Le canzoni più famose di James Taylor, ospite questa sera a Sanremo

È stato un grandissimo cantautore, di quelli sdolcinati-con-chitarra, ma almeno tra i primi a esserlo

(Ilya S. Savenok/Getty Images)
(Ilya S. Savenok/Getty Images)

James Taylor, grande cantautore statunitense degli anni Settanta, è questa sera tra gli ospiti del Festival di Sanremo. Taylor dovrebbe cantare “La donna è mobile”, famosa aria del Rigoletto di Giuseppe Verdi, e le sue canzoni “Fire and rain” e “You’ve got a friend”, quest’ultima con Giorgia. Queste sono le otto canzoni di James Taylor che aveva scelto Luca Sofri, peraltro direttore del Post, per il suo libro Playlist, La musica è cambiata.

James Taylor

(Boston, 12 marzo 1948)

Lui era un bravissimo cantautore sdolcinato con la chitarra (adesso è un cantautore sdolcinato con la chitarra), ma aprì un varco da cui passarono legioni di emuli da latte-alle-ginocchia, di cui la storia gli chiederà conto. Allora, però, occupò uno spazio trascurato dal rock, assieme a Joni Mitchell, Carole King, Carly Simon (due delle quali frequentò più assiduamente) e Jackson Browne. E fece grandi canzoni in un tempo in cui sembrava non bastasse: «Non sto cambiando il mondo, non devo dimostrare niente». Come si sa dalla canzone, era cresciuto in North Carolina.

Something in the way she moves
(James Taylor, 1969)
“È qualcosa nel modo in cui si muove”. Standard classico, canzone d’amore su come sto bene quando lei è qui intorno, e le cose che mi dice, anzi il modo in cui me le dice, e non importa cosa vogliano dire. “Something in the way she moves” ispirò il più celebre primo verso di “Something” dei Beatles.

Carolina in my mind

(James Taylor, 1969)
“In my mind, I’m goin’ to Carolina”

Fire and rain

(Sweet baby James, 1970)
Con “Fire and rain” James Taylor diventò famoso, al suo secondo disco. E creò il modello per il chitarrista languido che viene aggredito da John Belushi al toga party di Animal house tra gli applausi del pubblico in sala. Taylor ha raccontato che la canzone parla della sua depressione giovanile, ospedali psichiatrici compresi, e della morte di un’amica, Suzanne Schnerr. Circola una leggenda drasticamente smentita da Taylor stesso sul fatto che Suzanne sia morta in un incidente aereo andando a un suo concerto (un’invenzione simile ha accompagnato in Italia le interpretazioni del testo di “Buonanotte fiorellino” di De Gregori).

Sweet baby James

(Sweet baby James, 1970)

Esercizio di canzone country – dedicato a un nipote neonato – con ritratto canonico della solitudine del cowboy, che al sorgere della luna “chiude gli occhi e canta una canzone dolcemente, ma come se qualcuno potesse sentirlo” (“as if maybe someone coud hear”, verso dal suono perfetto, come pure “there’s a song that they sing when they take to the highway”).

 

Hey mister, that’s me upon the jukebox 
(Mud Slide Slim and the blue horizon, 1971)

“Hey, signore, sono io quello del jukebox: sono quello che canta la canzone triste. Piango ogni volta che metti una monetina”. Nel disco canta la fidanzata di Taylor di allora, Joni Mitchell.

Don’t let me be lonely tonight 
(One man dog, 1972)

James Taylor non si preoccupò di cantare in un modo che fino ad allora era stato femminile, e nemmeno di cantare cose che gli uomini non cantavano, come questa preghiera all’amante che lo tira scemo: che almeno stanotte non lo lasci solo (“mentimi, ma stringimi”). Ce n’è una cover di Eric Clapton del 2001.

How sweet it is (to be loved by you) 
(Gorilla, 1975)
Era di Marvin Gaye, scritta da Holland, Dozier e Holland, le galline dalle uova d’oro Motown. Ma nella storia della musica è rimasto il momento in cui Taylor dice “I just wanna stop! …and thank you baby”.

Like everyone she knows

(New moon shine, 1991) 
Aveva appena superato i quarant’anni, ma era già quasi calvo, e questo non lo aiutava a scrollarsi di
dosso l’immagine del buon-vecchio-James-Taylor. Però qualcosa
di forte c’era ancora, nella strofa di
“Like everyone she knows” (e nel
sax di Branford Marsalis: un po’
meno nel coretto femminile), la cui protagonista aspetta un amore ve
ro da troppo tempo.