Questa foto ha cinquant’anni

Cosa successe prima e dopo una delle immagini più famose della guerra in Vietnam, scattata da Eddie Adams il primo febbraio del 1968

Una delle foto più emblematiche della guerra in Vietnam: il generale sudvietnamita Nguyen Ngoc Loan, capo della polizia nazionale, spara in testa a un prigioniero ammanettato, Nguyen Van Lem, sospettato di essere un Viet Cong, in strada a Saigon, 1 febbraio 1968. 
(AP Photo/Eddie Adams)
Una delle foto più emblematiche della guerra in Vietnam: il generale sudvietnamita Nguyen Ngoc Loan, capo della polizia nazionale, spara in testa a un prigioniero ammanettato, Nguyen Van Lem, sospettato di essere un Viet Cong, in strada a Saigon, 1 febbraio 1968. (AP Photo/Eddie Adams)

Una delle foto più famose della guerra in Vietnam venne scattata il primo febbraio di cinquant’anni fa: mostrava il generale sudvietnamita Nguyễn Ngọc Loan, capo della polizia nazionale, sparare alla testa di un prigioniero ammanettato, Nguyễn Văn Lém, sospettato di essere un viet cong, cioè un guerrigliero del nord. La foto, conosciuta con il titolo di “Saigon Execution”, venne scattata in una strada della capitale del Vietnam del Sud.

(AP Photo/Eddie Adams)

All’epoca della foto, la guerra del Vietnam era iniziata da circa otto anni: da una parte c’era l’esercito del Vietnam del Nord, guidato dalla dittatura comunista di Hồ Chí Minh e sostenuto da Cina e Unione Sovietica, dall’altra l’esercito del Vietnam del Sud, dove dopo la guerra di Indocina era stato instaurato un regime anti-comunista guidato da Ngô Đình Diệm e sostenuto dagli Stati Uniti del presidente John Fitzgerald Kennedy e poi del presidente Lyndon Johnson. Nel 1966 i soldati americani in Vietnam erano quasi 400 mila.

Il 1968 fu l’anno in cui il Vietnam del Nord e i viet cong lanciarono la cosiddetta offensiva del Têt, attaccando contemporaneamente trenta obiettivi militari nel Sud. L’offensiva avvenne nella notte tra il 30 e il 31 gennaio: circa 70 mila combattenti del Nord occuparono la maggior parte dei centri abitati e delle regioni più popolate del Vietnam del Sud, compresa la capitale Saigon, e con l’aiuto di guerriglieri già infiltrati in precedenza. La reazione statunitense fu molto dura e violenta. Dopo molte ore di battaglia l’attacco finì per essere respinto e la maggior parte degli assalitori venne rastrellata ed eliminata. Tra loro c’era anche Nguyễn Văn Lém, un giovane ufficiale dell’esercito viet cong.

Quel giorno Nguyễn Văn Lém aveva una camicia a scacchi, dei pantaloni corti ed era scalzo. Venne catturato e portato con le mani legate dietro la schiena davanti al capo della polizia nazionale della Repubblica del Vietnam, Nguyễn Ngọc Loan, che tirò fuori la pistola, la puntò alla tempia destra dell’ufficiale e sparò un colpo. La scena avvenne davanti a un operatore di NBC e al fotografo di Associated Press Eddie Adams. Alcuni esperti dissero che l’immagine dell’esecuzione di Saigon mostra il momento esatto in cui il proiettile entra nella testa del prigioniero.

(Attenzione, le foto e il video contengono immagini forti)

Nella storia della foto di Eddie Adams, che nel 1969 vinse il premio Pulitzer, fu fondamentale la decisione di un altro leggendario fotografo di guerra, Horst Faas, che in quegli anni era a capo dei fotografi dell’Associated Press nel Sudest asiatico. Fu Faas a prendere la controversa decisione di diffondere quell’immagine (e sempre Faas decise di pubblicare un’altra foto molto influente della guerra del Vietnam: quella della bambina nuda che scappa dopo un bombardamento col napalm).

L’offensiva del Têt e la pubblicazione della foto di Adams furono un momento di svolta nella guerra, dovuta anche alla copertura che ne diedero i giornali americani che le presentarono come una sconfitta degli Stati Uniti e la dimostrazione della brutalità e dell’assurdità di quel conflitto.

Qualche mese dopo l’esecuzione di Saigon, Nguyễn Ngọc Loan rimase ferito. In ospedale venne intervistato da Oriana Fallaci e parlò della morte di Nguyễn Văn Lém: «Non aveva l’uniforme. E io non riesco a rispettare un uomo che spara senza indossare l’uniforme. Perché è troppo comodo: ammazzi e non sei riconosciuto. Un nordvietnamita io lo rispetto perché è vestito da soldato come me, e quindi rischia come me. Ma un viet cong in borghese…». Una volta uscito dall’ospedale il generale tornò a dirigere la polizia del Vietnam del Sud e – nonostante fosse stato accusato di avere violato la Convenzione di Ginevra – non fu mai perseguito. Alla fine della guerra, nel 1975, si rifugiò negli Stati Uniti e aprì un ristorante.

Tutti, a causa della foto di Adams, sapevano però chi fosse. Il generale fu fermato all’ufficio immigrazione e riconosciuto, e molti anni dopo ricevette anche delle minacce. Il fotografo parlò spesso in suo favore. Le sue dichiarazioni più famose, su quella foto e su cosa significò, le fece al Time:

«Il generale uccise il Viet Cong; io uccisi il generale con la mia macchina fotografica. Le immagini fotografiche sono le armi più potenti del mondo. La gente ci crede, ma le fotografie mentono, anche senza essere manipolate. Sono soltanto mezze-verità. Ciò che la fotografia non ha detto era: “Che cosa avreste fatto voi se foste stati il generale in quel momento, in quel posto e in quel giorno caldo, ed aveste catturato il cosiddetto cattivo dopo che aveva fatto fuori, due o tre soldati americani?” (…) Non sto dicendo che quello che ha fatto era giusto, ma bisogna mettersi nella sua posizione. La fotografia, inoltre, non dice che il generale dedicò gran parte del suo tempo a cercare di far costruire degli ospedali in Vietnam per le vittime della guerra. Questa immagine ha davvero incasinato la sua vita. Non ha mai incolpato me. Mi ha detto che se non avessi scattato la foto, l’avrebbe fatto qualcun altro, ma per un lungo tempo mi sono sentito male, per lui e per la sua famiglia».

Quando Nguyễn Ngọc Loan morì di cancro, nel luglio del 1998 a Burke, in Virginia, Adams inviò dei fiori. Eddie Adams morì invece nel 2004. Nel documentario An Unlikely Weapon – che racconta la vita del fotografo e il suo lavoro – Adams disse ancora una volta di non aver amato la foto che l’aveva reso così famoso:

«Brutta luce, brutta composizione: brutta foto. Scattai una volta sola, il ragazzo cadde a terra schizzando sangue dappertutto, mi voltai dall’altra parte. Quell’immagine non dice tutta la storia. Il generale fuggì negli Stati Uniti: faceva il pizzaiolo vicino a New York e la gente andava a insultarlo. Io preferisco essere ricordato per aver mostrato al mondo i boat people. Non sono una brava persona, ma quando uscirono quelle foto sul presidente Carter si riversò tanta pressione internazionale che Washington accettò di accogliere 250mila profughi» (Adams faceva riferimento a una serie di foto che mostravano circa cinquanta rifugiati vietnamiti che, salpati verso la Thailandia in cerca di asilo politico, vennero riportati in mare aperto. Quelle foto, accompagnate da un rapporto scritto, aiutarono a convincere il presidente Carter della necessità di offrire asilo a migliaia di vietnamiti che cercavano di fuggire su barche e barconi, ndr).