Il Tar del Lazio ha bocciato le nomine di alcuni direttori dei musei italiani

Sono quelle fatte nel 2015 dopo un processo di selezione internazionale, che ha portato alla scelta di alcuni direttori stranieri

(Vincenzo Livieri - LaPresse)
(Vincenzo Livieri - LaPresse)

Il Tar del Lazio (cioè il tribunale amministrativo regionale) ha bocciato con due sentenze la nomina di cinque dei venti direttori di importanti musei italiani, scelti nel 2015 dal ministero dei Beni Culturali, il cui ministro era ed è ancora Dario Franceschini. I direttori erano stati scelti con una procedura di selezione internazionale e sette erano stranieri: erano stati scelti da una commissione composta da docenti universitari, storici dell’arte e dirigenti di importanti musei internazionali.

Antonello Cherchi ha spiegato sul Sole 24 Ore cosa è stato bocciato dal Tar del Lazio: secondo i giudici «le procedure di selezione sono viziate in più punti» che riguardano, in sintesi, «i criteri di valutazione dei candidati ammessi», il fatto che certi colloqui siano avvenuti a porte chiuse o via Skype (ma comunque «senza la presenza di uditori estranei») e il fatto che il bando «non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani». La sentenza ha avuto effetto immediato: i cinque direttori in questione sono decaduti dall’incarico. Il ministero dei Beni Culturali farà ricorso al Consiglio di Stato per annullare la sentenza del TAR. Non tutti i ricorsi presentati contro le nomine di Franceschini sono stati accolti: due che in particolare riguardano Eike Schmidt della Galleria degli Uffizi di Firenze e Cecile Holberg della Galleria dell’Accademia di Firenze sono stati respinti perché il TAR non li ha giudicati fondati (nessuno dei due tirava in ballo la nazionalità dei due direttori). Schmidt e Holberg, per ora, hanno mantenuto il loro incarico.

È da tre anni che i dati di visite e incassi dei musei italiani sono in crescita, ma la crescita più evidente è stata nel 2016, anno in cui ci sono stati 44,5 milioni di visitatori (il 4 per cento in più rispetto all’anno precedente) e incassi per oltre 172 milioni di euro (il 12 per cento in più rispetto al 2015). A inizio maggio Marco Menduni ne ha scritto sulla Stampa nell’articolo intitolato La riscossa dei musei italiani salvati dai direttori stranieri“.

l Tar del Lazio ha inferto un duro colpo alla riforma dei musei voluta dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. Con due sentenze depositate ieri, i giudici hanno bocciato la nomina di cinque dei venti direttori dei super-musei. È, però, l’intero meccanismo a vacillare, perché il Tar ha ritenuto che non ci fossero le condizioni per aprire le selezioni a candidati internazionali e sette dei direttori sono stranieri, tra i quali quelli del parco archeologico di Paestum e del Palazzo Ducale di Mantova, interessati direttamente dal verdetto del Tar.

La palla passerà al Consiglio di Stato
La riforma Franceschini ha, tra l’altro, assegnato a una serie di musei – venti in prima battuta, ai quali se ne sono poi aggiunti altri dodici – la piena autonomia organizzativa, scientifica, finanziaria e contabile e ha indetto una selezione internazionale per scegliere i direttori. I primi venti istituti hanno iniziato a funzionare con la nuova veste da dicembre 2015 e i risultati del nuovo corso si possono già apprezzare in termini di numero di visitatori e di iniziative. Si tratterà ora di vedere se le censure del Tar resisteranno al vaglio del Consiglio di Stato, poiché è presumibile che il ministero ricorrerà in appello presso Palazzo Spada. Se così fosse, la riforma Franceschini dovrà riportare le lancette indietro e rimettere mano a tutte le nomine.

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