Il PD ha faticosamente scelto chi candidare alle elezioni

Nella notte, durante una direzione nazionale iniziata con sedici ore di ritardo: la minoranza del partito si è rifiutata di partecipare

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

Intorno alle quattro di questa notte la direzione nazionale del Partito Democratico ha approvato i nomi delle persone che candiderà alle elezioni politiche del quattro marzo. La riunione era inizialmente programmata alle 10.30 di ieri mattina nella sede centrale di Roma ma è stata rinviata più volte per le tensioni sulla lista finale. L’ultima votazione è inoltre avvenuta senza i leader della cosiddetta minoranza, cioè Andrea Orlando, Michele Emiliano e Gianni Cuperlo. Al momento del voto hanno infatti lasciato la direzione per protestare contro le modalità di scelta di alcuni nomi. Il PD ha fatto sapere che la lista definitiva sarà diffusa oggi alle 19, rimandando poi ulteriormente la presentazione alle 21. Intorno alle 20.30, il segretario Matteo Renzi ha detto in una conferenza stampa che l’approvazione delle liste si è svolta senza problemi e ha giustificato l’ulteriore ritardo nella presentazione dei nomi con difficoltà nel “coordinamento testi”.

Sintetizzando molto, come succede in ogni partito, ogni area, ala o minoranza spinge per ottenere più candidati possibile. Le cose sono rese complicate anche dal fatto che, con ogni probabilità, il PD riuscirà a portare in parlamento molte meno persone di quante ne ha ora: considerato che arriveranno alcuno nuovi nomi, qualcuno dei parlamentari attuali potrebbe quindi non essere rieletto. La nuova legge elettorale prevede poi un sistema misto, proporzionale e maggioritario: circa un terzo dei seggi tra Camera e Senato sarà eletto in scontri diretti nei collegi uninominali, e i restanti due terzi saranno eletti con sistema proporzionale. È una cosa che rende molto complicata la scelta di chi candidare, se includerlo nel sistema proporzionale o uninominale, e in quale collegio candidarlo.

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Dopo il prolungato rinvio dovuto al disaccordo sui nomi, la minoranza aveva infine deciso di partecipare alla direzione. Verso le tre di notte Lorenzo Guerini, deputato e coordinatore della segreteria del PD, ha letto una lunga lista. A quel punto Orlando, ministro della Giustizia, ha chiesto un’ora di tempo per poter valutare quei nomi.

La richiesta è stata messa ai voti e bocciata. Orlando, Cuperlo e Emiliano hanno quindi scelto, insieme alla cosiddetta minoranza del PD, di lasciare l’assemblea. Al momento non è chiaro quante persone abbiano lasciato la direzione prima dell’approvazione dei nomi letti da Guerini. Emiliano, presidente della Puglia, ha detto: «Renzi ha fatto prevalere i suoi uomini più fedeli e ha rinunciato alla grande energia che poteva derivare da un partito plurale».

I principali giornali italiani riportano alcune frasi dette dal segretario Matteo Renzi, in vari momenti della direzione. Secondo Repubblica, Renzi ha detto: «Questa è una delle esperienze peggiori, una delle esperienze più devastanti dal punto di vista personale. Abbiamo ricevuto dei no, alcuni mi hanno fatto male: persone con cui abbiamo fatto anche un pezzo di strada insieme».

La lista dei nomi approvata nella notte dalla direzione del Partito Democratico non è ancora stata comunicata, e ci sono comunque alcune ore a disposizione per eventuali ricorsi. I principali siti e giornali italiani hanno fatto diversi nomi, che però vanno presi con le molle. Maria Elena Boschi dovrebbe essere candidata alla Camera nel collegio uninominale di Bolzano; Pier Ferdinando Casini nell’uninominale a Bologna, per il Senato; Emma Bonino, leader di +Europa, a Roma; Marco Minniti a Pesaro; Beatrice Lorenzin a Modena. Il direttore del Foglio Claudio Cerasa ha invece smentito la notizia della sua candidatura, circolata molto stamattina.

Si parla anche della presenza del costituzionalista Stefano Ceccanti e di Lucia Annibali, l’avvocatessa di Urbino che fu aggredita e sfigurata con l’acido su mandato del suo ex fidanzato. È probabile anche la presenza in lista di Tommaso Cerno, che ieri ha lasciato la carica di condirettore di Repubblica.