• Mondo
  • Domenica 3 dicembre 2017

La falsa storia della falsa ambasciata americana in Ghana

Un anno fa i giornali di tutto il mondo parlarono di una finta ambasciata gestita da truffatori: un giornalista locale ha scoperto che non era vero

Un anno fa tutti i principali quotidiani italiani raccontarono una storia molto buffa: per oltre dieci anni, in Ghana, aveva operato una finta ambasciata americana, con tanto di bandiere degli Stati Uniti e ritratti del presidente Barack Obama. La finta ambasciata era gestita da un gruppo di truffatori e falsari che la utilizzavano per vendere passaporti falsi agli ignari cittadini ghanesi. Negli stessi giorni la notizia, inizialmente diffusa dal dipartimento di Stato americano, era sui giornali di tutto il mondo. Era una storia perfetta all’apparenza, con tutti gli elementi che ci si aspetterebbe da una simile vicenda ambientata in Africa: migranti ansiosi di ottenere documenti falsi, astuti truffatori, poliziotti corrotti e incapaci e un tocco di ironia grottesca. Ma come spesso accade con le storie troppo belle per essere vere, anche questa di vero ha ben poco.

In un lungo articolo pubblicato dal Guardian il giornalista freelance Yepoka Yeebo  racconta come ha scoperto che l’intera storia della finta ambasciata americana è in realtà una bufala. Tutto è cominciato il 2 dicembre del 2016, quando un sito internet ghanese pubblicò la notizia di un’operazione di polizia che aveva portato alla chiusura di una finta ambasciata americana in Ghana. La notizia fece quasi immediatamente il giro dei siti internet di mezzo mondo e, molto presto, venne confermata dal dipartimento di Stato americano. Il comunicato in questione, pubblicato sul sito del dipartimento il 27 dicembre 2016, inizia con lo stile di un grande reportage giornalistico: «C’era un edificio ad Accra, capitale del Ghana, dove una volta entrati sareste stati accolti da una bandiera americana e dal ritratto del presidente Barack Obama. Ma quell’edificio non era l’ambasciata americana. Non era nemmeno gestito dal governo degli Stati Uniti, ma da un’organizzazione criminale formata da ghanesi e turchi e da avvocati locali esperti di diritto dell’immigrazione. Gli ufficiali diplomatici che si incontravano dentro l’edificio erano in realtà cittadini turchi, che parlavano inglese e olandese».

Il colorito racconto era arricchito dalla fotografia di un fatiscente edificio rosa. Una prima didascalia sotto la foto recitava: «L’edificio usato come finta ambasciata americana». Yeebo ha visitato l’edificio della foto che si trova nella zona industriale di Accra, circondato da officine e piccoli capannoni. Nel cortile sul retro una donna gestisce una panetteria a cielo aperto. Sul davanti un anziano sarto ha il suo negozio, che nel punto più ampio è largo meno di due metri. Non sembra un caso che qualche settimana dopo la pubblicazione del comunicato, il dipartimento di Stato abbia cambiato la didascalia della foto, che ora recita: «Uno degli edifici utilizzati dall’organizzazione criminale». In altre parole, il dipartimento si è accorto che era davvero impossibile che qualcuno credesse veramente che l’edificio fatiscente di due piani nella zona industriale di Accra fosse l’ambasciata americana.

Per esserne ancora più sicuro, Yeebo racconta di aver parlato con i proprietari. Nessuno di loro aveva mai sentito parlare di una finta ambasciata americana. A quanto gli hanno raccontato, non c’è mai stata nemmeno una massiccia operazione di polizia con annessa perquisizione dell’edificio. Il sarto gli ha raccontato che se fosse stato coinvolto in operazioni criminali probabilmente di fronte all’edificio ora ci sarebbe parcheggiato un suo fuoristrada. La panettiera gli ha raccontato che non più tardi dell’estate 2016 l’ambasciata americana – quella vera – le ha rifiutato un visto turistico. Nemmeno la polizia locale sembrava aver mai sentito parlare di un massiccio raid nella casa rosa.

Parlando con la polizia, però, Yeebo una cosa è riuscita a scoprirla e cioè il nome di chi aveva scattato la famosa foto, un’informazione che gli ha permesso di risalire all’origine della bufala. L’autore della fotografia è un poliziotto di Accra con 18 anni di carriera, Lloyd Baidoo. Nel giugno 2016, Baidoo ricevette una soffiata da un suo informatore: qualcuno vendeva passaporti falsi in una casa color rosa nella zona industriale di Accra. I passaporti venivano venduti il martedì e il giovedì. Nella soffiata c’era anche un dettaglio di colore: quando il “negozio” era aperto, fuori dalla casa veniva appesa una bandiera americana. Baidoo e un suo collega, vestiti in borghese, decisero di andare a controllare. Fecero un giro intorno alla casa e, ha raccontato Baidoo a Yeebo, non trovarono nulla di sospetto. Baidoo scattò alcune foto, tra cui quella poi diffusa dal dipartimento di Stato, e se ne andò.

Pochi giorni dopo Baidoo ricevette un’altra soffiata che questa volta si rivelò corretta. Nel corso di un’irruzione in un appartamento ad Accra, gli agenti trovarono 135 passaporti ghanesi, la maggior parte dei quali falsi. Trovarono anche parecchi altri passaporti, soprattutto di altri paesi dell’Africa occidentale. Ogni passaporto aveva numerosi visti di paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Sudafrica, Cina, Kenya e persino Iran. È una tattica comune per i falsari: piuttosto che falsificare un intero passaporto, che è complicato e rischioso, si prende un passaporto autentico e lo si timbra con finti visti di numerosi paesi, in modo da creare l’impressione che il detentore sia un viaggiatore frequente e non un potenziale immigrato clandestino. Anche se quella che avevano scoperto non era una “falsa ambasciata americana”, scrive Yeebo, era comunque un grosso colpo.

La storia quindi sembrerebbe essere questa: il dipartimento di Stato americano ha in qualche modo confuso due storie separate. Ha messo insieme la falsa segnalazione arrivata a Baidoo all’inizio di giugno, quella che parlava di una centrale di falsari situata in una casa rosa con una finta bandiera americana davanti, e il grosso sequestro di passaporti e visti falsi di pochi giorni dopo. Una prova molto convincente che sia stato proprio il dipartimento di Stato a fare questo pasticcio sembra essere un messaggio riservato inviato il 25 luglio 2016 dall’ambasciata americana in Ghana a Washington. Il titolo del messaggio era: “Ghana: chiusa finta ambasciata USA”. Yeebo ha provato a ottenere conferme della sua scoperta dal dipartimento di Stato e dal governo ghanese, ma nessuno ha voluto rispondere alle sue domande. Dopo il tutto il clamore suscitato dal caso nel mondo, i protagonisti – conclude Yeebo – sono probabilmente e comprensibilmente imbarazzati all’idea di doverne riparlare, soprattutto se l’unica cosa che possono dire è che quella storia era tutta una bufala.