“Bright”, il primo filmone di Netflix

È costato tanto, è online da oggi e sembra sia bruttissimo (ma forse non è un problema)

(Da "Bright")
(Da "Bright")

Bright è il nuovo film di David Ayer, il regista di Suicide Squad: è costato quasi 100 milioni di dollari e da oggi è su Netflix. La sceneggiatura l’ha scritta Max Landis, quello di American UltraVictor Frankenstein, e i protagonisti sono Will Smith e Joel Edgerton. Interpretano due poliziotti di Los Angeles, e Edgerton è un orco. Il film è infatti ambientato in un mondo che è molto simile al nostro, solo che oltre agli uomini ci sono appunto orchi, fate, elfi, eccetera. È quindi un film thriller e d’azione in un contesto fantasy, in un mondo che potrebbe essere quello di qualsiasi storia fantasy di ambientazione più o meno medievale, immaginando però che nel frattempo qualcuno abbia inventato il motore a scoppio, gli aerei, i telefoni, internet e tutte quelle altre belle cose che abbiamo.

Bright è, con buon distacco, il film più costoso fatto finora da Netflix, ed è anche il primo film di Netflix che avrà un sequel (già deciso prima che questo film fosse online). In effetti, se ci pensate, poste le premesse di questo mondo parallelo ci si può mettere dentro di tutto: un seguito di questo film thriller e d’azione, ma anche un film drammatico, sportivo, di guerra, di tutto.

Bright è quindi due cose insieme: un utile modo per capire dove potrebbe andare il cinema, o un pezzo di cinema; e un blockbuster di quelli che normalmente vedreste al cinema e che, invece, è su Netflix. Quest’anno Netflix ha prodotto più di 60 film, l’anno prossimo ha in programma ad arrivare a più di 80, e nel 2019 dovrebbe arrivare quello (ancora più costoso di questo) di Martin Scorsese, con Robert De Niro e Al Pacino. Netflix è quasi obbligata a farsi i suoi film da sola: Disney, che continua a comprare cose, farà partire nei prossimi anni un suo servizio di streaming e altre società potrebbero fare lo stesso: Netflix deve garantirsi e quindi fornirsi di materiali suoi e di nessun altro, per tenere ricco e vivo il suo catalogo. Lo fa da anni con le serie tv; Bright è il massimo esempio di come ci voglia provare anche con i film.

In tutto questo ragionamento potrebbe esserci un problema: pare che il film sia molto brutto. C’è anche chi ha fatto notare che la cosa non è un problema. Una rapida sintesi senza spoiler, e poi ci arriviamo.

Il film ha una colonna sonora con canzoni che un vecchio definirebbe “da giovani” (Migos, A$AP Rocky, alj-J, Bastille, Snopp Dogg, Steve Aoki) e inizia con “Broken People” di Logic e Rag’n’Bone Man. Si vedono varie scritte che provano a dare un po’ di contesto. In generale sono graffiti fatti dagli orchi (che non piacciono a nessuno) contro gli elfi, che sono quelli che se la passano meglio: “Dio ha creato tutte le razze uguali, ma gli elfi sono più uguali”. Il personaggio di Smith, che entra in scena dicendo “non mi metto contro le fatine”, è un poliziotto che deve mettersi a lavorare insieme a un orco, che è stato ammesso nella polizia di Los Angeles in una specie di quota apposita, per provare a far vedere che anche gli orchi sono accettati. In realtà lo sono molto poco: li si ritiene lenti e tonti, e gli si rinfaccia che un paio di millenni prima seguirono la persona sbagliata in una guerra che complicò molte cose. La prima ventina di minuti prova un po’ a spiegare le regole di quel mondo e il carattere dei due poliziotti. Poi i due scoprono un oggetto magico che tutti vogliono e fa partire la vera trama del film.

Bryan Bishop ha scritto su The Verge che Netflix è in grado di giocare sullo stesso livello delle saghe che vanno di moda da qualche anno a Hollywood, ma che allo stesso tempo può essere vittima degli stessi «difetti da blockbuster». Per Bishop, i problemi iniziano con il ritrovamento di quell’oggetto magico; da lì in poi Bright diventa «una serie di vignette scollegate, sequenze che non sono granché collegate una con l’altra» (una critica simile fu rivolta a Suicide Squad). L’articolo di Bishop è intitolato così: “Bright è la prova che Netflix può fare un blockbuster, e che la maggior parte dei blockbuster non sono granché».

Jordan Hoffman di Vanity Fair ha scritto che «c’è uno spunto di idea originale» ma che si perde tutto in scene noiose e ripetitive. Alissa Wilkinson di Vox ne ha parlato come di una «colossale perdita di tempo» perché «il concetto è intrigante» ma «visivamente è tutto fangoso e ripetitivo» e la storia «annoia, confonde e offende pure un po’ quando si pensa a come tratti gli argomenti su cui vorrebbe passare per intelligente».

Ma il premio per la recensione più negativa lo vince a mani basse David Ehrlich di IndieWire: ha scritto – non intendendolo come un complimento – che il film è «per metà Training Day e per metà Il Signore degli Anelli», e che «ci sono le cose brutte, ci sono le cose noiose e poi c’è Bright». Ehrlich si è detto sconvolto dal «modo pigro in cui il film rifiuta di esplorare e approfondire le sue premesse» e ha aggiunto che il dialogo finale è «punitivo, e vi farà chiedere che cosa abbiate fatto di male per meritarvelo». Alla recensione di Ehrlich ha risposto pure Ayer, il regista: ha scritto che la attaccherà sul frigorifero.

Sembrava fosse stizzito, invece pare abbiano fatto pace: Ehrlich gli ha scritto che attende di vedere, e giudicare senza preconcetti, il suo prossimo film; Ayer gli ha detto di sapere che i suoi film possono essere polarizzanti.

Non è detto che poca gente guarderà Bright per via delle brutte recensioni. Se non è chiaro quanto le brutte recensioni possano dissuadere qualcuno dall’uscire di casa e pagare sette euro per un film, figuratevi quando basta fare Play su Netflix. Ehrlich ha infatti scritto: «Non è solo il peggior film del 2017, potrebbe essere la causa dei peggiori film del 2018 e oltre»:

Se lo stratagemma funziona, se Netlix riesce a fortificare il suo assalto all’esperienza cinematografica costruendosi in casa blockbuster semi-coscientemente ottimizzati per spettatori distratti, sarà difficile capire dove potrà andare il cinema.

Cose simili le ha scritte anche Hoffman:

Io ho avuto la sfortuna di vederlo al cinema [in anteprima], ma quasi tutti lo vedranno su uno schermo più piccolo. Capisco che questo possa cambiare l’esperienza; la possibilità di andare tre minuti al bagno o in cucina e dire “non fa niente, non mettere pausa” a chi dal divano lo sta guardando con te deve essere liberatoria.

Ci sono anche quelli ai quali Bright è piaciuto, almeno un po’«Nonostante tutti i suoi difetti, è comunque un salto in avanti verso il racconto di un nuovo mondo, il cinema dovrebbe farlo di più», ha scritto Steve Rose sul Guardian; «è ambizioso e ben fatto», ha scritto Peter Debruge su Variety; «Bright è piacevole, divertente, scorrevole e girato ottimamente, nonostante la determinazione a ripetere un po’ tutto il già visto citando, ammiccando, rubando e riproponendo parti di cinema fantastico degli ultimi 20 anni», ha scritto Gabriele Niola su Bad Taste.