Perché si parla di “emergenza rifiuti” a Roma

I cassonetti traboccano in molte zone della città, soprattutto per tre ragioni

Via Tuscolana a Roma, 7 gennaio 2018
(Vincenzo Livieri - LaPresse)
Via Tuscolana a Roma, 7 gennaio 2018 (Vincenzo Livieri - LaPresse)

Da qualche giorno sulle prime pagine dei giornali si parla di una “emergenza rifiuti a Roma” e sui social network circolano le foto di alcune strade della città piene di immondizia, come già accaduto altre volte negli ultimi anni. La sindaca Virginia Raggi ha riconosciuto la “criticità” della situazione attaccando il Partito Democratico, l’amministrazione precedente e la regione, l’assessora all’Ambiente Pinuccia Montanari ha annunciato che il sistema di raccolta, comunque, «ha tenuto», mentre le opposizioni hanno insistito sull’evidenza dei rifiuti per le strade e dell’incapacità dell’attuale amministrazione di risolvere il problema sia a lungo che a breve termine. Nelle ultime settimane la situazione sembra particolarmente grave nei quartieri nord della città, ma ci sono disagi anche in altre zone.

Roma, 22 dicembre 2017. (LaPresse – Andrea Panegrossi)

I problemi dei rifiuti a Roma arrivano da lontano: la città ha avviato le procedure per la raccolta differenziata con diversi anni di ritardo rispetto ad altre città italiane ed europee, mentre i centri per gestire i rifiuti indifferenziati – molto più complicati da gestire di quelli che arrivano dalla raccolta differenziata – sono stati storicamente controllati da Manlio Cerroni, un potente imprenditore da anni al centro di accuse e indagini per la gestione giudicata controversa dei suoi impianti. A questi problemi si aggiunge il fatto che AMA, l’azienda che si occupa dei rifiuti in città, ha avuto diversi guai finanziari e qualche anno fa ha rischiato il fallimento.

I problemi degli ultimi giorni sembrano invece essere stati causati da circostanze particolari: il ponte dell’8 dicembre e le festività natalizie, con il conseguente aumento della produzione di rifiuti. La Stampa ha scritto che i cittadini romani, che normalmente producono in totale 4.500 tonnellate di rifiuti al giorno, «sotto le feste hanno aumentato la loro produzione superando la soglia delle 5.000 tonnellate. Numeri che già nel resto dell’anno si attestano ben al di sopra della media italiana: se un romano riversa nei cassonetti 590 chili di rifiuti all’anno, nel resto del Paese ci si ferma a 480 chili a persona». Questi quantitativi pesano su un sistema già compromesso: di conseguenza anche solo pochi giorni fuori dall’ordinario causano il riempimento degli impianti, dei cassonetti e i rifiuti sparsi per le strade.

Roma, 22 dicembre 2017. (LaPresse – Andrea Panegrossi)

Durante il ponte dell’8 dicembre e per le festività natalizie gli impianti per la gestione dei rifiuti sono rimasti chiusi e i camion che portano la spazzatura fuori dalla città sono stati costretti a rimanere fermi. Quando gli impianti hanno riaperto non c’era poi spazio per i nuovi rifiuti: i camion, in fila per ore, non sono riusciti a scaricare e non sono riusciti a ripartire per fare i nuovi giri di raccolta e garantire il normale servizio di svuotamento dei cassonetti. Ci sono state difficoltà nei due impianti gestiti da Ama e anche in quelli di Malagrotta di Manlio Cerroni che, ha spiegato Repubblica, «per 10 giorni hanno preso soltanto 500 tonnellate al giorno anziché le 1.200 stabilite da contratto». Sempre Repubblica ha spiegato il motivo di un ulteriore rallentamento: gli operatori AMA svuotano i cassonetti con i compattatori, ma i rifiuti a terra (lasciati perché i cassonetti vengono trovati pieni) non vengono toccati. «Per questi c’è un passaggio successivo, con il furgoncino dentro il quale gli operatori buttano tutto, come se si trattasse di rifiuti indifferenziati», più difficili da gestire.

L’altro problema è la mancanza di compattatori (cioè di macchinari per pressare i rifiuti prima di avviarli al trattamento vero e proprio) e di furgoni. I mezzi in dotazione sono vecchi e anche per questo motivo la metà è ferma per guasti: la Stampa ha spiegato che i mezzi fermi per guasto nello stesso periodo del 2016 erano “solo” il 25 per cento, che AMA ha previsto nuovi investimenti (120 milioni di euro nei prossimi anni per l’acquisto di 1400 nuovi mezzi), ma che per ora è solo un progetto. Come soluzione transitoria si è deciso di ricorrere allora al noleggio di nuovi mezzi, ma la gara che è stata indetta è andata deserta: «Le imprese hanno giudicato incompatibili i contratti di AMA con i loro contratti standard, che prevedono un certo numero di ore e un pagamento a consuntivo per le ore extra. Dunque la municipalizzata dovrà procedere ad adeguarsi, stanziando un fondo extra per le ore aggiuntive», ha spiegato Repubblica.

Roma, 22 dicembre 2017. (LaPresse – Andrea Panegrossi)

L’ultimo problema riguarda la destinazione di parte dei rifiuti prodotti a Roma: circa due mesi fa è terminato l’accordo con l’Austria per lo smaltimento di 70 mila tonnellate di indifferenziati l’anno, e la ricerca di nuove sedi è stata ostacolata da problemi politici.

Per far fronte all’emergenza, su richiesta di AMA, lo scorso 30 dicembre il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, e quello dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, entrambi del Partito Democratico, avevano trovato un’intesa per spedire tra Bologna e Parma parte dei rifiuti di Roma. Qualche giorno fa però l’amministrazione di Virginia Raggi si è tirata indietro. Il presidente della commissione Ambiente di Roma, Daniele Diaco, ha giustificato la decisione con i costi eccessivi, mentre sui giornali si dice che il rifiuto sia stato causato da una decisione politica dei «vertici del M5S contro il PD e l’ex sindaco grillino Pizzarotti» (la cui rottura con il Movimento 5 Stelle era stata causata anche dalla questione del termovalorizzatore di Parma): Matteo Renzi aveva parlato del PD come di un «risolvi-problemi», alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle hanno risposto accusando il PD di fare «spot natalizi» fingendo salvataggi non necessari.

Diaco ha comunque fatto sapere che l’amministrazione di Roma sta tenendo in considerazione altre opzioni: la Toscana, «più conveniente per la collettività dal punto di vista economico e geografico», e l’Abruzzo, entrambe destinazioni «scelte in base ai principi di prossimità ed economicità che permetterebbero risparmi alla città di Roma». Attualmente circa la metà delle 43 mila tonnellate che Roma invia nella struttura di trattamento meccanico biologico di Aielli, in Abruzzo, dopo il trattamento finisce comunque negli inceneritori dell’Emilia. Se quindi l’Abruzzo alla fine deciderà di accogliere una quantità maggiore di rifiuti sarà maggiore anche la quantità di scarti che andrà in Emilia-Romagna. Un’altra contraddizione politica rilevata dai giornali in questi giorni è che per far fronte all’emergenza è stato acceso un impianto a Ostia che proprio il Movimento 5 Stelle aveva promesso di tenere spento.

Le soluzioni a lungo termine dell’amministrazione di Roma hanno invece a che fare con l’incremento della raccolta porta a porta e della differenziata. Spiega però la Stampa: «Il progetto non sembra decollare. Dal 2016 a oggi la raccolta differenziata è cresciuta al rallentatore, passando dal 41 al 44 per cento del totale. Per avere un termine di paragone: tra il 2013 e il 2014 il balzo in avanti era stato del 12 per cento. Nei prossimi mesi il comune intende comunque procedere a una riorganizzazione del sistema di raccolta, partendo dalla sperimentazione in due municipi. Per avviarlo saranno necessari 100 nuovi camion, ma il primo bando di gara è andato deserto».