Come cambia la Cassa depositi e prestiti

È una specie di banca pubblica che investe per migliorare la competitività del paese: negli ultimi anni però è cambiata parecchio

(CDP)
(CDP)

In questi giorni sui giornali si è tornati a parlare di Cassa depositi e prestiti (CDP), che ha lo status di “Istituto di promozione nazionale” e in pratica è una specie di banca d’investimento pubblica che negli ultimi anni è diventata sempre più importante per la politica industriale italiana. Basta pensare che è CDP a controllare le partecipazioni pubbliche all’interno di aziende pubbliche importantissime, come ENI, Poste e Fincantieri; CDP ha partecipato a operazioni come il fondo Atlante e il suo intervento viene di solito invocato dai partiti ogni volta che c’è una crisi industriale, dal caso Alitalia a quello Ilva.

CDP, ha scritto Repubblica, ha ottenuto un ottimo risultato nel primo semestre del 2017, producendo un utile di 2,4 miliardi, quattro volte i 635 milioni di euro del primo semestre 2016. Ma fare soldi – che vengono poi divisi tra il ministero dell’Economia, che la controlla, e gli altri azionisti di minoranza – non è il primo obiettivo di CDP. Il suo vero scopo, secondo lo statuto, è investire nella competitività del paese, migliorarne le infrastrutture e rimediare ai fallimenti del mercato. Insomma: parecchie cose e diverse tra loro. Per capirci qualcosa in più, è necessario fare un piccolo passo indietro.

Cos’è la Cassa depositi e presititi
Tanto per cominciare, è più vecchia dell’Italia stessa. È nata nel 1850, a Torino, all’epoca nel regno di Sardegna, con lo scopo di fare prestiti agli enti locali per permettere la realizzazione di opere pubbliche. Per quasi un secolo e mezzo questa è stata la sua unica missione e, in parte, continua a esserlo. Oggi CDP è una società mista: è una SPA, quindi ha una forma sociale “privata”, ma è controllata all’80 per cento dal ministero dell’Economia e per il resto dalle fondazioni bancarie (che, a loro volta, sono strane creature per metà pubbliche e per metà private).

Significa che i suoi amministratori sono nominati e revocati dal governo (ma nessuno amministratore è mai stato revocato prima della scadenza), che esercita un forte controllo sulla società (ma, come vedremo, ci sono cose che nemmeno il governo può chiederle di fare). Il presidente al momento è Claudio Costamagna, mentre l’amministratore delegato è Fabio Gallia. Entrambi sono stati nominati nel 2015 durante il governo Renzi. Come i passati amministratori, provengono dal settore privato: Costamagna ha lavorato nella banca d’affari Goldman Sachs e poi è stato presidente della grande società di costruzioni Salini-Impregilo, Gallia ha lavorato per diverse banche tra cui la francese BNP Paribas. L’incarico di entrambi scadrà il prossimo aprile.

La storia di CDP ha avuto tre momenti di svolta importanti. Il primo quando, nel 2003, è stata la sua trasformazione in società di diritto privato, una SPA. Il secondo tra 2006 e 2009, quando una serie di interventi allargarono molto sia la possibilità di investire sui privati, sia, soprattutto, la possibilità di utilizzare la raccolta postale per farlo. Il terzo nel 2015 quando, come parte del “Piano Juncker“, le venne assegnato lo status di Istituto di promozione nazionale. Queste tre modifiche hanno permesso alla società di uscire dal suo ruolo tradizionale di “banca dei comuni” e di diventare molto più importante per l’economia di tutto il paese.

Come opera CDP
CDP era in passato divisa da un “muro” che separa le due principali branche di operazioni che svolge. Una di queste branche era la “gestione separata”, che viene svolta ancora oggi e che rappresenta il vecchio ruolo di prestatori dei comuni ed altri enti pubblici. CDP lo fa gestendo il risparmio postale (250 miliardi di euro nel 2016), cioè soldi che i cittadini hanno investito in buoni fruttiferi o in libretti postali garantiti dallo Stato. CDP presta questo denaro agli enti pubblici, per esempio un comune che vuole rifare un lungomare. La tenuta finanziaria del comune alla fine è garantita dallo Stato, tanto quanto il risparmio dei cittadini, che così resta al sicuro (se il Comune entra in dissesto e non può più ricevere il prestito, lo stato è tenuto a coprire la perdita, così CDP non rischia di perdere il suo investimento). Per raggiungere più facilmente gli enti locali più piccoli e meno dotati di risorse, CDP sta aprendo una serie di uffici: ne sono stati aperti sei sui dieci previsti in totale. Al momento il 98 per cento dei mutui sottoscritti dagli enti locali sono stati concessi da CDP.

La parte più interessante però è la cosiddetta “gestione ordinaria”, che un tempo era completamente separata dal risparmio dei cittadini. Questa branca di attività è più simile a quella che svolge una banca d’affari o un fondo di investimento. Consiste nel fare consulenze, investire in società, acquistare quote di fondi e così via. La differenza con una banca d’affari è che CDP, per statuto, non agisce per produrre profitto, ma per aiutare l’economia del paese. Dopo le riforme degli ultimi dieci anni la differenza tra gestione separata e ordinaria si sono attenuate, visto che il denaro della raccolta postale può essere utilizzato anche per finanziare i privati.

Sostanzialmente, CDP investe il denaro del risparmio postale e quello che raccoglie emettendo obbligazioni proprie, oppure il denaro che gli viene conferito dallo Stato, e lo utilizza per fare moltissime operazioni diverse, per esempio acquistare partecipazioni in società strategiche. CDP ne ha decine: le più note sono Poste ed ENI, ma possiede anche circa il 30 per cento di SNAM (che si occupa della distribuzione del gas) e il 30 per cento di Terna (rete elettrica). Infine controlla quasi completamente aziende come SIMEST, che offre finanziamenti e assistenza alle aziende italiane impegnate nell’internazionalizzazione. Inoltre CDP finanzia la creazione di fondi e altre società che svolgono numerosi ruoli, tutti accomunati dall’obiettivo di creare sviluppo. Per esempio è il principale investitore in QuattroR, un fondo che ha lo scopo di aiutare imprese che si trovano in una temporanea crisi di liquidità.

La questione del debito
Oltre a investire in imprese strategiche, o ritenute tali, la CDP è utile anche per un altro tipo di manovre. La CDP è formalmente privata dal 2003, uno status che condivide con istituti simili in Europa, come la KFW in Germania e la CDC francese. Questo permette al governo di “spingere” debiti dello Stato nella CDP e così farli uscire dal “perimetro” del debito pubblico. Per esempio nel 2012 due società partecipate dallo Stato, Fintecna e Sace, vennero trasferite alla CDP per 10 miliardi di euro, soldi che vennero utilizzati per ridurre il debito pubblico. In realtà fu una specie di trucco contabile: lo Stato prendeva dei soldi con una mano e li restituiva con l’altra. Il trucco è tollerato dalla Commissione Europea e largamente praticato. KFW in Germania e CDC in Francia fanno operazioni in tutto e per tutto simili.