• Mondo
  • Domenica 3 dicembre 2017

Come Vancouver ha battuto il traffico

Oggi la metà degli spostamenti avviene in bici, a piedi o sui mezzi pubblici: e non è poco per una città nordamericana

Un uomo su una pista ciclabile di Vancouver. (FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)
Un uomo su una pista ciclabile di Vancouver. (FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)

Vancouver è la terza città più popolata del Canada, con i suoi 600mila abitanti, ed è uno dei più importanti poli industriali e tecnologici di uno stato enorme in cui le aree metropolitane e le attività umane sono molto concentrate in pochi posti. Nel 2015 la città annunciò di avere aderito all’impegno già preso da diverse altre città e nazioni del mondo di passare interamente alle energie rinnovabili entro il 2050, non solo per quanto riguarda l’energia elettrica, ma anche per i trasporti pubblici e gli impianti di riscaldamento.

Per raggiungere l’obiettivo, Vancouver si pose il traguardo che entro il 2020 il 50 per cento degli spostamenti dei suoi cittadini sarebbero dovuti avvenire a piedi, in bici o con i mezzi pubblici, invece che in auto. La città commissionò un rapporto per valutare a che punto fosse, e scoprì che in realtà quell’obiettivo era già raggiunto: con 5 anni di anticipo. Un breve documentario di Clarence Eckerson Jr. della società Streetfilms, ripreso recentemente da Vox, ha raccontato come ci è riuscita.

È stato un processo durato decenni, cominciato tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, quando gli abitanti di Vancouver si opposero al progetto di fare attraversare la città da diverse autostrade, come avviene invece normalmente nelle grandi città nordamericane. Per Vancouver si pensava anche di costruirne una che costeggiasse il mare. L’amministrazione cittadina acconsentì a sviluppare un piano che potenziasse invece i trasporti pubblici, e in particolare vennero stanziati fondi per il servizio di traghetti che collega downtown con Nord Vancouver. Oggi ci sono traghetti che partono ogni 15 minuti, e possono trasportare fino a 400 passeggeri. Negli anni Settanta, poi, Granville Street, una delle principali strade del centro di Vancouver, piena di negozi e centri commerciali, fu resa accessibile soltanto ai mezzi pubblici e ai taxi: il traffico di auto fu dirottato alle strade parallele.

Questo processo precoce di attenzione ai temi dei trasporti pubblici fu tra le ragioni che portarono Vancouver ad ospitare l’Expo del 1986, che aveva come tema proprio “i trasporti del futuro”. Per l’occasione venne completamente ricostruita la parte di città che costeggia il mare, e in particolare venne realizzato il Vancouver Seawall, un parco pubblico considerato tra i più belli del Nord America. Il parco fu dotato di ampie piste ciclabili, in modo da superare l’idea di spostarsi in bici come un semplice modo di andare al lavoro, promuovendone l’aspetto ricreativo.

Nel 2010 Vancouver ospitò le Olimpiadi invernali, diventando così il posto più urbano di sempre a farlo. Il progettista urbano Brent Toderian ha spiegato che in quell’occasione la città decise di chiudere diverse e importanti strade del centro e di utilizzarle per feste e manifestazioni pubbliche. In preparazione delle Olimpiadi, nel 2002 e nel 2009, vennero aperte la seconda e la terza linea della metropolitana della città, conosciuta anche come Skytrain. Con le sue 53 stazioni, oggi è la più lunga rete metropolitana automatizzata al mondo, ed è molto utilizzata perché nelle ore di punta c’è un treno ogni minuto e mezzo.

Paradossalmente, per una serie di ritardi amministrativi il sistema di bike sharing di Vancouver è stato introdotto soltanto nel 2016, e per ora conta appena 1200 bici (a Milano solo quelle del servizio comunale sono più di 5000). La maggior parte delle persone che usano la bici, comunque, ne possiede una: oggi il dieci per cento dei pendolari si sposta in bici, una percentuale altissima per la media nordamericana.

Ovviamente in città c’è anche un servizio di car sharing. Secondo Toderian, a rendere efficace il sistema di trasporto pubblico di Vancouver è proprio la vastità della scelta offerta dalla città, che rende nella maggior parte dei casi superfluo possedere un’auto.