo italiano per fatturato dopo Prada e forse è il più establishment di tutti: è stato per esempio scelto di volta in volta per le divise di Alitalia negli anni Novanta, per quelle dell’Italia nelle Olimpiadi di Rio 2016 e anche per quelle invernali ora in corso. Nell’ultimo anno Armani ha riorganizzato le sue numerose collezioni, che coprono svariati prodotti, dall’abbigliamento agli accessori agli occhiali, e che sono rivolte a varie età e disponibilità economiche, dalla haute couture, cioè l’alta moda, di Armani Privé alla linea più accessibile e giovane di A/X Armani Exchange. Nel 2016 il fatturato è diminuito del 5 per cento rispetto all’anno prima ma l’utile è stato di 271 milioni di euro contro i 241 del 2015, soprattutto per la nuova politica di controllo dei costi.

Lady Gaga in Armani Privé ai Grammy 2018, 28 gennaio 2018
(Kevin Winter/Getty Images for NARAS)

2) Prada
Fondata nel 1913 da Mario e Martino Prada a Milano
Fatturato: 3,2 miliardi di euro

Un po’ superata da Gucci, è stata a lungo l’azienda italiana più cool e desiderata – non a caso il titolo del film, Il diavolo veste Prada –, che ha diffuso in Italia lo stile cosiddetto ugly-chic, il brutto considerato bello. L’azienda, quotata in borsa, è guidata da Miuccia Prada, nipote del fondatore Mario e direttrice creativa del marchio, e dal marito, Patrizio Bertelli, che ne posseggono l’80 per cento; nata come negozio di pelletteria di lusso in Galleria Vittorio Emanuele, divenne ben presto l’azienda di accessori da viaggio dell’aristocrazia europea. Per le vendite sono sempre fondamentali scarpe, pellame, occhiali e borse; queste sono tra i maggiori successo di Prada, in particolare quelle degli anni Novanta in pocono, un particolare tipo di nylon riproposto nell’ultima collezione di alta moda. Negli ultimi anni le vendite sono un po’ diminuite a causa della crisi generale del mondo del lusso e nel 2016 il fatturato è stato del 10 per cento in meno rispetto al 2015, che aveva toccato 3,55 miliardi di euro. Nel primo semestre del 2017 i ricavi sono scesi del 5,5 per cento, arrivando a 1,5 miliardi di euro; l’utile è diminuito del 18 per cento, arrivando a 115,7 milioni di euro.

Una modella sfila per Prada alla Settimana della moda maschile di Milano, 14 gennaio 2018
(MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images)

1) Gucci
Fondata nel 1921 da Guccio Gucci a Firenze
Fatturato 2016: 4,4 miliardi di euro

Da quando, nel gennaio 2015, Alessandro Michele è stato nominato direttore creativo, Gucci è diventata l’azienda di moda del momento, cosa che si è vista oltre che nell’accresciuto prestigio di immagine anche nel fatturato: stando ai dati appena pubblicati quello del 2017 è stato di 6,2 miliardi di euro, un’ulteriore crescita rispetto ai 4,4 miliardi di euro del 2016. Gucci ha la sede legale a Firenze ma appartiene al gruppo del lusso francese Kering di proprietà di François Pinault, di cui nel 2016 ha coperto il 52 per cento del fatturato complessivo, 8,4 miliardi di euro. In quell’anno il fatturato di Gucci è cresciuto del 12 per cento rispetto al 2015.

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