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  • Venerdì 1 settembre 2017

Negli ultimi 20 giorni non ci sono stati morti nel Mediterraneo

La ragione principale sembra la diminuzione delle partenze: è una buona notizia, ma gli esperti dicono che è presto per trarre conclusioni

(AP Photo/Darko Bandic)
(AP Photo/Darko Bandic)

Negli ultimi giorni diversi giornali hanno ripreso un comunicato stampa in cui l’Organizzazione mondiale dei migranti (IOM) comunica che negli ultimi 20 giorni non ha ricevuto segnalazioni di migranti morti sulla rotta del Mediterraneo centrale. Anche secondo i dati dell’UNHCR sono almeno due settimane che non vengono segnalate morti sulla rotta mediterranea. Prendendo in esame tutto il mese di agosto (non solo gli ultimi 20 giorni, quindi) risulta che almeno 21 migranti sono morti in mare, contro i 62 del 2016. In tutto il 2017, secondo lo IOM, i morti sono stati 2.244; secondo l’UNHCR, 2.421. Nel 2016 erano stati più di tremila. È una buona notizia, ma è presto per arrivare a delle conclusioni, come ha spiegato al Washington Post Elizabeth Collett, direttrice del Migration Policy Institute Europe di Bruxelles: «Stiamo guardando dati che riguardano un mese soltanto, è presto per cercare di dedurre un trend di lungo periodo».

La diminuzione dei morti sembra soprattutto una conseguenza della riduzione nel numero dei migranti che cercano di attraversare il Mediterraneo centrale. Nel mese di agosto sono arrivati in Italia meno di un terzo dei migranti sbarcati un anno fa: poco più di 8 mila contro più di 25 mila nell’agosto 2016. La diminuzione delle partenze è in parte un “mistero”, come lo ha definito l’articolo del Washington Post. In Italia molti hanno cercato di spiegarlo con la rinnovata attività della Guardia costiera libica, che ha ricevuto fondi e supporto logistico e per l’addestramento dall’Italia e dall’Unione Europea (inizialmente il governo aveva detto anche che il merito era del “codice delle ong”, che sembra però non avere nulla a che fare con il calo). Probabilmente l’attività della guardia costiera libica, che è in realtà un’accozzaglia di milizie non sempre perfettamente distinguibile dai trafficanti di migranti, può spiegare in parte il fenomeno, ma difficilmente è una delle sue cause principali. Secondo i dati dell’UNHCR, il numero di migranti intercettato dalla guardia costiera libica è aumentato soltanto del 3,7 per cento rispetto a un anno fa, mentre la diminuzione delle partenze, come abbiamo visto, è superiore a due terzi.

Un’altra ragione per spiegare la diminuzione sembrano essere i nuovi accordi presi tra Niger, Italia e Unione Europea. Il Niger, uno stato che si trova a cavallo del deserto del Sahara, è da tempo uno dei paesi centrali nella rotta dei migranti ed è la principale porta d’ingresso per la Libia sia per chi proviene dall’Africa occidentale, sia per coloro che arrivano da quella orientale. Secondo alcuni ricercatori, però, è legittimo avere qualche dubbio sulla serietà degli sforzi del governo del Niger. I trafficanti del paese sono spesso legati a potenti organizzazioni criminali e all’attuale governo. Non è detto, quindi, che i confini del Niger resteranno chiusi a lungo.

Un’altra ragione per spiegare la diminuzione delle partenze, e quindi – almeno in parte – delle morti in mare, è stata rivelata da un’inchiesta dell’agenzia di stampa Associated Press, secondo cui alcune milizie libiche che in passato si occupavano anche del traffico di migranti sono state pagate dal governo libico per interrompere le loro attività. Il denaro usato dai libici proverrebbe dal governo italiano, che avrebbe dato il suo benestare all’intera operazione. In altre parole il governo italiano starebbe pagando indirettamente i trafficanti per interrompere il flusso di migranti diretto verso l’Italia. Il governo italiano ha smentito l’esistenza di qualsiasi accordo del genere.

Meno migranti che arrivano nel nostro paese, inoltre, significa anche una maggiore presenza di migranti nei campi di detenzione libici. Proprio oggi è uscito un rapporto di Medici senza frontiere (MSF) in cui viene riassunto un anno di assistenza medica e di ispezioni nei campi. L’organizzazione riferisce di numerose violazioni dei diritti umani, tra cui violenze e detenzioni in precarie condizioni igieniche. Il sistema dei campi è organizzato in maniera particolarmente caotica, con alcune strutture gestite dal governo e altre gestite da milizie armate più o meno ufficiali. Nel rapporto MSF specifica di non conoscere il numero totale di persone che muoiono dei campi e di non sapere se le autorità libiche tengano un conto di questa statistica.