Forse non è vero che scattare una foto vuol dire “non godersi il momento”

Alcuni studi hanno mostrato che aiuta a ricordarsi meglio quello che abbiamo visto

(MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)
(MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)

Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Psychological Science, non è vero che ci godiamo di meno un momento – un quadro, un tramonto sul mare, un gol su rigore nel derby, una balena che esce dall’acqua durante quel costosissimo tour in barca – se proprio in quel momento decidiamo di fare una fotografia. I dati messi insieme dai ricercatori di alcune importanti università statunitensi, dicono che, anzi, fare una foto aiuta a ricordare meglio un momento, anche senza andare a riprendere e riguardare quella foto. Lo studio – dal titolo “Photographic Memory: The Effects of Volitional Photo Taking on Memory for Visual and Auditory Aspects of an Experience” – dice però che, allo stesso tempo, chi fa foto tende a ricordarsi di meno quello che succede in quel momento agli altri sensi diversi dalla vista. Ci ricordiamo meglio la maglia di chi ha segnato il rigore o i colori di quel tramonto sul mare, ma non il boato della curva o il rumore delle onde.

Lo studio è stato pubblicato circa un anno dopo un altro studio simile, fatto dallo stesso gruppo di ricercatori, secondo il quale fare foto aiutava a sentirsi maggiormente parte di un evento e ad avere ricordi positivi e appaganti. Lì si parlava di qualità, in questo nuovo studio si parla invece di quantità: non come ci si ricorda un evento, ma quanto.

Alix Barasch insegna alla Stern, una scuola di business dell’Università di New York, ed è una degli autori dello studio: parlandone con il New York Times ha detto che «nonostante le foto si stiano impossessando delle nostre vite, nessuno ha per ora studiato gli effetti psicologici della cosa». Il dato di riferimento, se non vi basta pensare alle vostre vite o a quella di qualcuno che conoscete, è questo: si stima che in un anno vengano scattate almeno mille miliardi di fotografie, cioè 1012.

Per il loro studio Barasch e colleghi hanno chiesto a 294 persone di passeggiare per una mostra di reperti etruschi: alcuni potevano fare foto (quando e come volevano, ma almeno 10), altri no. Tutti quanti – sia quelli che facevano foto che gli altri – dovevano però intanto ascoltare l’audioguida della mostra. Alla fine del giro è stato chiesto a tutti di compilare un questionario a risposta multipla, che testava due tipi di ricordi: quelli visivi degli oggetti esposti e quelli “nozionistici” relativi alle cose dette dall’audioguida.

Il risultato è stato che quelli che avevano fatto foto si ricordavano meglio le cose che avevano visto e quelli che non erano impegnati a fare foto si ricordavano meglio le cose sentite in auricolare.

I ricercatori hanno poi fatto un simile esperimento in cui però si visitava una galleria d’arte con un tour virtuale, e anziché fare foto una parte dei partecipanti doveva fare degli screenshot dello schermo dal quale stava seguendo la visita virtuale. Anche in quel caso, terminata la visita, chi aveva fatto gli screenshot si ricordava in genere più cose, dal punto di vista visivo. Michael C. Hout – che insegna psicologia all’università statale del New Mexico e non è tra gli autori dello studio – ha detto che gli effetti osservati dallo studio sono “statisticamente significativi” ma che, alla fine, la memoria visiva di chi ha fatto fotografie è migliore solo del 2 o 3 per cento rispetto a quella degli altri.

È comunque uno studio importante, perché va contro un’idea che hanno in molti, anche senza alcuna base scientifica: quella per cui scattando una foto non ci si “gode il momento”. Barasch ha detto che sta facendo ricerche su questo tema da “cinque o sei anni” e che tutto porta a pensare “che fare foto permetta una maggiore immersione nel momento”. Ma non è finita qui: Barasch ha anche spiegato che lei e i suoi colleghi stanno realizzando una nuova ricerca, non ancora pubblicata, che sembra dire che le cose cambiano se le foto sono fatte per essere pubblicate sui social network. Sembra che in quel caso – ma lo studio è ancora incompleto – l’effetto positivo dato dal fare la fotografia sia annullato da quella che Barasch ha definito “la preoccupazione legata al dover fare la foto perfetta per ottenere commenti e mi piace”.