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  • Giovedì 29 giugno 2017

La Triestina sta rinascendo

Ma "pian pianin", come dice il suo nuovo ambizioso presidente italo australiano che parla inglese e dialetto triestino, ma poco l'italiano

di Pietro Cabrio

I giocatori della Triestina dopo la vittoria in campionato contro il Vicenza (LaPresse)
I giocatori della Triestina dopo la vittoria in campionato contro il Vicenza (LaPresse)

Una regola di massima del mercato azionario è “compra basso, vendi alto”. Compra quando le azioni valgono poco e rivendile quando valgono molto. La Triestina, una squadra dal glorioso passato, allenata da Nereo Rocco e Bela Guttmann, in cui giocarono Cesare Maldini e gente che con l’Italia vinse i Mondiali del 1938, non sembrava mai stata così in basso come qualche anno fa.

Lunghi periodi di cattive gestioni, fallimenti, scandali e retrocessioni ne avevano ridotto il valore a poche decine di migliaia di euro, a cui si aggiungevano debiti e problemi di ogni tipo, per cui da tempo la squadra giocava tra i dilettanti. Poi, circa un anno fa, l’ex calciatore Mauro Milanese, triestino di nascita, è riuscito a comprare la società con l’aiuto di un imprenditore italo australiano, che è anche suo cugino. Ora sembra che le cose siano davvero cambiate, che ci sia un progetto vero e fiducia da parte di tutto l’ambiente. Per la prima volta da anni pare che la Triestina, ancora molto amata dai tifosi e legata a una delle città più grandi e ricche del nord Italia, possa tornare in alto.

Umberto Saba dedica una poesia alla Triestina.

Proprio dal grande legame tra la squadra e la città è partito il progetto che sta cercando di riorganizzare il club, ora gestito quasi interamente da triestini. Nell’aprile del 2016 Milanese, nato a Trieste e cresciuto calcisticamente nella Triestina, ha rilevato la società con il sostegno finanziario dell’imprenditore edile italoaustraliano Mario Vittorio Biasin, triestino anche lui ma emigrato a Melbourne con la propria famiglia negli anni Cinquanta. Biasin, che in Australia si è arricchito con la sua società edile Metricon (e oggi parla meglio il dialetto triestino dell’italiano), da una decina di anni è proprietario del Melbourne Victory, squadra tre volte campione dell’A-League australiana, e si è fatto convincere da Milanese a investire subito 350.000 euro per comprare la Triestina. La squadra e la società sono state affidate proprio a Milanese, che aveva già avuto esperienze come dirigente nel Varese, in Serie B, e poi nel Leyton Orient, in Inghilterra.

Il momento in cui viene annunciato il passaggio della Triestina a Mauro Milanese.

La situazione da cui usciva la Triestina quando è stata comprata da Milanese e Biasin era pessima. Il club era stato dichiarato fallito per la prima volta nel gennaio del 2012, un anno dopo essere retrocesso in Lega Pro al termine della sua nona stagione consecutiva in Serie B. Un anno prima l’imprenditore friulano Stefano Fantinel, presidente della società dal 2006, aveva venduto le sue quote all’imprenditore ravennate Sergio Aletti, il primo di una lunga serie di proprietari che sembrano aver creato più problemi di quelli che dovevano risolvere.

Nell’agosto del 2012, pochi mesi dopo il fallimento, la società venne rifondata con il nome “Unione Triestina 2012 Società Sportiva Dilettantesca” e a settembre, dopo l’inizio del campionato d’Eccellenza, il secondo torneo dilettantistico italiano, i tifosi si adoperarono per affittare il marchio originale della squadra, dandolo poi in concessione alla nuova società, in modo che conservasse almeno il nome della storica Triestina.

Poco dopo iniziò una sorta di trattativa con il presidente del Palermo, Maurizio Zamparini, e il suo amministratore delegato, Pietro Lo Monaco, per una collaborazione tra le due squadre che avrebbe dovuto precedere l’ingresso tra i soci della Triestina dello stesso Zamparini, friulano e spesso a Trieste. Poi non se ne fece più nulla: Zamparini disse in seguito che le garanzie offerte dal sindaco e l’accordo con la dirigenza triestina non erano soddisfacenti per lui, personaggio noto per il suo carattere difficile e i repentini cambi di idee. Eliminata l’ipotesi dell’ingresso in società di Zamparini, la Triestina continuò a disputare regolarmente il campionato d’Eccellenza e l’anno successivo la squadra venne ripescata in Serie D.

Dopo una stagione mediocre, terminata al decimo posto, i soci triestini cedettero la società, già parecchio indebitata, all’imprenditore svizzero di origini kosovare Hamdi Mehmeti. I cinque mesi della presidenza di Mehmeti furono probabilmente il punto più basso nella storia recente della squadra. La proprietà si rivelò inaffidabile e le promesse di pagamento dei debiti e degli stipendi arretrati dei dipendenti non vennero quasi mai mantenute. Mehmeti era affiancato da un socio camerunense, Pierre Mbock, che ricopriva le cariche di vice presidente e amministratore delegato e lo sostituiva nelle sue lunghe assenze. Nel luglio del 2015 i due vennero interrogati in questura, prima di essere entrambi indagati dalla procura di Trieste per truffa ai danni della vecchia proprietà.

Nel mezzo di una conferenza stampa di Mhemeti, i tifosi della Triestina ritirarono nuovamente la concessione del marchio, facendolo staccare anche dalla sala stampa.

Mhemeti lasciò Trieste e la società fu acquistata da Marco Pontrelli, un suo ex consulente che riuscì a iscrivere la squadra al campionato di Serie D evitando un altro fallimento. I tifosi decisero di concedere gratuitamente alla nuova dirigenza il vecchio marchio della Triestina ma la gestione di Pontrelli non fu in grado di saldare i debiti creati dalle gestioni precedenti, nonostante la società fosse già ridotta all’osso. Iniziarono allora i pignoramenti degli incassi delle partite, di parte del materiale di proprietà della società e delle divise da gara. I tifosi ritirarono nuovamente la concessione del marchio.

Questo coincise con un altro momento bassissimo della storia della squadra, quando nel luglio del 2015 un bar di Trieste presentò al tribunale della città un’istanza di fallimento contro la Triestina per circa diecimila euro di pasti non pagati. La società riuscì a saldare il debito iniziale ma molti altri rimasero in sospeso fino al gennaio del 2016, quando anche Pontrelli lasciò la società all’imprenditore trevigiano Silvano Favarato, che però, dopo appena qualche settimana, quando la sua fideiussione per comprare la squadra fu rifiutata, non presentò altre offerte lasciando che la società fallisse.

La gestione di Milanese e Biasin, vista subito di buon occhio da molti tifosi, è iniziata nel gennaio 2016 con il versamento di una cauzione per garantire l’esercizio provvisorio e permettere alla squadra di finire il campionato nonostante il nuovo fallimento. Da allora – dopo che Milanese e Biasin hanno comprato all’asta l’intera società – il club si sta lentamente riorganizzando.

L’anno scorso la Triestina è riuscita a salvarsi in Serie D e quest’anno si è qualificata ai playoff per la promozione, vincendoli: per via delle complicate regole sui ripescaggi non è stato sufficiente per ottenere immediatamente la promozione in Serie C, che però è arrivata in seguito all’approvazione di un nuovo regolamento. Il giorno seguente la notizia dell’imminente promozione, la Triestina ha annunciato l’ingaggio di Giuseppe Sannino come nuovo allenatore, confermando le crescenti ambizioni societarie. Sannino ha infatti allenato Siena, Palermo, Chievo e Carpi in Serie A, il Watford nella Championship inglese e nella passata stagione la Salernitana in Serie B.

La sintesi della finale dei playoff di Serie D contro la Virtus Verona, con il gol promozione segnato al novantesimo.

Insieme al nuovo allenatore, nell’ultimo anno è arrivato anche un nuovo sponsor principale, Siderurgica Triestina, cioè la Ferriera di Servola. Per quanto l’annuncio della sponsorizzazione sia stato l’unico momento in cui la nuova società ha fatto i conti con numerose critiche – a causa delle polemiche che da anni circondano l’acciaieria, dove per via delle polveri e dei materiali rilasciati dalla fabbrica l’incidenza di tumori polmonari tra i lavoratori è molto alta – il contratto è anche un ulteriore segnale della nuova solidità del progetto di Milanese e Biasin.

«La Triestina è rinata è sta crescendo grazie al cuore, all’impegno e alla professionalità di Mauro, sostenuto da tifosi e sponsor. Quando sono venuto qui per la prima volta, nel maggio dell’anno scorso, mi sono trovato di fronte a Ground Zero. Abbiamo fatto molti passi in avanti, anche se senza stress. Preferirei giocare la prossima stagione in Serie C e faremo di tutto per ottenerla ma se non ce la facciamo il nostro progetto va avanti. Resterò a lungo nella Triestina», disse Biasin nel giorno della sua prima visita a Trieste in qualità di nuovo presidente.

Una delle prime interviste di Biasin a Trieste.

Parlando dei futuri piani del club, Milanese ha detto: «Con i tifosi bisogna esser seri e non raccontare frottole. Abbiamo già corso abbastanza, perché ci eravamo dati due anni per salire. In Serie C l’obiettivo è una salvezza tranquilla per poi migliorare gradualmente e salire piano piano, facendo attenzione al budget. Quindi salvarsi il prima possibile e solo dopo magari puntare ai primi dieci, che significa play-off: che lì poi con la curva piena del Rocco può succedere di tutto. Però vorrei una squadra simpatica in grado di mettere tutti in difficoltà. Poi tutto deve crescere, l’ambiente anche attorno alla squadra».

Lo stadio Nereo Rocco è infine il più grande potenziale a disposizione della società: uno stadio da 30.000 posti in grado di ospitare anche partite di Serie A che attualmente è in fase di ristrutturazione in vista degli Europei Under-21 del 2019, di cui Trieste sarà una delle città ospitanti. I lavori, concordati con la UEFA, riguarderanno la messa in sicurezza degli spogliatoi, il rifacimento di tribune e gradinate e la sostituzione di tutti i seggiolini. Dopo il Rocco, la società proverà a migliorare le proprie strutture d’allenamento, trascurate negli anni precedenti ma ora necessarie per la crescita del club e la riorganizzazione del settore giovanile.