Stiamo finendo la sabbia

Non quella dei deserti, ma quella che usiamo per costruire strade e palazzi, e produrre finestre e smartphone

La sabbia del deserto, come quella del deserto di Rimah, negli Emirati Arabi Uniti, nella foto, non va bene per costruire infrastrutture (KARIM SAHIB/AFP/Getty Images)
La sabbia del deserto, come quella del deserto di Rimah, negli Emirati Arabi Uniti, nella foto, non va bene per costruire infrastrutture (KARIM SAHIB/AFP/Getty Images)

La sabbia è una di quelle risorse naturali che ci aspettiamo non finisca mai, come l’acqua: la Terra è in gran parte coperta dagli oceani e ci sono grandi porzioni del pianeta coperte dai deserti. Eppure le cose non sono così semplici, né per l’acqua né per la sabbia, che anzi alla fine dei conti è abbastanza rara, almeno quella che serve per costruire infrastrutture o produrre degli oggetti. La sabbia, o meglio tutti i tipi di aggregati naturali (tra cui anche la ghiaia e l’argilla) sono la seconda risorsa naturale più sfruttata al mondo dopo l’acqua. Nel 2014 il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente ha pubblicato un rapporto intitolato Sand, Rarer Than One Thinks, cioè “Sabbia: più rara di quanto si potrebbe pensare”, per segnalare che la quantità di sabbia e ghiaia che ogni anno viene ricavata dalle miniere e dai fondali marini è eccessiva rispetto alla velocità con cui si formano in natura.

La sabbia usata nelle costruzioni serve per produrre il calcestruzzo – ne costituisce l’80 per cento – e l’asfalto – il 94 per cento – e viene usata anche nelle fondamenta delle strutture fatte di calcestruzzo e asfalto, quindi strade, edifici e parcheggi, tra gli altri. L’aumento della domanda di sabbia è avvenuto in gran parte per via della crescita nel settore edilizio in Cina e in India. Attualmente un quinto delle importazioni mondiali di sabbia avvengono nella sola Cina e dal 2012 al 2016 il paese ha usato più sabbia di quanta ne sia stata usata dagli Stati Uniti nell’ultimo secolo, secondo lo scienziato Pascal Peduzzi, direttore di una delle divisioni del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Nel 2004 l’American Geological Institute ha stimato che negli Stati Uniti per costruire un tratto di corsia autostradale lungo un chilometro e mezzo vengono usate 38mila tonnellate di sabbia: le autorità cinesi hanno detto che entro il 2030 sperano di completare la costruzione di una rete stradale lunga più di 260mila chilometri. In India la sabbia è così richiesta e rara che viene ricavata illegalmente dai letti dei fiumi e da altri ambienti naturali e poi venduta da gruppi criminali.

I vetri delle finestre, i bicchieri e gli schermi dei cellulari sono prodotti a partire dalla sabbia, che serve anche per filtrare l’acqua e per ottenere petrolio e gas naturale dal sottosuolo. La sabbia è usata anche per la sabbiatura dei prodotti metallici (è un processo che serve per pulire le superfici), per far funzionare i macchinari per il taglio ad acqua e, nelle fonderie, per fare gli stampi usati per creare vari oggetti di metallo. La sabbia poi viene acquistata anche per rimpiazzare quella che viene trascinata via dall’oceano e dalle tempeste e costruire delle barricate a protezione delle coste. È un problema sentito, per esempio, a Miami negli Stati Uniti e in una piccola isola tedesca nel mare del Nord.

Una delle ragioni per cui la sabbia è più rara di quel che si pensa è che non tutta quella che c’è sulla Terra è adatta per l’uso nel settore edilizio e industriale. Esistono vari tipi di sabbia in tutto il mondo che vengono classificati in base alle dimensioni e alla forma dei singoli granelli: la sabbia del deserto ha una forma particolarmente arrotondata, dovuta ai forti venti che spingendo i granelli gli uni contro gli altri fanno sì che abbiano angoli smussati, mentre la sabbia dei letti dei fiumi è più spigolosa. A seconda della grandezza dei granelli e della loro forma – a cui corrispondono diverse proprietà – un tipo di sabbia può essere più o meno utile in campo edilizio o industriale. È possibile produrre sabbia artificiale usando materiali riciclati, ma le possibilità sono limitate. Un’altra ragione della rarità della sabbia è che sta finendo nelle miniere usate finora e non se ne possono aprire di nuove perché spesso i depositi di sabbia si trovano sotto le città o sotto parchi naturali.

Anche la sabbia dei deserti non va bene per gli usi industriali: i suoi granelli sono troppo arrotondati per essere usati per produrre calcestruzzo e asfalto e sono troppo piccoli per filtrare l’acqua. A Dubai per costruire il grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa, è stata importata sabbia dall’Australia. Per la realizzazione delle isole artificiali chiamate Palm Island invece sono state sbriciolate rocce provenienti da varie miniere degli Emirati Arabi Uniti, e sono state usate centinaia di milioni di tonnellate di sabbia ottenuta dai fondali del golfo Persico.

La rarità della sabbia è connessa in vario modo a questioni ambientali. Proteggere spiagge e isole aggiungendo sabbia alle spiagge o ai frangiflutti ha l’effetto negativo di danneggiare l’ambiente cercando di ripararlo, visto che prendendo la sabbia dai fondali oceanici si danneggia l’ecosistema marino: secondo le Nazioni Unite l’estrazione di sabbia dai fondali del golfo Persico per costruire le isole artificiali di Dubai ha distrutto barriere coralline e altri tipi di habitat, uccidendo moltissime creature marine; quando la sabbia viene prelevata una parte si mescola all’acqua e soffoca i pesci. In tutti gli altri contesti, la sabbia va comunque estratta dal sottosuolo e poi trasportata dove serve, spesso molto lontano rispetto al luogo di estrazione; per esempio in Florida, lo stato di Miami, la sabbia deve essere importata dal Messico, perché quella locale non è adatta per l’edilizia. Inoltre la sabbia serve anche per produrre oggetti come i pannelli solari e le turbine eoliche, il cui uso dovrebbe ridurre i consumi energetici e quindi l’inquinamento.