Perché Renzo Piano è una “archistar”

A 80 anni è l'architetto italiano più celebre al mondo: il suo successo nacque a Parigi, con un centro culturale che è ancora rivoluzionario

Renzo Piano nel suo studio a Parigi, 7 maggio 2015
(ERIC FEFERBERG/AFP/Getty Images)
Renzo Piano nel suo studio a Parigi, 7 maggio 2015 (ERIC FEFERBERG/AFP/Getty Images)

Quando si parla di archistar, quegli architetti famosissimi diventati quasi un marchio e una garanzia di successo, Renzo Piano non manca mai: è l’architetto italiano più celebre e apprezzato al mondo, ha lavorato dagli Stati Uniti al Giappone progettando di tutto – musei, chiese, aeroporti, grattacieli –, ha vinto il Premio Pritzker, il più importante premio di architettura al mondo, nel 2006 è stato il primo italiano inserito dalla rivista TIME nella sua classifica delle 100 persone più influenti al mondo, nel 2013 è stato insignito senatore a vita della Repubblica italiana, qualsiasi cosa faccia è sempre circondata da aspettative e fama. Piano compie oggi 80 anni e da 50 è al centro della scena internazionale: è iniziato tutto così.

Renzo Piano Il Centre Georges Pompidou a Parigi, 20 luglio 2010 (BORIS HORVAT/AFP/Getty Images)

Piano nacque a Genova il 14 settembre 1937 da una famiglia di costruttori; anziché continuare l’impresa di famiglia, andò a studiare design e architettura a Milano e poi a Parigi. Acquistò subito una certa fama in Italia, progettando un padiglione per la Triennale di Milano nel 1968 e poi quello all’EXPO di Osaka nel 1970; si fece conoscere anche all’estero, soprattutto grazie ai servizi che gli dedicarono riviste punto di riferimento dell’architettura e del design come Domus, Casabella e AD-Architectural Design. Il lavoro che lo fece conoscere in tutto il mondo e che forse ancora è il primo che viene in mente pensando a lui arrivò presto: aveva infatti 34 anni quando vinse insieme ai colleghi Richard Rogers e Gianfranco Franchini il concorso per progettare il Centro Georges Pompidou, detto anche Beaubourg, a Parigi. Il progetto venne scelto tra 681 proposte da 49 paesi, e il suo aspetto rivoluzionario si fa notare anche oggi: esempio del costruttivismo e del movimento high-tech, che spingeva sull’utilizzo delle innovazioni tecnologiche, era qualcosa di mai visto prima.

Renzo Piano Un particolare del Centro George Pompidou a Parigi, 16 marzo 2010 (LOIC VENANCE/AFP/Getty Images)

L’esterno mette in bella vista anziché nasconderle – permettendo così di impiegare l’intero spazio interno per le opere – tutte le strutture e le tubature dell’edificio, ognuna con un colore diverso in base alla funzione: quelle per l’aria blu, gialle per l’elettricità, verdi per l’acqua, rosso per gli ascensori e le scale mobili. La facciata ovest, la più famosa, è una vetrata zigzagata da scale mobili che permettono ai visitatori di osservare gradualmente e dall’alto tutta Parigi. Piano disse che «il centro è come un’enorme navicella spaziale fatta di vetro, acciaio e tubature colorate che atterra inaspettatamente nel cuore di Parigi, dove metterà rapidamente radici profonde».

Visitors look at a sculptural and sound
Il centro Pompidou a Parigi, novembre 2011 (BERTRAND GUAY/AFP/Getty Images)

Nel bene e nel male del Beaubourg si parlò e ci si meravigliò così tanto che da allora la carriera di Piano fu sempre in ascesa. Lavorò per i successivi quattro anni con Peter Rice, l’ingegnere del Pompidou, poi nel 1981 aprì il suo studio, il Renzo Piano Building Workshop, con sede a Genova, Parigi e New York. Ricevette decine di commissioni importanti: la ristrutturazione del Porto Antico di Genova, la ricostruzione dell’area di Potsdamer Platz a Berlino dopo la caduta del Muro, la progettazione dell’Aeroporto internazionale del Kansai a Osaka, quella dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, della Chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, dello stadio San Nicola di Bari, soprannominato l’Astronave, della riconversione del Lingotto di Torino da fabbrica a centro culturale, del centro culturale Tjibaou in Nuova Caledonia.

Renzo Piano Il centro culturale Tjibaou in Nuova Caledonia, nel 2010 (MARC LE CHELARD/AFP/Getty Images)

Nel 2006 Thomas Pritzker, a capo dell’organizzazione che assegna l’omonimo premio, gli affidò la progettazione della sua villa ad Aspen, nel 2012 venne inaugurato lo Shard di Londra, uno degli edifici più alti al mondo. A New York ha realizzato il Whitney Museum, l’ampliamento della Morgan Library e la sede del New York Times. Ma sono soltanto alcuni, pochissimi, degli importanti progetti a cui si è dedicato e che gli hanno attirato anche molte critiche: per esempio di non essere accurato nel disegno architettonico ma di limitarsi a mettere insieme dettagli e brillanti trovate di ingegneria e design.

Allo stesso tempo, il merito di Piano è quello di non avere tanto uno stile riconoscibile e costante, un marchio di fabbrica, quanto sensibilità e intelligenza nel realizzare un progetto in armonia con la sua funzione e con l’ambiente circostante, e un gusto sofisticato, raffinato ed elegante. Lui stesso spiegò che «lo stile è una trappola. Quello che mi piace è l’intelligenza e la coerenza. La coerenza non c’entra con la forma, è qualcosa di più forte, più umanistico, più poetico». Per questa sua sensibilità gli vennero commissionati edifici o ampliamenti di opere di altri architetti famosi, come la Cappella di Le Corbusier a Ronchamp, il Carpenter Center a Harvard e il Louis Kahn’s Kimbell Art Museum.

Renzo Piano Lo Shard di Londra, 5 luglio 2012 (Jesse Toksvig-Stewart/Getty Images)

Questo su Piano è un giudizio che si ritrova anche nelle motivazioni al Premio Pritzker, dove il suo lavoro venne definito «una rara mescolanza di arte, architettura e lavoro ingegneristico in una sintesi davvero stupefacente», e dove si spiega che «l’uso che fa della tecnologia è di un vero virtuoso; non permette mai che sia lei a comandarlo. […] la sua architettura incarna un raro umanesimo»; e che Piano «esalta la struttura in una perfetta unione tra tecnologia e arte». Come scrisse Nicolai Ouroussoff, critico di architettura del New York Times, «La serenità dei suoi migliori edifici può farti quasi credere che viviamo in un mondo civilizzato».

Renzo Piano
Il bigo progettato da Renzo Piano nel porto antico di Genova, fotografato nel 2015 (ANSA/LUCA ZENNARO)