È morta Edith Windsor, attivista per i matrimoni gay

Fu grazie a lei che nel 2013 la Corte Suprema americana stabilì che tutti i matrimoni andavano riconosciuti a livello federale

Edith, detta "Edie", Windsor e e il suo avvocato Roberta Kaplan a New York, nel 2014
(Bryan Bedder/Getty Images for Logo TV)
Edith, detta "Edie", Windsor e e il suo avvocato Roberta Kaplan a New York, nel 2014 (Bryan Bedder/Getty Images for Logo TV)

È morta ieri a 88 anni Edith Windsor, attivista dei diritti per le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) che ha contribuito a far riconoscere il matrimonio gay in tutti gli Stati Uniti portando il suo caso davanti alla Corte Suprema. Nel 2007 Windsor, un tecnico della società di informatica IBM, sposò la sua compagna Thea Spyer, che aveva conosciuto nel 1963: Spyer era malata da tempo e secondo i medici le restava soltanto un anno da vivere. Il matrimonio venne celebrato a Toronto, in Canada, visto che a New York, dove viveva la coppia, i matrimoni gay non erano stati ancora legalizzati.

Spyer morì nel 2009 e Windsor si ritrovò a dover pagare 360 mila dollari di tasse federali per la successione, cosa che non sarebbe accaduta se il suo matrimonio fosse stato riconosciuto a livello federale: Spyer chiese infatti che le venisse applicata l’esenzione fiscale dovuta alle mogli rimaste vedove, ma la Sezione 3 del Defense of Marriage Act (il cosiddetto DOMA) stabiliva che il termine “moglie” si poteva applicare soltanto nel caso di matrimonio tra uomo e donna. Spyer fece allora causa contro il governo federale e il suo caso finì davanti alla Corte Suprema, che il 26 giugno del 2013 dichiarò la Sezione incostituzionale: non fu una legalizzazione del matrimonio omosessuale, che arrivò nel 2015, ma stabilì che tutti i matrimoni gay avevano valore a livello federale, anche negli stati dove non si potevano celebrare (potete approfondire qui). Nel 2016 Windsor aveva sposato la sua nuova campagna Judith Kasen nel municipio di New York: avevano 87 e 51 anni.