Cos’era l’Italia del Sessantotto

Per capire il movimento culturale che compie cinquant'anni va ricordato quant'era bigotta e chiusa la società di allora, scrive Michele Serra

La Triennale di Milano durante l'occupazione che subì nel giugno del 1968 da parte di un collettivo di sinistra (ANSA/ENRICO CATTANEO)
La Triennale di Milano durante l'occupazione che subì nel giugno del 1968 da parte di un collettivo di sinistra (ANSA/ENRICO CATTANEO)

Sull’edizione domenicale di Repubblica Michele Serra ricorda che per capire e valutare il sommovimento culturale che avvenne nel 1968 in Italia, di cui quest’anno si celebrano i cinquant’anni, va ricordata qual era la società di allora: una in cui, per esempio, il poeta Aldo Braibanti venne condannato a nove anni di prigione per aver avuto una relazione omosessuale (consensuale) con un uomo di 23 anni, che invece fu rinchiuso in un manicomio e sottoposto a elettroshock.

Non sono passati, da questo punto di vista, cinquant’anni: ma cento e forse mille. È necessario ricordarlo specialmente ai ragazzi di oggi, nativi di un Mondo Nuovo nel quale la libertà personale — specie quella sessuale — è una condizione quasi scontata, non urta poteri e non infrange tabù. Ma la memoria di quegli anni giova anche a noi ragazzi di ieri, magari dimentichi di certi percorsi impervi e dolorosi, di certe ribellioni che per ottenere dignità diedero enorme scandalo, ebbero prezzi umani alti, patirono lo stigma feroce e quasi unanime di un’Italia ormai dimenticata. Per capire “il Sessantotto” bisogna prima capire in quali case, quali scuole, quali fabbriche, quali caserme, quali tribunali quel virus poté attecchire in modo così fulminante, epidemico.

Giovanni Sanfratello aveva ventitré anni e apparteneva (è il verbo giusto) a una famiglia molto in vista e molto bigotta della borghesia piacentina. Aveva una relazione con il professor Aldo Braibanti, poeta e drammaturgo, comunista, omosessuale, e decise di seguirlo a Roma. Era l’inizio del 1965. Una pattuglia di polizia, accompagnata e in qualche maniera ” guidata” dal padre di Giovanni, fece irruzione nell’appartamento romano dove la coppia conviveva, consegnò al suo compagno, più anziano di vent’anni, una denuncia per “plagio”, e portò via il ragazzo. Lo rinchiusero in manicomio per più di un anno, fu sottoposto a elettrochoc per “guarire”.

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