Perché la nuova lista di Emma Bonino sta litigando con il PD

È una questione intricata che riguarda le firme che "+Europa" dovrà raccogliere secondo il Rosatellum bis

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Negli ultimi giorni una delle notizie di politica che ha trovato più spazio sui quotidiani italiani è la polemica fra il governo e +Europa, la lista elettorale che fa capo ai Radicali e ad Emma Bonino. È una polemica su due piani, tecnico e politico. +Europa contesta al governo di avere interpretato in maniera eccessivamente restrittiva una norma della nuova legge elettorale sulla presentazione di nuove liste; e più velatamente contesta al Partito Democratico – che guida il governo e con cui intende allearsi alle prossime elezioni – di non essersi impegnato a sufficienza per cambiare l’interpretazione della norma. Non è ancora chiaro come andrà a finire: ieri Bonino e gli altri leader del nuovo partito hanno fatto sapere che non si alleeranno più col PD, ma secondo alcuni è una tattica per concordare un’alleanza più vantaggiosa.

Qual è il problema
La questione nasce con una modifica al Testo Unico delle Leggi Elettorali introdotta dalla nuova legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum bis. Secondo le nuove norme, un nuovo partito che vuole candidarsi alle elezioni e che non sia legato a liste già presenti nella legislatura uscente deve presentare una “dichiarazione” firmata da almeno 1.500 persone in ognuno dei 63 collegi in cui è divisa l’Italia secondo la sezione proporzionale del Rosatellum (che elegge due terzi del Parlamento, mentre un terzo viene eletto tramite la sezione uninominale). Parliamo di 94.500 firme, un numero enorme per qualsiasi movimento nato da poco.

Ma per +Europa il problema non sono i numeri. Per questa prima applicazione del Rosatellum bis la quota è stata abbassata a 400, dato che i collegi sono stati ufficializzati solo poche settimane fa. Il guaio riguarda invece un passaggio particolare della nuova legge – che secondo +Europa è stato interpretato in maniera restrittiva dal ministero degli Interni – e le scadenze previste dal Testo Unico da qui al giorno delle elezioni, fissato per il 4 marzo.

Secondo la nuova legge elettorale, la “dichiarazione” di presentazione delle liste deve contenere sia i candidati nei collegi plurinominali sia «l’indicazione dei candidati della lista nei collegi uninominali». Questi ultimi però – una delle novità del Rosatellum bis – sono oggetto di trattative tuttora in corso fra i partiti che vogliono presentarsi in un’unica coalizione, visto che ogni coalizione può presentare un solo candidato in ciascun collegio uninominale. Secondo il Testo Unico le coalizioni saranno ufficiali per legge solo il 42esimo giorno prima del voto, cioè il 21 gennaio 2018, mentre il termine ultimo per presentare la dichiarazione di presentazione delle liste sarà il 34esimo giorno, cioè il 29 gennaio. Alle condizioni attuali, quindi, +Europa dovrebbe raccogliere le 25mila firme necessarie per presentarsi insieme al PD (400 per ognuno dei 63 collegi del proporzionale) negli otto giorni fra il 21 e il 29 gennaio.

+Europa aveva chiesto al ministero degli Interni di poter raccogliere le firme prima che sia ufficializzata la sua alleanza col PD, e solo in un secondo momento segnalare i candidati che intende sostenere nei collegi uninominali. Il ministero degli Interni però ha deciso di rispettare alla lettera la legge – secondo Repubblica per non provocare «polemiche, se non un rischioso precedente» – e ha negato la richiesta di +Europa.

Se le regole rimarranno queste, +Europa ha due opzioni. Può scegliere di abbandonare definitivamente il PD, scegliere un candidato per ogni collegio e iniziare rapidamente la raccolta delle firme per la dichiarazione di presentazione; oppure rimanere alleato del PD, e provare a raccogliere le 25mila firme necessarie fra il 21 e il 29 gennaio.

Una fonte “renziana” ha detto a Repubblica che «400 firme per circoscrizione si trovano, volendo e con un po’ di buona volontà, in una mattinata», lasciando intendere che +Europa si stia agitando per provare ad ottenere condizioni più favorevoli dal PD, per esempio il sostegno in alcuni collegi chiave. Dentro +Europa, come ha spiegato su Facebook uno dei responsabili dell’organizzazione, Piercamillo Falasca, c’è invece il timore che il PD voglia forzare la mano al nuovo partito e costringerlo ad accettare candidature poco gradite per poter rispettare i tempi previsti: «Il PD continua a dirci: fidatevi di noi, vi raccoglieremo le firme in pochi giorni. Noi diciamo che in una democrazia uno non può “fare a fidarsi” di un altro partito, ma rivendicare una soluzione di legge che crei una parità di condizioni di accesso alle elezioni».

Al momento i sondaggi danno +Europa intorno all’1 per cento. Trovare un accordo conviene sia al nuovo partito – che quasi certamente non entrerà in Parlamento, se si presenterà da solo – sia al PD, che al momento è distante di parecchi punti dalla coalizione di centrodestra e dal Movimento 5 Stelle.