Il terremoto in Centro Italia, un anno dopo

A un anno dalla scossa la ricostruzione non è iniziata, ci sono milioni di tonnellate di macerie da rimuovere e 30 mila persone sono ancora sfollate

Amatrice, 22 agosto 2017 
(Fabrizio Corradetti / LaPresse )
Amatrice, 22 agosto 2017 (Fabrizio Corradetti / LaPresse )

Un anno fa, alle 3.36 del 24 agosto, un terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro sotto le montagne tra Umbria, Marche e Lazio distrusse decine di paesi e provocò la morte di più di 300 persone. I paesi più colpiti furono Amatrice, in Lazio, dove morirono più di duecento persone, Arquata del Tronto, nelle Marche, dove ne morirono una cinquantina, e Accumoli, in Lazio, dove morirono in 11. A un anno dal terremoto rimane molto ancora da fare nei comuni del cosiddetto “cratere”, l’area più colpita dal terremoto. La ricostruzione non è ancora cominciata e, tra polemiche e proteste, la rimozione delle macerie va a rilento. Più di trentamila persone sono ancora sfollate, senza un’abitazione e alloggiate in sistemazioni provvisorie.

Il dato più impressionante e più citato in questi giorni è quello della quantità di macerie che restano ancora da rimuovere. Secondo Legambiente, che insieme alla CGIL ha istituto un osservatorio sulla ricostruzione post terremoto, devono ancora essere rimossi 2,4 milioni di tonnellate di detriti. Circa 1,2 milioni di macerie si trovano soltanto in Lazio, ha fatto sapere la regione. In dodici mesi di lavori ne sono state rimosse meno del dieci per cento del totale, circa 227.500 tonnellate. La maggior parte delle macerie sono costituite da edifici pericolanti che dovranno essere demoliti prima di poter procedere alla ricostruzione. La priorità della rimozione è stata data alle strade: quelle di 44 su 52 comuni colpiti sono già state completamente liberate. La presenza di così tante macerie ed edifici ancora pericolanti – che bisognerà decidere se demolire o salvare con altri interventi – significa che di fatto la ricostruzione deve ancora cominciare.

Non ci sono cifre ufficiali sul numero degli sfollati, le persone costrette ad abbandonare le loro abitazioni, ma i giornali parlano di un numero che oscilla tra i 30 e i 40 mila. Soltanto pochi tra loro hanno già ricevuto le “casette”, cioè i moduli abitativi speciali destinati a ospitare chi ha perso la casa fino alla conclusione della ricostruzione. Secondo i dati della protezione civile, su 3.600 richieste dai comuni colpiti, alla fine di agosto ne saranno consegnate 838. La maggior parte degli sfollati ha scelto di ricevere il contributo di autonoma sistemazione, un contributo statale tra i 400 e i 900 euro la mese che serve a coprire parte o tutte le spese necessarie a trovare un alloggio in attesa della ricostruzione.

Secondo molti, il ritmo della rimozione delle macerie, della distribuzione delle casette e in generale di tutta la fase post-terremoto, è stato troppo lento. La Protezione civile ha spiegato problemi e ritardi con le dimensioni dell’area colpita, il numero di comuni coinvolti e il terreno, collinare e montuoso, molto difficile da attraversare. Secondo altri, la responsabilità è dovuta anche al timore di molte delle persone coinvolte, dai sindaci dei comuni colpiti ai dirigenti pubblici, di esporsi e finire coinvolti in scandali e indagini, come è avvenuto spesso durante le ricostruzioni del passato. Per questa ragione in molti esitano ad assumersi delle responsabilità, mentre lunghe procedure burocratiche vengono seguite pedissequamente, finendo così con il ritardare i lavori.