Il lancio dello Sputnik, 60 anni fa

Il primo satellite artificiale costruito dall'uomo fu lanciato il 4 ottobre del 1957 dall'Unione Sovietica: aprì di fatto l'era spaziale e diede una mossa agli Stati Uniti

Il 4 ottobre di 60 anni fa una sfera di metallo con un diametro poco superiore a quello di due palloni da basket aprì l’era delle esplorazioni spaziali. Lanciato da una base missilistica sovietica in Kazakistan, lo Sputnik 1 divenne il primo oggetto costruito dall’uomo a raggiungere l’orbita terrestre e a girare intorno al nostro pianeta. Nei giorni e nelle settimane seguenti, radioamatori da tutto il mondo captarono il suo segnale, altri riuscirono a osservarlo mentre passava in cielo a 29mila chilometri orari sulle loro teste. Nessuno di loro avrebbe immaginato che appena 12 anni dopo avrebbe assistito a un evento ancora più spettacolare, come la prima passeggiata sul suolo lunare. In quel momento non lo immaginavano nemmeno i politici e gli scienziati del nascente programma spaziale americano, che non poterono fare altro che prendere atto della superiorità dell’Unione Sovietica nella nascente “corsa allo Spazio”.

Sputnik, satellite
L’idea di sviluppare un satellite artificiale era stata valutata dall’Unione Sovietica a partire dal 1954, su proposta di Sergei Korolev, uno dei principali progettisti del programma missilistico sovietico, per proseguire lo studio e lo sviluppo dei missili intercontinentali di difesa e attacco nei confronti degli Stati Uniti, nell’ambito della Guerra Fredda. I piani furono accelerati quando il presidente statunitense, Dwight D. Eisenhower, annunciò nel 1955 che gli Stati Uniti avrebbero presto inviato in orbita un loro satellite. Il politburo del Partito Comunista, la massima assemblea dell’URSS, approvò la costruzione del satellite, ma il progetto era troppo ambizioso e avrebbe richiesto troppo tempo per essere realizzato. Alla fine del 1956 si decise quindi di abbandonare l’idea di inviare qualcosa di sofisticato in orbita, accontentandosi di un satellite che avesse la capacità di orbitare per qualche settimana e di trasmettere periodicamente un segnale radio verso la Terra.

La prima immagine dello Sputnik 1 mostrata dall’Unione Sovietica (AP Photo)

Lo sviluppo dello Sputnik 1 (“sputnik” in russo significa “satellite”) fu affidato a Mikhail S. Khomyakov, che con i suoi progettisti optò per una sfera di 58,5 centimetri di diametro, formata da due emisferi saldati ermeticamente insieme e assicurati con 36 bulloni. Il primo satellite artificiale aveva un peso di 83,6 chili, era fatto con una lega di alluminio-magnesio-titanio e ospitava al suo interno un radiotrasmettitore che inviava ciclicamente impulsi radio sulle frequenze 20.005 e 40.002 MHz. Le onde radio erano propagate attraverso due paia di antenne, collocate in modo che il segnale fosse inviato in tutte le direzioni, a prescindere dalla rotazione su se stesso del satellite. Lo Sputnik 1 aveva al suo interno un sistema di raffreddamento, che si attivava nel caso in cui il trasmettitore superasse i 20 °C. C’era anche un sistema per ridurne automaticamente l’attività nel caso in cui superasse i 50 °C.

R-7 verso l’orbita
Per il lancio dello Sputnik 1 fu scelto e sviluppato il razzo vettore R-7 “Semërka”, un missile balistico intercontinentale alto 34 metri e a due stadi: il primo, più pesante, aveva il compito di far vincere al razzo l’attrazione di gravità terrestre al suolo, poi raggiunta una certa quota si staccava, lasciando al secondo stadio (più leggero senza la zavorra del primo) il compito di proseguire il viaggio. Lo sviluppo e l’adattamento dell’R-7 non fu semplice e portò ad alcuni incidenti, con esplosioni e traiettorie fuori controllo.

Il razzo partì dalla base missilistica che in seguito divenne il cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, dal quale ancora oggi partono i veicoli spaziali Soyuz per portare gli astronauti e i cosmonauti sulla Stazione Spaziale Internazionale. Il lancio avvenne all’1:28 di notte del 5 ottobre (le 20:28 in Italia del 4 ottobre) e il razzo R-7 ebbe una partenza non liscissima, come si scoprì in seguito, che avrebbe potuto compromettere l’intera missione. I sistemi di bordo corressero la traiettoria per tempo e in pochi minuti lo Sputnik 1 raggiunse l’orbita terrestre. Dopo un’ora e mezza, quando fu certo che il satellite fosse nella giusta orbita, Korolev chiamò personalmente il presidente Nikita Krusciov per annunciargli che l’Unione Sovietica aveva compiuto l’impresa di portare una luccicante sfera in orbita, prima di chiunque altro.

URSS vs USA
La preparazione della missione per lo Sputnik 1 non era stata tenuta nascosta, gli stessi progettisti ne avevano parlato prima che il satellite fosse portato in orbita, ma la cosa aveva ottenuto poca risonanza, soprattutto all’estero. Nelle ore e nei giorni dopo il lancio, tuttavia, molti radioamatori si misero all’ascolto del “bip” inviato dal satellite, e diversi lo registrarono su nastro magnetico. La notizia si sparse rapidamente in mezzo mondo e gli stessi statunitensi puntarono i loro ricevitori sulle frequenze dello Sputnik 1. La Casa Bianca minimizzò l’impresa spaziale della superpotenza nemica, dicendo che il lancio “non è stato certo una sorpresa”. Del resto gli statunitensi sapevano da tempo che i sovietici stavano lavorando all’R-7, ma Eisenhower sottovalutò l’effetto della notizia sull’opinione pubblica.

La popolazione aveva ancora in mente le immagini dei fallimenti in alcuni test missilistici statunitensi, e al tempo stesso era preoccupata dal fatto che l’Unione Sovietica avesse raggiunto in così poco tempo un obiettivo sì scientifico, ma che aveva chiare ripercussioni anche dal punto di vista militare e sulla capacità di raggiungere con i missili sovietici il suolo statunitense. Il senso di paura fu fomentato da alcuni esponenti dei Democratici, per lo più strumentalmente, per mettere in ulteriore difficoltà Eisenhower, che era Repubblicano.

Gli Stati Uniti risposero pochi mesi dopo sullo stesso terreno, quello delle imprese spaziali: nel gennaio del 1958 lanciarono l’Explorer 1, il loro primo satellite artificiale. Seguirono diversi altri successi con la messa in orbita di altri satelliti, ma furono necessari anni prima che nell’opinione pubblica si affermasse l’idea che gli Stati Uniti avessero recuperato terreno nella corsa allo Spazio rispetto ai sovietici. Lo Sputnik 1 fu il primo incentivo per il governo statunitense a spendere e investire di più nella ricerca spaziale: portò alla creazione dell’agenzia per lo sviluppo militare DARPA, alla fondazione della NASA e ad altre iniziative per aumentare la spesa nell’istruzione e nella ricerca scientifica.

Paradossalmente, la missione dello Sputnik 1 ebbe più conseguenze negli Stati Uniti che nell’Unione Sovietica. La Pravda, il principale organo di comunicazione e propaganda del Partito Comunista, dedicò alla notizia pochi paragrafi nell’edizione del giorno del lancio. Le cose cambiarono nei giorni seguenti, quando divenne evidente l’interesse mondiale per il risultato ottenuto, che spinse la propaganda sovietica a organizzare celebrazioni di vario tipo. Negli Stati Uniti, invece, ancora oggi si usa l’espressione “Sputnik moment” per far riferimento al momento in cui è necessario prendere atto della propria arretratezza su una certa questione, usando i risultati degli altri per spronarsi a fare di più: lo fece per esempio Barack Obama nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 2011.

60 anni di era spaziale
Lo Sputnik 1 rimase in orbita per circa tre mesi, ma le batterie del trasmettitore si esaurirono già il 26 ottobre. Analizzando il tempo di arrivo del segnale radio a seconda della posizione del satellite rispetto ai punti di ascolto, fu possibile dedurre diverse informazioni sulla densità dell’atmosfera e su come questa tendeva a rallentare l’orbita: lo Sputnik 1 impiegava in media 96 minuti per compiere un giro completo della Terra. Il 4 gennaio 1958, lo Sputnik 1 si polverizzò mentre rientrava nell’atmosfera terrestre, dopo avere completato 1440 orbite terrestri e avere viaggiato per 70 milioni di chilometri. I primi di una storia delle esplorazioni spaziali che in 60 anni ci ha portati sulla Luna e a raggiungere le aree più remote del nostro Sistema solare, a miliardi di chilometri da noi.