Tutto su quei maledetti sacchetti

Se ne parla perché ce ne sono di nuovi – biodegradabili – nei supermercati, ma soprattutto perché dovranno pagarli i clienti e per quella teoria complottista su Renzi

ANSA/LUCA ZENNARO
ANSA/LUCA ZENNARO

Dal primo gennaio 2018 è entrata in vigore una legge che era stata approvata lo scorso agosto, e che prevede che i sacchetti di plastica leggeri e ultraleggeri, quelli utilizzati nei supermercati per imbustare frutta e verdura ma anche altri prodotti freschi come carne e salumi, siano biodegradabili e vengano pagati dai consumatori. La legge in questione è quella di conversione del decreto legge 2017 n. 91, Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno, e dice che i sacchetti (chiamati spesso “shopper”) con spessore della singola parete inferiore a 15 micron siano biodegradabili e compostabili, certificati da enti appositi.

Concretamente, questo significa che i supermercati e le altre attività commerciali che usano questi sacchetti – tipo i fruttivendoli, o gli alimentari – non potranno continuare a usare i normali sacchetti leggeri. Devono sostituirli con sacchetti biodegradabili da far pagare ai clienti e far comparire sullo scontrino, come già succede per le normali buste della spesa.

La legge converte il decreto legge 2017 n. 91, Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno. Riprende una direttiva europea del 2015 che introduceva nuove misure sull’uso dei sacchetti leggeri; nel gennaio 2017 l’Unione Europea aveva anche avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia per il mancato recepimento delle nuove regole. I sacchetti leggeri sono riutilizzati meno frequentemente rispetto alle borse più spesse, e per questo motivo diventano più rapidamente rifiuto: le borse di plastica sono tra i principali responsabili dell’inquinamento dei mari, e una minaccia per gli ecosistemi acquatici di tutto il mondo. Secondo la legge, i nuovi sacchetti dovranno essere composti da materiali biodegradabili e compostabili con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento, che diventerà 50 per cento dal primo gennaio 2020 e 60 per cento dal primo gennaio 2021. Per chi non rispetta la nuova legge si prevedono sanzioni che vanno dai 2.500 ai 25 mila euro.

Il costo dei sacchetti

Sarà diverso da un supermercato all’altro, ma l’osservatorio dell’Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili ha stimato che la spesa per ogni busta dovrebbe aggirarsi tra 1 e 3 centesimi. Secondo l’analisi Gfk-Eurisko del 2017, le famiglie italiane fanno mediamente 139 spese all’anno; ipotizzando l’uso di tre sacchetti per frutta e verdura a ogni spesa, il costo dei sacchetti dovrebbe essere compreso tra i 4,17 e 12,51 euro per famiglia all’anno.

Si potranno portare da casa?

Giuseppe Ruocco, segretario generale del Ministero della salute, ha detto: «Non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti. Il riutilizzo dei sacchetti determinerebbe infatti il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche», e ha aggiunto che il titolare dell’esercizio commerciale «avrebbe ovviamente la facoltà di verificare l’idoneità dei sacchetti monouso introdotti».

Il complotto sulla nuova legge: chi è Catia Bastioli?

Negli ultimi giorni è circolata una notizia priva di qualunque verifica secondo cui il governo avrebbe degli interessi a introdurre il nuovo obbligo di pagare i sacchetti, e che la misura avrebbe avuto il secondo fine di favorire una certa azienda “monopolista del settore” con a capo una persona “vicina a Renzi” o “amica di Renzi”. La persona di cui parlano i messaggi-bufala che sono circolati soprattutto su WhatsApp (non sempre citandola direttamente) è Catia Bastioli, imprenditrice e amministratore delegato dell’azienda chimica Novamont. È accostata a Renzi perché partecipò come oratrice alla Leopolda del 2011.

Novamont opera nel settore della plastica biodegradabile, è stata fondata nel 1990 e nel 2016 ha fatturato circa 170 milioni di euro, posizionandosi come leader europeo nella produzione di sacchetti di plastica biodegradabile. La Novamont, in Italia, opera nel settore insieme ad altre 150 aziende, quindi non è un’azienda monopolista. Inoltre l’azienda vendeva i sacchetti anche prima: la nuova legge non gliene farà vendere di più.

Su Repubblica, il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani ha sostenuto che quella del monopolio sia «un’accusa senza fondamento, le bioplastiche le fanno le maggiori aziende al mondo e anche la difficoltà di approvvigionamento è pretestuosa». In un’intervista data a Repubblica, Catia Bastioli si è difesa dalle accuse, riprese anche da un articolo del Giornale, e ha parlato del suo legame con il segretario del PD dicendo: «Avrò visto Renzi quattro o cinque volte in tutto».

E sia chiaro, nel 2011 non mi ha neppure invitato lui alla Leopolda ma fu Ermete Realacci a dirmi che avevo un progetto interessante e dovevo presentarlo lì. Quando poi Renzi è diventato presidente me ne sono tenuta ben alla larga dalla Leopolda».

Grazie alle biobuste a pagamento quanto guadagnerete?

«Noi nel 2016 abbiamo fatturato 170 milioni di euro, con circa una quota di mercato del 50% a livello europeo. Se invece parliamo dei numeri del business del bioplastico in Italia sono circa 450 milioni di euro totali, di tutte le imprese, che sono circa 150. […]

Ma di chi è la colpa di questo polverone?
«Certo che se si dice alla gente che dovrà pagare 50 euro l’anno… I sacchetti si pagavano anche prima, solo che non venivano evidenziati i costi pagati dai consumatori. Se adesso si dice che hanno un prezzo è per farne utilizzare meno alla gente. Si vuole diminuire la plastica e riutilizzarla per la differenziata. Ma non c’è stata la giusta informazione dal governo».

La risposta di Matteo Renzi

Anche lo stesso Renzi ha risposto alle voci che sono circolate online: ha pubblicato in un post su Facebook e Instagram aggiungendo un sarcastico falso meme.

L’ultima che sta girando molto via sms è che avrei organizzato un complotto per aiutare miei amici e cugini di terzo grado impegnati nella fabbricazione di sacchetti. Ebbene sì. Voi non immaginate quanto sia diabolica la nostra mente: prepariamo complotti tutti i giorni, anche tra San Silvestro e Capodanno.

La storia è molto semplice. Nel 2017 l’Italia ha attuato una direttiva europea che tende a eliminare la plastica dai sacchetti. L’obiettivo sacrosanto è combattere l’inquinamento alla luce degli impegni che abbiamo firmato a Parigi e che rivendichiamo: noi a differenza di Trump non abbiamo cambiato idea.

E quanto all’accusa che il Parlamento lo avrebbe fatto per un’azienda amica del PD vorrei ricordare che in Italia ci sono circa 150 aziende che fabbricano sacchetti prodotti da materiale naturali e non da petrolio. Hanno quattromila dipendenti e circa 350 milioni di fatturato. Anziché gridare al complotto dovremmo aiutare a creare nuove aziende nel settore della Green Economy senza lasciare il futuro nelle mani dei nostri concorrenti internazionali. I posti di lavoro del domani sono in settori come questi, vanno creati e coltivati: oppure si pensa davvero che vivremo tutti di sussidi, assistenzialismo e redditi di cittadinanza?

Spero che alla fine del 2020 le aziende italiane attive nell’economia verde siano il doppio di quelle che sono oggi e facciano meglio dei concorrenti globali, specie quelli del Sud Est asiatico che in questo settore stanno investendo molto.
Noi faremo la campagna elettorale seriamente, parlando dei problemi veri e offrendo soluzioni. Per pulire l’Italia dall’inquinamento ambientale e anche da quello delle fake news. Chi vuole inventare bugie si accomodi pure, noi non lo seguiremo. Buon complotto a tutti.