C’è un enorme scandalo fiscale in Germania

Il più grande dal dopoguerra, dicono da quelle parti: un gruppo di banchieri e avvocati avrebbe sottratto allo stato 31,8 miliardi di euro

Un broker di Francoforte,
marzo 2017 (AP Photo/Michael Probst)
Un broker di Francoforte, marzo 2017 (AP Photo/Michael Probst)

Alcuni giornali tedeschi hanno pubblicato in questi giorni una lunga inchiesta, ripresa anche dai giornali internazionali, su quello che è stato definito il più grande scandalo fiscale nella storia della Germania dal dopoguerra a oggi. La vicenda è molto complicata ma, riassume BBC, coinvolge un gruppo internazionale di banchieri, avvocati e consulenti che sfruttando alcune disfunzioni del sistema fiscale tedesco, con pratiche che i tribunali dovranno ora decidere se siano state illegali, sono riusciti a evadere le tasse per circa 32 miliardi di euro (la cifra non è ufficiale, ma è stata calcolata da alcuni esperti). Il settimanale Die Zeit ha fatto notare che la somma sottratta sarebbe stata più che sufficiente a coprire il costo della gestione dei rifugiati accolti in Germania per un anno intero.

La storia è iniziata nel giugno del 2011 ed è stata scoperta solo grazie a una giovane dipendente dell’Agenzia federale delle entrate della Germania, che ha scelto di restare anonima («non sono un’eroina, ho solo fatto il mio lavoro», ha spiegato). La funzionaria, da poco assunta, si era insospettita per una richiesta di rimborsi insolitamente alta arrivata da un fondo pensione statunitense. In soli due mesi il richiedente, cioè il fondo, aveva acquistato titoli tedeschi per un valore di 6,4 miliardi di euro, che aveva rivenduto poco dopo avanzando la domanda di restituzione di imposte pari a quasi 54 milioni di euro. Il fondo, nonostante le cifre molto alte di cui si stava parlando, aveva un solo beneficiario, e questo aveva spinto la funzionaria a fare delle ricerche e a inviare al fondo una lunga lista di domande. In quello stesso momento, scrive Die Zeit, alcuni «banchieri, broker, consulenti e investitori sono entrati nel panico, in tutto il mondo: a New York, a Londra e Basilea, a Monaco di Baviera, a Francoforte e a Neumarkt».

Le domande della funzionaria avevano ottenuto una risposta molto evasiva da parte di una serie di studi legali, e lei stessa era stata minacciata personalmente di essere citata in giudizio se non avesse al più presto corrisposto alle richieste di rimborsi. Questo aveva spinto la funzionaria a proseguire nella ricerca, a coinvolgere altri suoi colleghi e a studiare sempre nel 2011 altri dieci casi sospetti pescandoli tra le circa 20 mila richieste di rimborsi fiscali arrivate quell’anno. Tutto questo lavoro aveva portato, alla fine, i procuratori generali ad avviare delle indagini e il Bundestag a creare una speciale commissione di inchiesta. Nel frattempo un gruppo di giornalisti si è messo al lavoro, ha studiato con l’aiuto di alcuni esperti tutti i documenti a disposizione, ha parlato con le persone coinvolte e ha viaggiato negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Svizzera alla ricerca di informazioni. Le loro conclusioni sono state pubblicate la sera di giovedì 8 giugno.

Si pensa che queste pratiche abbiano coinvolto, oltre che singole persone, anche 40 banche tedesche e numerosi altri istituti finanziari in tutto il mondo, e che complessivamente la Germania abbia subito perdite pari ad almeno 31,8 miliardi di euro. Oltre alle banche sono coinvolti anche avvocati, consulenti e singoli professionisti. Quando nel 2016 Michael Sell, responsabile del dipartimento fiscale del ministero delle Finanze tedesco, partecipò alla commissione di inchiesta del Bundestag, parlò di «criminalità organizzata». Il caso potrebbe avere una portata molto vasta, perché se alcune banche già in difficoltà finanziaria fossero costrette a versare milioni di euro allo Stato potrebbero rischiare il fallimento.

Non è ancora chiaro se le operazioni di questo complesso sistema siano legali oppure no: Die Zeit scrive che è una questione che i tribunali dovranno decidere. E scrive anche che la maggior parte degli esperti legali che hanno esaminato la storia considerano almeno una parte di queste operazioni come illegali. Le operazioni erano basate su un principio: ricevere rimborsi fiscali a cui in realtà non si aveva diritto, cioè su tasse di fatto mai pagate. I media tedeschi hanno semplificato i metodi utilizzati dal gruppo in due tipologie: nel primo caso, sul quale ci sono dubbi di legittimità, le banche e gli agenti di borsa tedeschi hanno acquistato e venduto azioni a investitori stranieri in modo da consentire loro di richiedere un rimborso fiscale sul guadagno al quale, in quanto stranieri, non avrebbero avuto diritto. Nel secondo caso (una variante più complessa del primo), gli investitori e le banche hanno acquistato e venduto azioni appena prima e subito dopo il pagamento dei dividendi. Sfruttando una procedura che consente a più persone o istituti di possedere contemporaneamente una quota, sono stati in grado di richiedere rimborsi multipli per una singola pratica: una tassa che è stata pagata una sola volta è stata insomma rimborsata due volte o più. La pratica è diventata illegale nel 2012.