È morto Stefano Rodotà

Aveva 84 anni ed era uno dei più stimati giuristi italiani, con importanti esperienze in politica

(Roberto Monaldo / LaPresse)
(Roberto Monaldo / LaPresse)

Stefano Rodotà, uno dei più famosi giuristi italiani, con passate importanti esperienze nella politica e nella pubblica amministrazione, è morto oggi. Aveva 84 anni. La camera ardente sarà allestita sabato 24 e domenica 25 giugno alla Camera dei deputati, a Roma.

Rodotà era nato a Cosenza ma si era trasferito a Roma già durante gli anni dell’università, e lì aveva vissuto per gran parte della sua vita. Considerato già un importante giurista negli anni Settanta, dopo una breve militanza nel Partito Radicale nel 1979 fu eletto alla Camera nelle liste del Partito Comunista Italiano come indipendente. Fu rieletto alla Camera nel 1983, nel 1987 e nel 1992; nel frattempo nel 1989 si era iscritto al Partito Democratico della Sinistra, di cui era diventato subito un importante dirigente. Nel 1992 fu vicino a essere eletto presidente della Camera, ma poi gli fu preferito Giorgio Napolitano; a quel punto lasciò il PdS e la politica, dicendo che «una piccola schiera di imbecilli ha ridotto tutto a una fame di poltrone che, se fosse esistita, molti erano pronti a saziare con ragguardevoli bocconi».

Nel 1997 Rodotà fu scelto come primo “garante della privacy”, cioè presidente dell’allora neonata agenzia per la protezione dei dati personali, incarico che ricoprì fino al 2005 (e che lo portò ad assumere simili responsabilità anche in Europa, sviluppando i suoi particolari interessi e competenze in quel settore). Proprio il suo lavoro di ricerca e divulgazione sui diritti legati all’informazione e alla privacy lo aveva reso particolarmente noto negli ultimi vent’anni, coinvolgendolo in varie iniziative di informazione e riforma delle leggi italiane in materia.

Negli anni Rodotà si era costruito una nuova popolarità come esperto giurista a favore dei diritti civili – aveva chiesto più volte la depenalizzazione dell’eutanasia, aveva parlato a favore del matrimonio gay – e opinionista critico dei governi di Silvio Berlusconi; aveva sostenuto che l’influsso della Chiesa cattolica rendesse l’Italia “un laboratorio del totalitarismo moderno” e aveva aderito a un appello della rivista MicroMega per l’ineleggibilità di Berlusconi.

L’altro momento di grande notorietà recente di Stefano Rodotà fu la decisione del Movimento 5 Stelle di candidarlo alla presidenza della Repubblica nel 2013, subito dopo le elezioni politiche. Rodotà fu votato anche dai parlamentari di Sinistra Ecologia Libertà ma non riuscì a essere eletto. Rodotà fu criticato per aver accettato quella candidatura – anche perché poco tempo prima aveva definito “pericoloso” Beppe Grillo – ma aveva detto di continuare a considerarsi ” un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro”. Qualche mese dopo fu criticato duramente anche dallo stesso leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, che lo definì un «ottuagenario miracolato dalla rete» (spiegando poi che si sarebbe trattato di una battuta dello stesso Rodotà).

Era il padre di Maria Laura Rodotà, giornalista del Corriere della Sera.