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  • Giovedì 22 giugno 2017

L’ISIS ha distrutto la più famosa moschea di Mosul

Era uno dei monumenti più riconoscibili della città, con il suo minareto inclinato: sarebbe diventato il simbolo della sconfitta dell'ISIS

Il minareto della Grande Moschea di al Nuri in una foto scattata il 20 giugno 2017 (MOHAMED EL-SHAHED/AFP/Getty Images)
Il minareto della Grande Moschea di al Nuri in una foto scattata il 20 giugno 2017 (MOHAMED EL-SHAHED/AFP/Getty Images)

Ieri lo Stato Islamico (o ISIS) ha distrutto la moschea più importante di Mosul, la Grande Moschea di al Nuri, quella da cui Abu Bakr al Baghdadi annunciò la nascita del Califfato Islamico nell’estate del 2014. La moschea e il suo minareto – molto riconoscibile perché inclinato – sono stati per secoli uno dei simboli più noti della città, raffigurati anche sulla banconota da 10mila dinari iracheni. Si trovavano in mezzo alla zona di Mosul occidentale ancora controllata dallo Stato Islamico e circondata da tutti i lati dall’esercito iracheno. La loro distruzione, confermata da alcune immagini satellitari diffuse dal Comando centrale dell’esercito americano e da un video, priverà gli iracheni del simbolo forse più importante della loro vittoria nella guerra contro lo Stato Islamico.

Venerdì anche lo Stato Islamico ha diffuso un video della moschea, dopo la sua distruzione.

La Grande Moschea di al Nuri fu costruita da Nur al Din Mahmoud Zangi, che nel Dodicesimo secolo unì le forze arabe contro i Crociati provenienti dall’Europa. Rasha al Aqeedi, irachena di Mosul e oggi analista al Al Mesbar Studies and Research Center a Dubai, ha detto al New York Times, riferendosi alla moschea: «La puoi trovare sulle banconote, negli album delle fotografie. È ovunque. Non so come spiegarlo. È qualcosa in cui le persone si sono sempre identificate perché è sempre stata lì. Ci si immaginava la bandiera irachena su questa moschea, e tutti a farsi dei selfie».

dinariIl retro della banconota da 10mila dinari iracheni

Mercoledì mattina l’esercito iracheno aveva annunciato per il giorno successivo l’inizio di un’offensiva militare per riconquistare la moschea, che avrebbe di fatto simboleggiato la sconfitta definitiva dello Stato Islamico a Mosul. Diverse ore dopo gli iracheni hanno però diffuso un altro comunicato per dire che lo Stato Islamico l’aveva distrutta. Lo Stato Islamico ha confermato la notizia dando però la colpa a un attacco aereo americano, accusa smentita dal Comando centrale degli Stati Uniti.

mosul-mapLa Grande Moschea di al Nuri si trovava in mezzo alla zona di Mosul occidentale ancora controllata dallo Stato Islamico, in nero, e circondata dall’esercito iracheno, in rosso (Liveuamap)

L’impressione è che lo Stato Islamico abbia voluto togliere ai soldati iracheni l’immagine potenzialmente più iconica della sua sconfitta a Mosul, e allo stesso tempo abbia provato a incolpare gli americani. Tra molti arabi sunniti del Medio Oriente circolano infatti da anni moltissime teorie complottiste sulla nascita dello Stato Islamico, che spesso si considera come uno strumento nelle mani di qualche nemico, come l’Iran sciita, l’Occidente o Israele. La distruzione della Grande Moschea di al Nuri potrebbe alimentare ancora di più queste teorie, soprattutto tra gli abitanti di Mosul, città a grande maggioranza sunnita e molto diffidente nei confronti del governo centrale di Baghdad, che dalla destituzione di Saddam Hussein, nel 2003, è controllato dagli sciiti.

satellitariDue foto satellitari a confronto della Grande Moschea di al Nuri: quella a sinistra è del 19 febbraio, quella a destra del 21 giugno (Agence France-Presse — Getty Images)

Nel corso degli ultimi anni lo Stato Islamico ha distrutto sistematicamente moltissimi importanti siti archeologici e monumenti storici: solo a Mosul, la tomba del profeta biblico Giona, il museo cittadino e l’antica città assira di Nimrud. L’Unesco ha definito più volte le distruzioni sistematiche “crimini contro l’umanità”. Mercoledì il primo ministro iracheno Haider al Abadi ha detto che la distruzione della Grande Moschea di al Nuri è «l’annuncio ufficiale della sconfitta dello Stato Islamico».