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  • Martedì 14 novembre 2017

Il caso Roy Moore

Il Partito Repubblicano statunitense ha scaricato il suo candidato in Alabama, accusato di molestie su minori, ma lui non vuole ritirarsi

(Scott Olson/Getty Images)
(Scott Olson/Getty Images)

Negli ultimi giorni il Partito Repubblicano statunitense si sta occupando di un altro grosso caso di presunte molestie sessuali che riguarda un suo candidato, dopo quello che interessò Donald Trump durante la campagna per le presidenziali. Al centro del caso c’è Roy Moore, candidato Repubblicano molto di destra alle elezioni anticipate in Alabama per sostituire il senatore Jeff Sessions (diventato nel frattempo il procuratore generale). Moore è accusato di avere molestato alcune ragazze minorenni fra gli anni Settanta e Ottanta, fra cui una 14enne con cui avrebbe provato ad avere un rapporto sessuale. Moore ha negato tutte le accuse, ammettendo solo di avere frequentato ragazze molto giovani.

Del caso Moore si stanno occupando tutti i giornali americani per due motivi: perché Moore è un candidato radicale molto vicino all’ex stratega Steve Bannon, e bisognerà capire come si comporteranno la leadership e gli elettori Repubblicani dopo queste accuse, e perché l’eventuale elezione di un Democratico in Alabama sposterebbe gli equilibri al Senato, dove i Repubblicani hanno soli quattro seggi di vantaggio.

Il caso è nato dopo un’inchiesta del Washington Post pubblicata giovedì 9 novembre, scritta dalle giornaliste Stephanie McCrummen, Beth Reinhard e Alice Crites. Nell’articolo due donne raccontano di aver frequentato Moore quando avevano 17 e 18 anni mentre lui ne aveva più di 30. Un’altra donna racconta che Moore le chiese di uscire insieme quando lei aveva 16 anni, ma che sua madre glielo proibì (in Alabama l’età per avere un rapporto sessuale consensuale con un’altra persona maggiorenne è di 16 anni). La testimonianza più significativa, però, è quella di Leigh Corfman, una donna che ha raccontato di essere stata molestata da Moore quando aveva 14 anni. Le quattro donne non si conoscono tra loro e sono state trovate dal giornale – non sono andate loro dal Washington Post, insomma – e hanno dato racconti coerenti tra loro.

Al Washington Post, Corfan e sua madre hanno raccontato che Moore le fermò fuori dal tribunale di Etowah County, in Alabama. Ai tempi Moore era un collaboratore del procuratore distrettuale: attaccò bottone con entrambe, e a un certo punto si offrì di tenere d’occhio Leigh mentre la madre era impegnata in un’udienza. Moore chiese a Corfman il numero di telefono, racconta il Washington Post, e i due iniziarono a sentirsi:

Qualche giorno dopo il primo incontro, racconta Corfman, lui la venne a prendere all’angolo di casa sua a Gadsden. Guidò per 30 minuti fino a casa sua, nel mezzo di un bosco, le disse quanto era carina e la baciò. Durante la sua seconda visita, racconta sempre Corfman, le tolse la maglietta e i pantaloni e si spogliò completamente. La palpò attraverso il reggiseno e le mutandine, e portò la mano di lei verso il suo inguine. «Volevo che la smettesse, volevo andarmene», ricorda di aver pensato Corfman: «per favore, fa’ che finisca. Qualsiasi cosa sia, fa’ che la smetta». Lei gli chiese di riaccompagnarla a casa, e lui lo fece.

Finora Moore ha parlato delle accuse nei suoi confronti una sola volta, in un’intervista radiofonica data al conduttore tv conservatore Sean Hannity, legatissimo a Donald Trump. Moore ha ammesso di avere frequentato «ragazze giovani», ma ha anche detto che le accuse nei suoi confronti sono «completamente false e ingannevoli» e ha smentito di aver mai frequentato una ragazza 14enne.

Nel frattempo le accuse a Moore sono state corroborate da altri giornali. Una quinta ragazza ha raccontato che Moore la assalì quando aveva 16 anni e lavorava in un ristorante. Teresa Jones, un’ex procuratrice che lavorò con Moore negli anni Ottanta, ha confermato a CNN che «tutti sapevano che Roy usciva con ragazze del liceo, e tutti pensavano fosse strano». Diversi dipendenti di un centro commerciale della zona hanno raccontato al New Yorker che a quei tempi sentirono diverse voci su Moore e i suoi tentativi di adescare le ragazze adolescenti che frequentavano i negozi. Altri hanno ricordato che nel 2015 Moore fu l’unico giudice a votare contro la condanna di un ragazzo 17enne che aveva stuprato una bambina di 4 anni in un caso arrivato fino alla Corte Suprema dell’Alabama, perché secondo lui il comportamento del ragazzo non prevedeva “la minaccia di gravi violenze”.

Tutti i giornali americani si stanno occupando delle accuse più o meno nello stesso modo – cioè cercando altre ragazze contattate o molestate da Moore e provando a confermare i casi già noti – tranne uno: Breitbart News, il popolare sito di news diretto da Steve Bannon, che ha mandato due giornalisti in Alabama per provare a seminare dubbi sull’articolo del Washington Post screditando il lavoro delle tre giornaliste.

Bannon ha molte ragioni per difendere Moore. Da quando è uscito dalla Casa Bianca, ad agosto, ha creato una rete per appoggiare in varie elezioni locali i candidati Repubblicani più vicini alle posizioni nazionaliste e anti-immigrazione di Trump. Moore rientra nel profilo che piace a Bannon: ha posizioni anti-immigrati, anti-omosessuali, ha appoggiato le teorie complottiste sul certificato di nascita di Barack Obama e nel 2003 si fece cacciare dall’incarico di presidente della Corte Suprema dell’Alabama per aver fatto costruire un monumento celebrativo dei Dieci Comandamenti nella sede della Corte.

In Alabama gli sforzi di Bannon erano stati premiati: alle primarie Repubblicane per la carica lasciata vacante da Sessions, Moore aveva battuto Luther Strange, ex procuratore generale dello stato e molto vicino all’establishment del partito. Trump e i dirigenti del partito, come su molti altri temi, si erano divisi. I dirigenti avevano sostenuto fermamente Strange e hanno preso la vittoria di Moore con grande imbarazzo. Trump aveva appoggiato Strange controvoglia e in seguito ha cancellato i tweet in cui invitava a votare per lui.

Le accuse di molestie contro Moore, però, hanno cambiato le cose. Dopo alcuni giorni di tentennamenti – e nonostante diversi funzionari Repubblicani locali abbiano difeso Moore – il capo dei senatori Repubblicani, Mitch McConnell, ha detto di credere alle donne con cui hanno parlato i giornali, scaricando il candidato del suo partito e invitandolo a ritirarsi.

I Repubblicani però non possono più sostituirlo, e Moore ha fatto sapere che non intende ritirarsi. Rimane comunque parecchio popolare fra gli elettori dell’Alabama: soprattutto fra i protestanti evangelici, la componente religiosa più grande dello stato. Negli ultimi anni gli evangelici si sono avvicinati molto a destra e sono stati importanti per la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali. Molti di loro, parlando coi giornalisti in questi giorni, hanno detto di non credere alle accuse contro Moore, e che voteranno lo stesso per lui.

Non è chiaro cosa faranno gli altri elettori Repubblicani, oppure quelli non affiliati ad alcun partito che stavano pensando di votare per Moore. Il candidato Democratico Doug Jones è un avvocato molto noto in Alabama per il suo impegno contro il razzismo, e le accuse contro Moore potrebbero rafforzare i suoi consensi. Al momento la media dei sondaggi dà avanti Moore di un paio di punti, ma tre giorni fa è uscito il primo che dà Jones avanti. Le elezioni si terranno il 12 dicembre. L’Alabama non elegge un senatore Democratico da vent’anni.