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  • Lunedì 12 giugno 2017

Quanto durerà Theresa May?

Grazie agli Unionisti nord irlandesi la prima ministra uscente ha la maggioranza in Parlamento, ma i Conservatori sembrano molto divisi e i Laburisti in gran forma

(Victoria Jones/Pool via AP)
(Victoria Jones/Pool via AP)

Venerdì mattina, parlando davanti alla sua residenza di Downing Street, la prima ministra britannica Theresa May ha provato a tranquillizzare i suoi elettori e il suo partito dopo il cattivo risultato elettorale di poche ore prima. May stava provando a mostrare ottimismo, dopo una notte molto turbolenta che da trionfo politico si era trasformata in fallimento, e che era finita con i telegiornali che parlavano delle sue dimissioni. Citando “l’interesse nazionale” e il bisogno di stabilità, May ha detto che aveva trovato un accordo con con il Partito Democratico Unionista (DUP) e che avrebbe governato per cinque anni. Nel corso del fine settimana, per provare a riallacciare i rapporti con i più delusi del suo partito, ha fatto un piccolo rimpasto di governo e ha licenziato i suoi più stretti consiglieri: ancora oggi è stata però costretta a posticipare il discorso programmatico del governo previsto per settimana prossima – perché di fatto le manca ancora un programma – e in molti dubitano che riuscirà a governare davvero per cinque anni.

Il Queen’s Speech – il discorso in cui ogni anno il governo presenta il suo programma legislativo – avrebbe dovuto tenersi lunedì 19 giugno, ma i giornali oggi hanno scritto che sarà posticipato di qualche giorno, per permettere ai Conservatori di assicurarsi il sostegno del DUP, il partito di destra nord irlandese di cui aveva parlato già May nel suo discorso di venerdì ma che da allora si è mostrato più freddo rispetto all’accordo (e poi ci sono i tempi tecnici: il Queen’s Speech va scritto su una pergamena di pelle di capra a cui occorrono alcuni giorni per asciugare). I contatti tra i Conservatori e il DUP sarebbero cominciati ufficiosamente già la notte stessa delle elezioni e da domani potrebbero portarli avanti direttamente Theresa May e la leader del DUP, Arlene Foster. L’accordo probabilmente si troverà, ma i Conservatori dovranno fare delle concessioni: dovranno cedere qualcosa, perché non potranno più contare su una maggioranza parlamentare formata solo da loro.

Se il DUP è considerato dai Conservatori un alleato relativamente affidabile, farlo entrare nella maggioranza di governo potrebbe causare a May qualche grattacapo dentro al suo stesso partito, dove in molti tollerano poco le posizioni estremamente conservatrici del DUP sui diritti delle donne e dei gay o la sua storica vicinanza con alcuni gruppi paramilitari unionisti nord irlandesi. Per fare un esempio: dopo il discorso di venerdì di May, la leader del partito Conservatore Scozzese, Ruth Davidson, che è gay, ha chiesto rassicurazioni sul rischio che l’alleanza porti anche i Conservatori a fare qualche passo indietro sui diritti LGBT. Oppure: su Brexit il DUP ha una posizione leggermente più moderata di quella di May e di molti parlamentari Conservatori, che farebbero fatica ad accettare di arrivare alle trattative con la Unione Europea con una posizione più morbida.

A questi potenziali problemi, si aggiunte la posizione di debolezza in cui si trova ora Theresa May dentro al partito Conservatore, di cui era diventata leader al posto di David Cameron dopo il referendum su Brexit. Lo scorso aprile – convinta anche dai sondaggi che la davano in grandissimo vantaggio su tutti gli altri partiti – May aveva indetto elezioni anticipate per allargare la sua maggioranza, ma ha finito col perderla del tutto e in modo abbastanza clamoroso. La mattina dopo il voto si parlava apertamente delle sue dimissioni e della possibilità che qualche altro pezzo grosso del suo partito potesse approfittare del suo momento di difficoltà per prendere il suo posto. Per proteggersi, May sta cercando di tenersi vicini i suoi principali rivali: ha fatto entrare nel governo Michael Gove – che l’aveva sfidata alle primarie di un anno fa – e ha mantenuto in posizioni di ministro altri leader importanti, come l’ex sindaco di Londra Boris Johnson, ministro degli Esteri.

Per il momento, gli unici a pagare per la sconfitta sono stati Nick Timothy e Fiona Hill, due importanti consiglieri personali di May molto criticati dal resto del partito. Timothy e Hill hanno presentato le loro dimissioni nel corso del fine settimana. In risposta, Boris Johnson ha detto in un’intervista di appoggiare May, mentre i giornali hanno fatto circolare una serie di suoi messaggi inviati a un chat di deputati conservatori in cui chiedeva di “sostenere” il primo ministro. Secondo i giornali britannici, questa atmosfera di concordia è però solo apparente. I messaggi di Johnson sarebbero stati scritti soltanto per essere fatti arrivare ai giornali e l’ex sindaco starebbe solo aspettando il momento più opportuno per provare a sfiduciare May dentro al partito. «Solo pochi parlamentari dubitano che Johnson farà un tentativo di prendersi il partito», scrive il Guardian.

In tutto questo, May deve fare i conti anche con i Laburisti di Jeremy Corbyn, che alle elezioni sono andati molto bene. I voti laburisti sono cresciuti di circa il 10 per cento rispetto alle ultime elezioni, quelle del 2015, mentre i consensi dei conservatori sono cresciuti di circa la metà. Nel voto popolare, il Partito Laburista è arrivato a soli tre punti percentuali dai conservatori, un recupero straordinario se si considera che i sondaggi gli attribuivano un distacco di 20 punti fino a un paio di mesi fa. Corbyn – che è considerato il vincitore “politico” delle ultime elezioni – ha detto che il suo obiettivo è arrivare a un voto di sfiducia nei confronti del governo May e di riportare il paese a elezioni nelle prossime settimane o nei prossimi mesi.

La strada per raggiungere questo obiettivo potrebbe iniziare con un voto contrario del Parlamento al Queen’s speech: non causerebbe immediatamente una crisi di governo, ma potrebbe aprire a un voto di sfiducia e comunque dimostrare che il nuovo governo May non ha i numeri per andare avanti. Corbyn ha detto anche che intende proporre un suo Queen’s speech alternativo e cercare una maggioranza alternativa in questo Parlamento (anche se numeri alla mano non sembra avere grandi possibilità di riuscirci: i Conservatori e il DUP potrebbero contare su 327 voti in Parlamento, 5 in più della maggioranza matematica). Secondo alcuni sondaggi realizzati nel fine settimana, i Laburisti sarebbero ora in vantaggio di sei punti percentuali sui Conservatori e sembrano convinti che se si arrivasse a elezioni anticipate nei prossimi mesi potrebbero vincerle.

Se May dovesse riuscire a ottenere l’appoggio del DUP, l’unico modo per far passare una sfiducia al governo May sarebbe la defezione di alcuni parlamentari Conservatori, uno scenario che nell’attuale situazione non è da escludere del tutto, ma che è comunque difficile da prevedere: quale parlamentare conservatore preferirebbe in questo momento un governo Corbyn a un governo May, viste le posizioni molto di sinistra del leader Laburista?