Cosa sono questi “futures sui bitcoin”?

Da lunedì alla borsa di Chicago è possibile acquistare titoli basati sulla più famosa delle criptovalute: cosa significa e perché è importante

(AP Photo/Kiichiro Sato)
(AP Photo/Kiichiro Sato)

Dalla notte di domenica è possibile scambiare titoli futures basati sui bitcoin alla borsa di Chicago (CBOE). È una notizia molto importante: per la prima volta titoli relativi ai bitcoin vengono scambiati su un mercato ufficiale e regolato. Per molti è un importante segnale di “sdoganamento” per i bitcoin, uno strumento che ancora molti considerano opaco, inutile o addirittura pericoloso. Per comprendere cosa significa questo passaggio bisogna avere chiare almeno due cose: come funzionano i bitcoin e cosa sono i futures. Partiamo da questi ultimi, che sono i più semplici.

Cosa sono i futures?
I futures sono contratti che permettono agli investitori di “scommettere” sul valore di un indicatore sottostante. Esistono futures basati su quasi qualsiasi cosa, ma sono utilizzati soprattutto per “scommettere” sul valore delle materie prime. Per esempio una compagnia aerea può scommettere che in un determinato momento nel futuro il prezzo del carburante sarà superiore a un certo livello. Se vince la sua “scommessa” riceverà un premio che servirà a mitigare le perdite che nel frattempo subirà perché sta acquistando il carburante a un prezzo superiore al solito. Se invece la sua previsione si rivela sbagliata, la perdita sarà mitigata dal fatto che il carburante continua a costare poco. I futures, quindi, vengono spesso utilizzati come strumento per assicurarsi contro le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime (ma anche delle monete e di moltissime altre cose).

La possibilità di scambiare futures sui bitcoin significa che sarà possibile scommettere sul loro valore nel prossimo futuro su un mercato regolamentato (la CBOE, appunto). Gli investitori potranno cercare di assicurarsi contro una eventuale diminuzione nel prezzo dei bitcoin, ma potranno anche scommettere per guadagnare dalla fluttuazione del loro prezzo. Non è necessario possedere bitcoin per acquistare futures basati sul loro valore. Soltanto i futures legati al prezzo dei bitcoin saranno scambiati alla borsa di Chicago; i bitcoin – come vedremo tra poco – vengono scambiati con un altro sistema.

I primi contratti futures scambiati tra domenica e lunedì avevano una scadenza fissata per il prossimo gennaio e sono partiti prevedendo un prezzo dei bitcoin pari a 15 mila dollari, per poi salire fino a 18 mila (significa che gli acquirenti di futures si aspettano che il prezzo dei bitcoin salirà o almeno resterà stabile). Attualmente i bitcoin valgono 18 mila dollari, 18 volte quello che valevano lo scorso gennaio. Il valore di riferimento dei bitcoin utilizzato dalla borsa di Chicago sarà quello mostrato dalla piattaforma di scambio Gemini, una delle principali piattaforme usate per scambiare bitcoin.

La decisione di permettere lo scambio di futures basati sui bitcoin è stata presa dallo US Commodities and Futures Trading Commission, l’ente del governo statunitense che si occupa di regolare questo tipo strumenti finanziari. La commissione ha avvertito i potenziali investitori che i futures saranno probabilmente soggetti a forti variazioni e volatilità nel loro prezzo, e quindi sono da considerare uno strumento molto rischioso. La Futures Industry Association, l’associazione che raccoglie i principali operatori di mercato che si occupano di futures, ha criticato la decisione sostenendo che la commissione avrebbe dovuto valutare molto più seriamente i rischi questo strumento.

Ma che cosa sono i bitcoin, quindi?
I bitcoin sono una “moneta virtuale” alternativa alle normali monete. Non vengono stampati da una banca centrale e non sono controllati direttamente da nessun governo. Non sono nemmeno universalmente accettati e soltanto un ridotto numero di negozi, soprattutto online, li utilizza per le transazioni. Per tutte queste ragioni, i bitcoin sono spesso ritenuti più una commodity che una moneta, cioè vengono descritti come simili a una materia prima o a un altro bene, piuttosto che come una moneta emessa da una banca centrale, legata alle performance economiche e politiche di uno stato o di un’area monetaria (nel caso dell’euro).

I bitcoin vengono creati con un sistema chiamato “mining” in cui computer con grandi capacità di calcolo vengono dedicati alla soluzioni di complesse equazioni che, dopo molto lavoro, portano alla produzione di bitcoin. Si calcola che ogni giorno vengano creati 3.600 bitcoin. Attualmente ce ne sono in circolazione circa 16,5 milioni. Il valore dei bitcoin, come quello delle altre monete e delle materie prima, è legato alle leggi della domanda e dell’offerta e dipende quindi da quante sono le persone intenzionate a comprarli e quante sono quelli intenzionate a venderle.

Il valore dei bitcoin dovrebbe oscillare in maniera piuttosto brusca sia perché non è legato ad alcun fondamentale sottostante (l’euro per esempio è legato alle performance economiche dell’eurozona e alla sua stabilità politica), sia perché il mercato dei bitcoin è ancora relativamente piccolo: bastano poche vendite o acquisti per produrre aumenti o cali del loro prezzo. Nell’ultimo anno, però, la moneta virtuale ha assistito a un incremento del suo valore praticamente ininterrotto e senza precedenti, passando da mille euro a gennaio ai 18 mila degli ultimi giorni. Questo incredibile aumento di valore ha portato molti a cominciare a prendere i bitcoin sempre più sul serio; altri invece sono diventati ancora più scettici, temendo che questo aumento di valore non sia altro che una bolla destinata a sgonfiarsi. Secondo altri esperti,  la vera rivoluzione di bitcoin non è tanto la valuta in sé quanto il modo in cui funziona: il meccanismo per cui i bitcoin funzionano senza nessun organo centrale che svolga la funzione di garante – come invece funziona per le valute normali – sfruttando invece un sistema “peer-to-peer” che potrebbe essere utilizzato anche in campi completamente diversi da quello finanziario. Si chiama “blockchain”, lo trovate spiegato qui.