È morta Marina Ripa di Meana

Stilista, scrittrice e personaggio televisivo, aveva 76 anni: prima di morire ha spiegato in un video di voler ricorrere alla sedazione profonda

(Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire)
(Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire)

È morta la stilista e scrittrice Marina Ripa di Meana, considerata una celebrità sin da giovane. Aveva 76 anni era da tempo malata di tumore. Ripa di Meana, che è nata Marina Elide Punturieri, ha iniziato la sua carriera come stilista, ha avuto diverse relazioni con uomini importanti dell’aristocrazia romana – fra cui Alessandro Lante della Rovere e Carlo Ripa di Meana – ma è diventata celebre soprattutto grazie alle sue apparizioni televisive in più ruoli. Nella sua carriera ha anche scritto una decina di libri, molti dei quali autobiografici. Più di recente era diventata un’attivista per i diritti degli animali. A maggio aveva parlato pubblicamente della sua malattia, di cui soffriva da 16 anni, in una trasmissione tv ospite da Barbara d’Urso.

Poche ore dopo la morte è stato diffuso dal TG5 un video di Marina Ripa di Meana registrato qualche giorno prima nella sua casa di Roma per Radio Radicale durante il quale Maria Antonietta Farina Coscioni (fondatrice con il marito dell’Associazione Luca Coscioni) ha letto una lettera con le sue ultime volontà e in sua presenza: «Dopo Natale le mie condizioni di salute sono precipitate. Il respiro, la parola, il mangiare, alzarmi: tutto, ormai, mi è difficile, mi procura dolore insopportabile: il tumore ormai si è impossessato del mio corpo. Ma non della mia mente, della mia coscienza. Ho chiamato Maria Antonietta Farina Coscioni, persona di cui mi fido e stimo per la sua storia personale, per comunicarle che il momento della fine è davvero giunto. Le ho chiesto di parlarle, lei è venuta. Le ho manifestato l’idea del suicidio assistito in Svizzera. Lei mi ha detto che potevo percorrere la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda. Io che ho viaggiato con la mente e con il corpo per tutta la mia vita, non sapevo, non conoscevo questa via».

E ancora: «Ora so che non devo andare in Svizzera. Vorrei dirlo a quanti pensano che per liberarsi per sempre dal male si sia costretti ad andare in Svizzera, come io credevo di dover fare». La lettera si conclude con una specie di appello: «Anche a casa propria, o in un ospedale, con un tumore, una persona deve sapere che può scegliere di tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze. Fallo sapere, Fatelo sapere».