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  • Domenica 22 ottobre 2017

Cosa significa che la Spagna ha commissariato la Catalogna

Le misure decise dal governo spagnolo di Mariano Rajoy sono state inaspettate e molto dure, e forse non sarà così facile applicarle

di Elena Zacchetti

Alcuni membri del governo catalano, tra cui il presidente Carles Puigdemont, a una manifestazione a Barcellona (PAU BARRENA/AFP/Getty Images)
Alcuni membri del governo catalano, tra cui il presidente Carles Puigdemont, a una manifestazione a Barcellona (PAU BARRENA/AFP/Getty Images)

Ieri il governo spagnolo ha annunciato le misure che intende prendere in Catalogna per riportare «la normalità e la legalità», dopo il rifiuto del governo catalano di fare passi indietro sulla dichiarazione d’indipendenza. Le misure annunciate dal primo ministro Mariano Rajoy, del Partito Popolare (PP), sono state definite dalla stampa di mezzo mondo inaspettate e dure. Negli ultimi giorni si aveva avuto l’impressione che le misure potessero essere «limitate» e «chirurgiche», che potessero colpire solo alcuni membri del governo catalano e portare in tempi brevi alla convocazione di nuove elezioni. Era stata un’impressione confermata anche dal Partito Socialista spagnolo (PSOE), che stando alle parole di alcuni suoi esponenti avrebbe dovuto “ammorbidire” le intenzioni più bellicose del PP e di Ciudadanos, partito di centro-destra presente anche in Catalogna.

Rajoy ha annunciato invece la rimozione dal loro incarico di tutti i componenti del governo, tra cui il presidente Carles Puigdemont, e ha detto che le loro funzioni verranno trasferite a enti o istituzioni scelti da Madrid. Ha ridotto il ruolo del Parlamento, che non potrà più svolgere tutti i suoi compiti, e si è attribuito il potere di sciogliere le Camere, di modo da poter convocare nuove elezioni entro sei mesi (prima è meglio è, ha detto Rajoy). Il governo spagnolo, ha detto Rajoy, potrà decidere di prendere il controllo della polizia catalana – i Mossos d’Esquadra, che oggi rispondono al ministro degli Interni catalano – accusata in diverse occasioni di essere più fedele al governo catalano che agli ordini della magistratura. Potrà inoltre intervenire nella radio e televisione pubblica: quindi TV3, la più importante rete catalana, potrà essere gestita interamente da Madrid. E il governo spagnolo diventerà titolare della riscossione delle imposte che erano di competenza dell’esecutivo catalano.

Tutte queste misure sono state decise dal governo, in accordo con il PSOE e Ciudadanos, sulla base dell’articolo 155 della Costituzione spagnola, che dà ampi margini allo stato per intervenire in una Comunità autonoma (come la Catalogna) per costringerla a rispettare la legge.

Le misure saranno temporanee: il governo spagnolo ha detto che rimarranno in vigore solo finché non sarà ristabilita la legalità in Catalogna. Devono ancora essere approvate in Senato – una cosa che dovrebbe succedere venerdì prossimo – ma sembra essere solo una formalità: il PP ha la maggioranza da solo, e comunque è sostenuto anche dal PSOE e da Ciudadanos.

Dopo l’annuncio di Rajoy, si è discusso molto della portata di queste misure. Il punto è che l’articolo 155 della Costituzione non prevede la sospensione dell’autonomia di una Comunità autonoma spagnola, una misura che verrebbe considerata probabilmente anticostituzionale: allo stesso tempo è un articolo molto vago, che di fatto dà carta bianca al governo per decidere come e quando intervenire per costringere una regione a rispettare la legge. L’interpretazione di questa norma – che non è mai stata usata prima – si dibatte da settimane sui giornali spagnoli. Nonostante nel suo discorso di ieri Rajoy abbia detto esplicitamente che le misure decise non significano in alcun modo la sospensione dell’autonomia della Catalogna, molti hanno sostenuto che l’accordo trovato ci assomigli molto.

Il governo spagnolo e diversi giornali hanno definito le misure annunciate come necessarie per ristabilire la legalità, violata nelle ultime settimane sia dal Parlamento catalano che dal governo guidato da Puigdemont; gli indipendentisti e alcuni partiti non indipendentisti le hanno definite invece “sproporzionate”, un “colpo di stato” contro l’autonomia della Catalogna. Al di là delle interpretazioni, ci sono due domande a cui oggi è difficile dare una risposta: come applicherà nella pratica il governo spagnolo queste misure? Quali conseguenze politiche ci saranno per la crisi in Catalogna?

Riguardo al primo punto, il giornale spagnolo Diario ha scritto: «Nei dipartimenti dell’amministrazione catalana non si sa come si potrà gestire la situazione giorno per giorno, i Mossos non sanno come le decisioni condizioneranno la loro catena di comando e i lavoratori della televisione e della radio pubbliche hanno già detto che non riconosceranno la direzione che verrà imposta loro dal governo centrale». In altre parole, non è ancora chiaro se i funzionari e gli impiegati di medio livello riconosceranno i nuovi dirigenti decisi da Madrid, o se si “ribelleranno”.

Non è chiaro nemmeno cosa succederà se i titolari delle posizioni di comando – i ministri, il capo della polizia catalana, i direttori di reti e televisioni, i dirigenti dell’amministrazione pubblica – si rifiuteranno di abbandonare i loro incarichi (non si sa ancora con precisione chi di loro sarà sostituito). Potrebbero essere arrestati, per esempio, ma significherebbe compiere importanti operazioni di polizia che potrebbero essere ostacolate dai sostenitori dell’indipendenza della Catalogna. Era già successo il 20 e il 21 settembre scorsi, quando migliaia di persone avevano circondato alcuni edifici del governo catalano a Barcellona per rallentare il sequestro di materiale elettorale per il referendum del primo ottobre da parte della Guardia Civile – che a differenza dei Mossos risponde direttamente al governo di Madrid.

Riguardo alle conseguenze sulla politica catalana, ci sono poche certezze ma qualcosa si può dire. Anzitutto le reazioni contro l’applicazione del 155 decisa dal governo Rajoy sono state molto dure e trasversali a causa di quello che rappresenta il PP in Catalogna. Se a livello nazionale il PP ha preso il 33 per cento dei voti alle ultime elezioni, in Catalogna si è fermato a poco più del 10. I leader locali del PP catalano sono i più impopolari in ogni sondaggio, e attaccare loro e i vertici nazionali è stata spesso una mossa molto efficace per gli altri partiti.

Il fatto che il governo di Rajoy prenda il controllo delle istituzioni e dei media catalani è visto male non solo dagli indipendentisti, ma anche da molti elettori del Partito Socialista Catalano (PSC), la sezione catalana del PSOE, e di Podemos. Alcuni sindaci catalani del PSC, per esempio, hanno pubblicamente contestato la decisione del PSOE nazionale di appoggiare il governo spagnolo nell’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione. Dopo il discorso di Rajoy, Núria Parlón, sindaca di Santa Coloma de Gramenet (comune di più di 100mila abitanti a nord di Barcellona), si è dimessa dal suo incarico di membro della commissione esecutiva federale del PSOE, come gesto di protesta. Hanno contestato le misure anche i sindaci PSC di Granollers, Terrassa e Castellar del Vallés.

Anche i gruppi catalani collegati a Podemos hanno protestato. Da settimane Podemos sta chiedendo al governo catalano e a quello spagnolo di iniziare a parlare, per trovare un accordo politico per uscire dalla crisi. I leader del partito sono stati molto critici contro le misure decise per l’applicazione dell’articolo 155. Xavier Domènech, deputato di Podemos al Parlamento spagnolo, nato in Catalogna, ha partecipato a una grande manifestazione che si è tenuta ieri pomeriggio a Barcellona, mentre Ada Colau, sindaca di Barcellona appartenente a un gruppo legato a Podemos, ha parlato di un «golpe contro la democrazia».

Le posizioni di PSC e Podemos sono importanti per capire quello che potrebbe succedere nei prossimi giorni. Lunedì prossimo si riunirà la giunta dei portavoce della Camera catalana per fissare la data della prossima sessione del Parlamento, nella quale si discuterà delle misure dell’articolo 155 e forse si farà formalmente la dichiarazione di indipendenza della Catalogna. Sembra che Junts pel Sì e la CUP, i due gruppi che compongono la maggioranza parlamentare indipendentista, stiano facendo pressione a Puigdemont affinché dichiari l’indipendenza venerdì prossimo, lo stesso giorno in cui il Senato spagnolo approverà le misure annunciate ieri da Rajoy. Se Puigdemont volesse e riuscisse a ottenere l’appoggio di alcuni deputati di PSC, i suoi piani potrebbero cambiare e la dichiarazione d’indipendenza potrebbe essere rimandata. Nel frattempo Ada Colau, che governa con l’appoggio del PSC, ha detto che se il PSOE non torna sui suoi passi riguardo alle misure del 155 potrebbe aprirsi una crisi anche all’interno dell’amministrazione comunale di Barcellona.