La Nuova Zelanda vuole salvare i suoi insetti giganti

Il difficile lavoro degli entomologi per salvare le specie di weta gigante, il "dio di tutte le cose brutte", minacciate dai roditori portati secoli fa sulle isole neozelandesi

Un esemplare di Deinacrida heteracantha (Wikimedia)
Un esemplare di Deinacrida heteracantha (Wikimedia)

I weta giganti sono tra gli insetti più grandi al mondo, ma chi si lascia intimorire anche da una comune cavalletta non ha molto da temere: vivono solo in alcune aree della Nuova Zelanda, dall’altra parte del pianeta. I weta raggiungono le dimensioni di un topo, ma sono comunque insetti non pericolosi per l’uomo e piuttosto mansueti. Ed è proprio la loro mansuetudine a metterli a rischio e a esporli all’interesse dei predatori, per lo più roditori, attirati dal caratteristico odore che emettono. Il problema della caccia ai weta giganti si è fatto piuttosto serio negli ultimi anni, al punto da spingere diversi entomologi neozelandesi a creare riserve, come quella di Warrenheip, nelle quali tenere alla larga i predatori e consentire lo sviluppo di nuove colonie di weta.

La parola “weta” in maori significa “dio delle cose brutte”, e in effetti a osservarli questi insetti non sono degli adoni. Ne esistono 11 specie con le più grandi che arrivano a misurare 10 centimetri di lunghezza, escludendo le zampe, e a pesare fino a 35 grammi. Durante le ore di luce se ne stanno rintanati all’ombra o sottoterra, mentre di notte escono allo scoperto per nutrirsi per lo più di foglie, anche se alcune specie sono praticamente onnivore. I weta non possono né volare né pungere, quindi sono quasi del tutto impreparati ad affrontare i predatori e a mettersi rapidamente in salvo. Questa loro inadeguatezza è dovuta a come andarono le cose sulla Terra milioni di anni fa.

Circa 65 milioni anni fa, dopo la scomparsa dei dinosauri, iniziarono a comparire e poi a proliferare sulla Terra piccoli animali pelosi, con quattro zampe, portando pian piano allo sviluppo di migliaia di specie di mammiferi. La Nuova Zelanda si era però separata dal resto dei continenti con 15 milioni di anni di anticipo, ed era quindi troppo distante dalle altre masse di terra per consentire ad alcuni mammiferi di trasferirsi sulle sue isole (fatta eccezione per una specie di pipistrello). La mancanza di mammiferi, e quindi di molti famelici predatori, portò uccelli e insetti a proliferare enormemente.

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Fu in queste condizioni privilegiate che i weta iniziarono a crescere in numero, con alcune specie che diventavano sempre più grandi, occupando uno spazio che negli altri ecosistemi in giro per il mondo è solitamente dei roditori. Si svilupparono diverse specie, più adattate alla vita sugli alberi, a quella di predatori di piccoli insetti, mentre altre divennero simili a grandi cavallette ghiotte di erba e foglie. Probabilmente i weta contribuirono con la loro alimentazione, e gli escrementi, a diffondere i semi delle piante endemiche rendendo ancora più rigogliosa la Nuova Zelanda.

Dopo milioni di anni di evoluzione e di vita sostanzialmente indisturbata, i weta giganti ebbero i loro primi seri problemi circa 800 anni fa, quando i ratti polinesiani arrivarono in Nuova Zelanda, trasportati sulle canoe dagli inconsapevoli esploratori della Polinesia. Nei secoli seguenti sulle isole neozelandesi arrivano altri ratti, questa volta trasportati dalle navi degli esploratori e colonizzatori europei. Questi animali ebbero da subito la meglio sui weta giganti e sugli uccelli con meno difese, che non potevano nemmeno volare. La popolazione degli insetti giganti iniziò a declinare, anche se ne restavano colonie sulle isole più sperdute e inaccessibili.

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Come spiega Elizabeth Pennisi su Science, la salvezza per una specie di weta gigante, Deinacrida mahoenui, arrivò paradossalmente proprio grazie a una pianta invasiva introdotta in Nuova Zelanda nell’Ottocento. Nel 1962 gli entomologi trovarono alcuni esemplari di questi insetti nascosti in un cespuglio di ginestra spinosa: i rami fitti offrivano un ottimo nascondiglio, inaccessibile ai predatori. Nel 1990 la zona, nell’Isola del Nord, fu resa un’area protetta per favorire l’aumento della popolazione di weta giganti, sperimentando anche la loro introduzione in altri punti della Nuova Zelanda, un tempo abitati da queste specie. Ma le traversie per questi insetti non erano finite.

Negli ultimi anni la vegetazione nella riserva è mutata sensibilmente, con la progressiva scomparsa della ginestra spinosa e quindi minori protezioni per i weta giganti. La loro popolazione è diminuita di molto dicono gli entomologi, la cui nuova speranza è un’altra riserva, quella di Warrenheip, dove sono conservate alcune centinaia di questi insetti, allo scopo di produrre nuove popolazioni da inserire nelle aree dove è più scarsa la presenza di mammiferi.

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Si stima che in tutto il mondo ci siano tra i 6 e i 10 milioni di specie diverse di insetti, potenzialmente il 90 per cento di tutte le varie forme di vita esistenti sul nostro pianeta. Sono praticamente ovunque e la loro abbondanza ha reso per ora poco diffuse le tecniche per conservarle e salvare quelle più a rischio. Negli ultimi decenni è maturata una maggiora consapevolezza sul tema, ma spesso mancano le risorse economiche e l’interesse per tutelare specie meno attraenti rispetto a un grande felino. Tutt’altro che scoraggiati dalla reputazione dei loro ospiti, gli entomologi di Warrenheip proseguono da anni il loro lavoro nella riserva, allevando centinaia di enormi insetti che un tempo popolavano indisturbati la Nuova Zelanda, nella speranza di poterli liberare un giorno al riparo dai roditori invasori.