10 film su cui litigare

O su cui comunque i critici non riescono a mettersi d'accordo, oscillando tra "capolavoro" e "schifezza"

(Da "Spring Breakers")
(Da "Spring Breakers")

Ci sono film, quasi da tutti ritenuti bellissimi, di cui è capitato che un paio di critici cinematografici scrivessero cose molto negative. Sono sempre e comunque opinioni personali, certo, ma dire che 2001: Odissea nello spazio è «pretenzioso, tremendamente lento, recitato in modo amatoriale e, soprattutto, sbagliato» si allontana molto dall’opinione che la stragrande maggioranza dei critici ha di quel film. E poi ci sono invece film che sono molto divisivi, che non mettono d’accordo quasi nessuno: quelli che si inizia a litigare con gli amici appena usciti dal cinema e le cui recensioni si dividono tra “wow”, “genio!”, “capolavoro” e “che schifo”, “che noia”. James O’Malley, che lavora per l’edizione britannica di Gizmodo, è andato su Metacritic, un noto sito che aggrega recensioni di film e trasforma ognuna in un voto che va da 1 a 100. Ha preso quasi mille film (limitandosi a quelli che avessero almeno 40 recensioni) e ha trovato quelli con il più alto scarto quadratico medio. In breve, è un valore che mostra quanta varietà di voti c’è tra le recensioni di un certo film.

O’Malley ha fatto una classifica dei cinquanta film più divisivi e, se ci tenete a saperlo, ha vinto Melancholia di Lars von Trier. Oltre a questo, ne abbiamo scelti altri nove tra i cinquanta di O’Malley, mettendo anche le recensioni molto “wow” e quelle molto “che schifo”. Così potete decidere se stare nel mezzo o prendere una posizione netta e decisa.

Melancholia

È del 2011 – con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg eKiefer Sutherland – e parla di depressione e di due sorelle su un pianeta che si avvicina pericolosamente alla Terra. Su Metacritic ha 40 recensioni e il voto medio è 80 su 100. Rene Rodriguez del Miami Herald scrisse: «Solo Von Trier potrebbe creare un’opera di fantascienza intergalattica come metafora del disordine psicologico, e poi farla funzionare in modo così meravigliosamente giusto». Questo è invece un pezzo della recensione di Rex Reed del New York Observer: «Melancholia è solo il più recente mucchio di inutili idiozie filmate con una traballante cinepresa a braccio e con un folle e sbagliato cast guidato da Kirsten Dunst, che a Cannes ha vinto un premio, semplicemente per aver avuto l’aspetto catatonico in tutto il film».

Sin City

È il film del 2005, diretto da Robert Rodriguez, Frank Miller e, per una scena, Quentin Tarantino; tratto da un omonimo graphic novel di Miller. Fu presentato a Cannes, fece molto parlare ed è di certo un film che difficilmente si può vedere e dimenticare, perché non assomiglia a praticamente niente di quello che era stato fatto prima. Il punteggio medio su Metacritic è 74, ma dal 100 allo 0 c’è un po’ di tutto: «Non esistono film così», scrisse Mick LaSalle del San Francisco Chronicle; «Il miglior adattamento per il cinema di un fumetto», secondo ReelViews (e tanti altri). Ma anche: «Piatto e sottile come una pagina di fumetto», secondo Kirk Honeycutt dell’Hollywood Reporter. O, secondo Mariuccia Ciotta del Manifesto: «Ripetitivo, lunghissimo (2 ore e 3 minuti), il film è forse il massimo tentativo di promuovere il fumetto dopo i tanti esperimenti del genere. Né cartone animato, né live-cartoon, né digitale puro, Sin City è una forma impropria, una poltiglia di carta, pixel e analogico. Un orrore». Anche Maurizio Cabona scrisse, sul Giornale: «Restate a casa».

The Neon Demon

È il più recente film di Nicolas Winding Refn, danese come Von Trier. Piacque molto il suo Drive e un po’ meno Solo Dio Perdona. Questo – uscito nel 2016 e prodotto da Amazon – è un thriller quasi horror con protagonista Elle Fanning, che interpreta un’aspirante modella che si trasferisce a Los Angeles. È stato descritto come un horror sociologico che riguarda l’ossessione per la bellezza e la perfezione fisica. Nel film ci sono anche Keanu Reeves e Christina Hendricks. Incassò poco ma sia Guardian che Cahiers du Cinéma lo misero nelle loro classifiche di migliori film dell’anno. Edward Douglas di New York Daily News scrisse invece che «avrebbe dovuto essere un’incursione del regista nel genere horror ma, forse, nessuno si era ricordato di dirlo al regista». Kevin P. Sullivan di Entertainment Weekly scrisse: «I dialoghi sembrano fatti da quel vostro compagno di primo anno di università che imparaste presto a non ascoltare più». I 400 Calci, notevole sito italiano di cinema, ne parlò invece come di un film «Bello bello in modo assurdo».

Inception

Christopher Nolan è arrivato, già da qualche anno, a quel livello per cui è molto difficile dire che un suo film sia brutto, ma a quel livello è dovuto arrivarci. A Inception, il famoso film sui sogni e sulle trottole del 2010, Roger Ebert diede il massimo voto possibile e scrisse che era un film inimitabile: «Pochi registi proveranno a fare qualcosa di simile a Inception. Penso che quando Nolan è uscito dal labirinto, abbia buttato via la mappa». Per Nick Pinkerton di Village Voice, invece era «ovvio che Nolan non sappia articolare o non conosca la differenza tra un sogno e un vero sentimento. E il suo sterile Inception non spiega né una né l’altra cosa».

The Hateful Eight

Di Quentin Tarantino, di fine 2015. È un western – ma con la neve e quasi tutto girato al chiuso – con Samuel L. Jackson, Kurt Russell e Jennifer Jason Leigh. Peter Bradshaw del Guardian gli diede cinque stelle su cinque e lo definì «una storia alla Agatha Christie con in più battute, armi e Samuel L. Jackson». Debruge ne elogiò «l’assoluto piacere che istante-dopo-istante riesce a regalare a chi lo guarda». Chris Nashawaty di Entertainment Weekly scrisse: «The Hateful Eight non ha abbastanza idee. È ambientato quasi tutto in un saloon circondato dalla neve, e la storia è così spartana da non giustificare le tre ore di durata o l’uso dei 70 millimetri. Sia la storia che le immagini provocano claustrofobia».

Youth – La giovinezza

Anche se quel vostro amico continua a insistere che La grande bellezza è una gran noia, su quello i critici sono più d’accordo. Ma non lo sono molto su questo successivo film di Paolo Sorrentino, che parla – tra le tante cose, come nei film di Sorrentino – di due vecchi amici ottantenni alle terme. Joe Morgenstern del Wall Street Journal scrisse: «Sin dalle prime scene il mio più grande desiderio fu che questa pretenziosa fantasmagoria finisse». Piacque, invece, a Alessandro De Luca di Avvenire: «Una riflessione sul passare del tempo, sul nostro rapporto con il presente, il passato e il futuro. Il tempo che abbiamo vissuto, quello che attraversiamo e quello che ci resta. Il tempo fotografato e restituito dal cinema, il tempo che scandisce la musica».

Somewhere

Anche Sofia Coppola è una che raramente fa film che piacciono a tutti o non piacciono a nessuno. Per questo film Coppola vinse il Leone d’Oro nel 2010: parla di un attore di Hollywood e della sua figlia di 11 anni (Fanning, quella di The Neon Demon). Voto medio su Metacritic: 67. Deborah Young dell’Hollywood Reporter scrisse che Coppola era tornata ai livelli di Lost in Translation e che era riuscita a «illuminare il vuoto della vita di una star del cinema attraverso una perspicace osservazione e una gentile ironia». Per James Berardinelli di ReelViews fu invece «un ottimo modo per addormentarsi: non solo lento e frustrante, ma proprio inerte». 

Madre!

In Italia è uscito qualche settimana fa e dire di cosa parla è molto difficile. Di una coppia, nella loro casa, e di cose che succedono loro. Ma anche, semplificando, della religione e della storia del mondo. Il voto medio su Metacritic è 74 (anche perché è un film molto da critici), ma tra le recensioni non c’è grande accordo. Bryan Bishop di The Verge lo ha definito «capolavoro» e ha scritto che creare reazioni e stimolare dibattito «è il solo scopo dell’arte»; Barry Hertz del Globe and Mail ha scritto che «è un film senza precedenti e paragoni», in tutti i sensi. Gli ha dato due voti: sia una stella, che quattro stelle.

Spring Breakers

Parla di alcune ragazze che nelle vacanze di primavera – quelle che fanno praticamente tutti gli studenti americani, spesso facendo gran feste, lo Spring break – finiscono in un casino dietro l’altro e diventano amiche-amanti-socie di un gangster con i denti finti e le treccine interpretato da James Franco. Nel titolo per la sua recensione sul New York Times la critica Manohla Dargis scrisse «Woo-Hoo!» e argomentò così: «Parla della ricerca della felicità portata ai massimi estremi del nichilismo» e «più che una commedia, è un horror». Di idea opposta è stato Michael O’Sullivan del Washington Post: «Come mai è stato possibile fare un film così noioso? Spring Breakers non è noioso nonostante le scene di nudo e la violenza, lo è proprio per le scene di nudo e la violenza».

Questo provate a indovinarlo

Uscì nel 2013, diretto da un grande regista e con un grande attore (di quelli che grandi come loro ce ne sono giusto pochi altri): Betsy Sharkey del Los Angeles Times scrisse, di questo film, che era «affascinante, sconvolgente, eccentrico, fragoroso, esilarante e logorante capolavoro sull’immoralità». Lou Lumenick del New York Post lo descrisse come «borioso, volgare, ridondante, senza forma e senza scopo».

 

Si parla di The Wolf of Wall Street.

Bonus

Gizmodo ha pubblicato anche la lista dei film meno divisivi, quelli su cui i critici sono andati più d’accordo. Tra gli altri: Boyhood, Gravity, Moonlight, Una separazione, Carol, Get Out, Dallas Buyers Club e The Big Sick. Ma siccome internet è internet e il cinema è il cinema riusciremo tranquillamente a litigare anche su questi.