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  • Lunedì 5 giugno 2017

I laici che vivono in Vaticano

Sono pochi, pagano poco la benzina, hanno il bancomat in latino e una cittadinanza provvisoria: ne ha parlato Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera

("The Young Pope")
("The Young Pope")

Gian Guido Vecchi, il vaticanista del Corriere della Sera, ha raccontato in un articolo chi sono, quanti sono e come vivono i cittadini laici della Città del Vaticano, lo stato più piccolo al mondo. Sono 62 in tutto (a parte i 105 militari), e «a loro si aggiungono 6 uomini e 16 donne residenti ma non cittadini». Hanno diversi vantaggi, per esempio molti negozi particolarmente vicini a casa, «tutti felicemente alieni da tassazione»; ma anche svantaggi, perché se non si torna presto la sera bisogna citofonare alle guardie svizzere. Vivono tutti i giorni in mezzo a qualche stramberia, come i «leggendari bancomat in latino». C’è anche un particolare meccanismo di cittadinanza: è provvisoria, «data (o tolta) dal Papa o dai suoi delegati».

«Una volta qui nascevano anche i bambini», ti raccontano con un velo di malinconia, appena varcata Porta Sant’Anna. Come in una delle città invisibili di Italo Calvino, diversa è la realtà e il discorso che la descrive. Film e opere letterarie hanno fatto del Vaticano un luogo mitico. E del resto, dalla Sistina alla Loggia di Raffaello, la bellezza di un patrimonio artistico senza eguali mostra che secoli di Storia, quella con la maiuscola, sono passati da qui. Ma c’è un mondo piccolo, quotidiano, che pochi conoscono. Un mondo che sta cambiando e in parte sparendo, peraltro. «Negli Anni Settanta la parrocchia aveva due squadre di calcio, pullulava di ragazzi e ragazze, c’era il biliardino…». Padre Bruno Silvestrini, agostiniano, è il «parroco» del Vaticano dal 2006. Battesimi, cresime, matrimoni, la chiesa al confine con l’Italia è assai richiesta, a Sant’Anna arrivano da tutto il mondo. Al pomeriggio si vedono alcuni dipendenti vaticani recitare i Vespri prima di rientrare a casa. Però di parrocchiani propriamente detti, cittadini vaticani laici, ce n’è sempre meno. Gli svizzeri e le loro famiglie, più che altro, ma quello è un mondo a parte, tra la caserma e gli appartamenti degli ufficiali.

Per il resto, i cittadini laici sono sempre più rari. Ruoli di primo piano come il comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, o il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian. Qualche responsabile di servizi meno visibili ma necessari. Gli ultimi dati, forniti al Corriere e aggiornati ad aprile, registrano 605 cittadini, di cui 439 abitanti nello Stato, e 199 residenti. Tra i cittadini si contano solo 26 laici (a parte i 105 militari) e 36 laiche, 62 in tutto compresi mogli, figlie e figli delle guardie svizzere. A loro si aggiungono 6 uomini e 16 donne residenti ma non cittadini. Non che i numeri siano mai stati consistenti, ma la riduzione è evidente e progressiva. Ottant’anni fa, nel censimento del 31 dicembre 1936, c’erano 746 cittadini e tra questi 94 sacerdoti, 37 religiosi e 615 laici con 324 coniugati tra uomini e donne.

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