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  • Martedì 15 agosto 2017

Due stazioni radiofoniche di Guam hanno trasmesso per sbaglio un segnale di allarme

È successo questa mattina nell'isola dell'oceano Pacifico minacciata dalla Corea del Nord, dopo giorni di enorme tensione

Una spiaggia a Tamuning, Guam, il 15 agosto 2017 (ED JONES/AFP/Getty Images)
Una spiaggia a Tamuning, Guam, il 15 agosto 2017 (ED JONES/AFP/Getty Images)

Oggi due stazioni radio di Guam, l’isola dell’oceano Pacifico minacciata dal regime della Corea del Nord, hanno trasmesso per errore un’allerta per un pericolo non meglio specificato proveniente dall’esterno. Gli avvertimenti sono stati diffusi da una stazione musicale e da una radio cristiana alle 12.25 ora locale, le 4.25 della nostra notte tra lunedì e martedì: sono durati almeno 15 minuti e sono stati smentiti poco dopo dall’ufficio del dipartimento di Sicurezza dell’isola, che ha aggiunto che un errore umano di quel tipo non sarebbe più stato commesso. Guam era finita sulle prime pagine di mezzo mondo la scorsa settimana, dopo che il dittatore nordcoreano Kim Jong-un aveva dato ordine di valutare un piano per il lancio di missili verso l’isola, in risposta ad alcune dichiarazioni molto dure del presidente americano Donald Trump. Guam si trova a 3.300 chilometri da Pyongyang, la capitale della Corea del Nord, è un “territorio non incorporato” degli Stati Uniti e ospita sul suo territorio circa 13mila soldati americani.

L’allerta trasmessa per errore dalle due stazioni radio di Guam non ha creato particolare panico tra la popolazione locale, abituata da anni ad affrontare tifoni e terremoti. Il funzionario locale Dee Cruz ha detto al New York Times: «Guam è passata attraverso dei super-tifoni, un terremoto di magnitudo 8.2, allerte tsunami – tutto ciò che può minacciare questa piccola isola – e tendiamo a rimanere calmi in situazioni come questa. Non sto dicendo che guardiamo in faccia il pericolo e lo sfidiamo a fare il peggio; però sappiamo cosa dobbiamo fare per prepararci».

Nel caso di attacco militare nordcoreano, la procedura non prevede solo dei messaggi alla radio, ma è molto più articolata: si attiverebbero le sirene posizionate in tutta l’isola, verrebbero trasmesse allerte da radio e televisioni e verrebbero mobilitate intere squadre di soccorso. La comunicazione del lancio di un missile balistico proveniente dalla Corea del Nord arriverebbe dallo United States Pacific Commando, il comando unificato delle forze armate statunitensi responsabile per l’area dell’oceano Pacifico e parte dell’oceano Indiano, che ha la sua base alle Hawaii: le autorità locali verrebbero avvisate da una telefonata, che sarebbe diretta solo verso un telefono posizionato contro la parete del centro di comando del dipartimento della Sicurezza nazionale a Guam. Nel giro di due minuti dalla telefonata, i 160mila abitanti di Guam verrebbero avvisati del pericolo e avrebbero circa 17 minuti prima che il missile colpisca l’isola, o le acque vicino all’isola.

Nelle ultime ore Kim Jong-un ha in parte ridimensionato le sue minacce verso Guam. L’agenzia di news statale della Corea del Nord, la KCNA, ha scritto che Kim «avrebbe guardato ancora un po’ il comportamento sciocco e stupido degli Yankees», incoraggiando l’amministrazione americana di Donald Trump a fermare le provocazioni «al fine di disinnescare le tensioni e prevenire un pericoloso conflitto militare nella penisola coreana». Oggi, comunque, la KCNA ha diffuso una fotografia che mostra Kim durante una visita alla sede dell’unità dell’esercito nordcoreano che si occupa di preparare il lancio di missili balistici nell’oceano Pacifico, e dietro di lui un’immagine satellitare della base aerea militare americana di Andersen, che si trova sull’isola di Guam. Nonostante le minacce fatte negli ultimi giorni da Trump alla Corea del Nord, lunedì il segretario della Difesa americano Jim Mattis e il segretario di Stato Rex Tillerson hanno scritto in un op-ed pubblicato sul Wall Street Journal che «è volontà degli Stati Uniti negoziare con Pyongyang» e che l’obiettivo del governo americano è la de-nuclearizzazione della Corea del Nord, e non un cambio di regime.