Il grande esperimento di psicologia di cui non avete sentito parlare

In Inghilterra il servizio sanitario nazionale offre da qualche anno psicoterapie gratuite con risultati molto incoraggianti, e sta cambiando la percezione delle malattie mentali

(Spencer Platt/Getty Images)
(Spencer Platt/Getty Images)

Da alcuni anni in Inghilterra è in corso uno dei più grandi esperimenti per la cura delle malattie mentali al mondo, con centinaia di psicologi pagati dal servizio sanitario nazionale per trattare disturbi come depressione e ricorrenti stati d’ansia. Il progetto ha cambiato sensibilmente il modo in cui sono percepiti i disordini mentali dalla popolazione: da condizioni di cui era meglio non parlare, per vergogna o imbarazzo, a disturbi paragonabili ad altre comuni malattie o a un braccio rotto. L’esperimento sta dando risultati promettenti e potrebbe essere esteso al resto del Regno Unito nei prossimi anni, dalle grandi città ai centri urbani più piccoli e spersi nelle campagne del paese.

Benché i servizi sanitari pubblici siano piuttosto avanzati in Europa e abbiano un’offerta di cure molto ampia, è raro che sia offerta un’assistenza psicologica efficiente e continuativa ai pazienti, che spesso devono fare ricorso ai privati facendosi carico delle spese. Molti paesi stanno quindi guardando con interesse all’esperienza in Inghilterra per elaborare nuovi progetti e sperimentazioni per trattare i disturbi mentali, considerata l’alta mole di individui trattati ogni anno dagli psicologi inglesi che partecipano all’iniziativa.

L’idea di offrire un’assistenza psicologica capillare e coperta dal sistema sanitario venne in mente nel 2005 a David Clark, docente di psicologia della Oxford University, e all’economista e parlamentare Richard Layard. Condussero alcuni studi e simulazioni, concludendo che il progetto fosse economicamente sostenibile, anche solo considerando il danno in termini di ore di lavoro perse dalle persone che hanno problemi come depressione e disturbi dell’umore. Tre anni dopo la loro proposta si trasformò in un primo programma sperimentale, finanziato dall’allora governo laburista di Gordon Brown con poco meno di 31 milioni di sterline (34,3 milioni di euro). Furono attrezzate 35 cliniche per coprire circa un quinto del territorio in Inghilterra impiegando mille persone, tra psicologi, assistenti sociali e altro personale sanitario. Da allora il programma è stato rifinanziato dai vari governi che si sono succeduti e, attualmente, può usufruire di un budget intorno ai 430 milioni di euro, che dovrebbe raddoppiare nel giro di pochi anni.

Prima di questa iniziativa, se una persona cercava aiuto dal suo medico curante, riceveva di solito qualche consiglio generico e la prescrizione di farmaci per superare attacchi d’ansia e stati depressivi, magari dopo una sommaria visita specialistica. Le alternative, come l’avvio di una terapia psicologica che richiede mesi se non anni, erano poco praticabili a causa dello scarso numero di terapeuti nel sistema sanitario pubblico, i lunghi tempi di attesa e la difficoltà per molti di potersi permettere visite private. Problemi simili affliggono, con varia intensità a seconda dei casi, molti dei sistemi sanitari pubblici in giro per il mondo.

Come spiega in un lungo articolo il New York Times, il nuovo programma in Inghilterra ha cambiato sensibilmente le cose. Un paziente con disturbi mentali viene indirizzato dal suo medico curante o può scegliere autonomamente di rivolgersi all’assistenza psicologica pubblica, semplicemente telefonando o inviando un’email al centro più vicino al luogo in cui abita. Di solito si viene ricontattati entro 24 ore dalla prima richiesta, ma i tempi di attesa sono anche molto più bassi, nell’ordine di una manciata di ore e in alcuni casi di pochi minuti. Una rapida risposta è fondamentale, perché chi soffre di depressione o altre condizioni mentali fatica a riconoscere il proprio problema (per vergogna o per rimozione) e fa quindi un grande sforzo per cercare aiuto, una richiesta cui bisogna rispondere il più rapidamente possibile.

La terapia inizia già formalmente la prima volta che si viene richiamati. Il terapeuta, di solito al telefono, conduce un’intervista piuttosto approfondita del paziente per determinare quali siano le sue condizioni, le possibili cause dei suoi disturbi e se possa costituire un pericolo per se stesso. La maggior parte dei casi è gestibile attraverso una terapia a bassa intensità, con sedute psicologiche tenute periodicamente al telefono. Nei casi più complicati, può invece essere indicata una terapia di persona o di gruppo, con altri pazienti. Diagnosi al telefono e suddivisione delle terapie a seconda dei casi hanno permesso al programma di contenere i costi, offrendo al tempo stesso un servizio esteso e senza lunghi tempi di attesa per i pazienti.

Nella maggior parte dei casi, i pazienti sono trattati con la psicoterapia cognitivo-comportamentale (TCC), che comprende un’ampia serie di psicoterapie tra le più usate e diffuse. Semplificando, il sistema si concentra sui pensieri e i comportamenti distorti dei pazienti, aiutandoli da un lato a riconoscerli e dell’altra a eliminare i sintomi, lavorando sulla loro capacità di pensiero e ragionamento, coinvolgendo i loro stati di coscienza e consapevolezza. La psicoterapia cognitivo-comportamentale è orientata a risolvere i problemi del presente, limitando la lunga indagine sul passato personale tipica di altre psicoterapie. A seconda dei casi, ai pazienti sono affidati compiti ed esercizi pratici per superare le loro incertezze e paure, o per imparare a non avere più pensieri ossessivi e distorti su come conducono la loro vita. Si viene in un certo senso responsabilizzati a essere i consiglieri di se stessi e a saper misurare i cambiamenti e i miglioramenti ottenuti con la terapia, che di solito dura dai 6 mesi a un anno.

Ai pazienti che partecipano al programma viene richiesto di compilare periodicamente un questionario, i cui dati sono raccolti anonimamente e in forma aggregata in un database del governo. Le informazioni servono per compiere valutazioni statistiche e valutare la diffusione del sistema, anche se non offrono dati validi per essere utilizzati in ambito scientifico, perché il campione non è selezionato e non ci sono gruppi di controllo. Da quando è iniziato il programma, il tasso di persone curate grazie alla terapia è aumentato sensibilmente, anche se non è ancora possibile valutare i suoi effetti nel lungo periodo. Per questo c’è in progetto un tipo di valutazione che seguirà i pazienti a distanza di anni dalla fine della loro terapia.

Stimare i vantaggi economici del programma è molto difficile, ma i suoi promotori dicono che l’assistenza rapida e continuativa ha aiutato migliaia di persone a superare momenti difficili, o ad avviare terapie adeguate per superare depressione, ansia, fobie e altri disturbi. Persone che in assenza di terapie adeguate sarebbero diventate via via meno produttive, più isolate e nel complesso un costo sociale per tutta la comunità. I buoni risultati e la richiesta crescente di assistenza – si stima che abbia usufruito del servizio un milione di persone – hanno spinto finora il governo britannico a offrire risorse e a estendere il piano anno dopo anno.

Il programma di assistenza psicologica pubblica non è naturalmente perfetto, come riconoscono gli stessi esperti coinvolti. Una delle riserve principali è legata al fatto che nella maggior parte dei casi la psicoterapia consigliata è di tipo cognitivo-comportamentale, a scapito di altre tipologie di trattamenti. La TCC è sicuramente uno dei metodi più efficaci ed è utilizzata in tutto il mondo con risultati soddisfacenti, ma non può comunque rispondere a tutte le esigenze dei pazienti. Per questo negli ultimi anni gli esperti hanno suggerito di mantenere un approccio più aperto e che comprenda altri tipi di terapie, anche se richiedono più tempo e quindi un maggior numero di sedute per paziente.

Il successo dell’iniziativa ha inoltre portato a un aumento consistente della domanda e alcuni centri iniziano ad avere liste d’attesa lunga, che talvolta tradiscono l’obiettivo di rispondere quanto prima alle esigenze dei pazienti. I tempi di attesa sono più lunghi per chi deve iniziare una terapia di persona, ma non superano comunque i 30 giorni, mentre sono molto inferiori per chi viene assegnato a un terapeuta al telefono o tramite assistenza online. La rapida evasione delle prime richieste consente inoltre di identificare i pazienti che hanno effettivo bisogno di aiuto, e in tempi rapidi, da chi magari non necessita di una terapia vera e propria, ma solo di qualche consulenza.

In Italia il servizio sanitario nazionale (SSN) conta diverse migliaia di psicologi, ma i livelli di assistenza e i servizi offerti ai pazienti variano enormemente a seconda delle regioni, che hanno la responsabilità nella gestione delle politiche sanitarie. In molti casi gli psicologi del SSN offrono assistenza paragonabile, se non superiore, a quella dei professionisti privati e richiedono solo il pagamento di un ticket, come avviene per altre prestazioni sanitarie. Il problema è capire a chi rivolgersi e con quali modalità per avviare la terapia. I medici di famiglia possono offrire un primo indirizzo, altrimenti è consigliabile consultare l’Ufficio di Relazione con il Pubblico (URP) della propria Azienda Sanitaria Locale (ASL), che ha il dovere di fornire informazioni sull’offerta sanitaria e le modalità di prenotazione delle visite.