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  • Venerdì 7 luglio 2017

L’ultima sul misterioso manoscritto Voynich

No, non abbiamo scoperto di cosa parla il codice che non riusciamo a decifrare da un secolo, ma secondo un nuovo studio ci sarebbe di mezzo l'Italia

C’è una nuova teoria sull’autore del Manoscritto Voynich, il misterioso codice illustrato del Quattrocento che da cent’anni nessuno è riuscito a decifrare e di cui abbiamo scritto sul Post in un lungo articolo con molte immagini. La nuova ipotesi, di cui riferisce il Guardian, è avanzata da Stephen Skinner, uno studioso australiano di esoterismo, in un nuovo libro in uscita ad agosto. Secondo Skinner, l’autore del manoscritto Voynich sarebbe un ebreo attivo nel nord Italia tra il 1404 e il 1438, l’intervallo di tempo a cui risale secondo la datazione al carbonio-14 la pergamena su cui è stato scritto (ma l’inchiostro potrebbe essere più recente e quindi il manoscritto potrebbe essere un falso successivo). La teoria di Skinner si basa su due illustrazioni.

La prima è questa:

castello

La seconda occupa in molte varianti un’intera sezione del libro:

donne

Dall’architettura del castello Skinner ricava la conferma dell’origine geografica del manoscritto, un’ipotesi già avanzata nel 1996 dallo studioso italiano Sergio Torresella che aveva dimostrato la diffusione di erbari falsi nel Nord Italia durante il Quattrocento. Il tipo di merlature del castello sarebbe stato presenten all’epoca soltanto nell’Italia settentrionale.

Nelle illustrazioni delle donne nude immerse in vasche di liquido verde – illustrazioni che occupano molte pagine del Voynich – Skinner riconosce invece il mikveh, il rituale bagno di purificazione ebraico a cui venivano sottoposte anche le donne dopo le mestruazioni e il parto.

Nessuna delle due ipotesi sembra comunque conclusiva. Anche perché niente si dice su quello che rimane il mistero più grande del Manoscritto Voynich, che è il testo scritto in un alfabeto sconosciuto che nessuno fino a oggi è riuscito a decifrare nonostante centinaia di tentativi.

Il manoscritto fu acquistato nel 1912, insieme ad altri libri forse provenienti dal Collegio romano di Roma, dall’antiquario polacco Wilfrid Voynich dal Collegio gesuita di Mondragone, in provincia di Caserta. Tra le pagine c’era una lettera di Jan Marek Marci, un gesuita boemo del Seicento, indirizzata ad Athanasius Kirchner, un altro gesuita considerato all’epoca il maggiore esperto di lingue sconosciute (aveva decifrato i geroglifici egizi). È certo che il manoscritto andò in Boemia e fu maneggiato da maghi, alchimisti e un imperatore. Nel Novecento, dopo il ritrovamento, i 19 (o forse 28) caratteri del testo furono analizzati da esperti di ogni genere, perfino da una squadra di crittografi della Marina militare americana, ma nessuno riuscì a decifrarlo né a proporre teorie convincenti sulla sua lingua.

Il manoscritto Voynich è un erbario. Gran parte dei disegni ritraggono piante e fiori in cui è difficile individuare specie note, e  in cui alcuni hanno riconosciuto piante allora diffuse solo in America, che all’epoca non era ancora stata scoperta. Ma nonostante gli sforzi di decine di botanici ed esperti di erbari, neppure su questo sono stati fatti passi decisivi. È dimostrato, invece, che durante il Quattrocento era attiva nel Nord Italia e nell’Austria meridionale una piccola industria di erbari in lingue sconosciute, realizzati a puro scopo di imbroglio per essere venduti a chi ci cascava. È plausibile che il Manoscritto Voynich, per quanto bello e affascinante sia, appartenga a questo genere editoriale.