Perché a Cannes si fischia e si fanno così tante standing ovation?

Ormai è una specie di tradizione, ma spesso non è un buon indicatore per capire come andrà quel film, al botteghino e allo stesso festival

(FRANCOIS GUILLOT/AFP/Getty Images)
(FRANCOIS GUILLOT/AFP/Getty Images)

La 70esima edizione del Festival del cinema di Cannes – il più importante al mondo – è iniziata il 17 maggio e a chi dovesse seguirne le vicende (e non solo le tante e belle foto) capiterà di leggere di proiezioni di film seguite da fischi o, al contrario, da standing ovation accompagnate da lunghi e sonori applausi. Capita ogni anno e capita piuttosto spesso: altre volte i fischi si mischiano invece agli applausi, finché una delle due reazioni non diventa maggioritaria. Todd VanDerWerff ha scritto su Vox che «si potrebbe pensare che quelli che partecipano al festival [soprattutto giornalisti e professionisti del cinema] abbiano due sole modalità: andare in visibilio e alzarsi in piedi oppure mettersi con rabbia a fare “buuu” verso i registi e gli attori che hanno osato mancare di rispetto al grande schermo».

In molti altri importanti festival cinematografici, compreso quello di Venezia, è più raro sentire fischi o assistere a lunghe standing ovation. Non esiste un vero e proprio motivo per cui a Cannes sia ormai abitudine fischiare o applaudire con grande enfasi, anche per diversi minuti, ma ormai è quasi una tradizione. Non è poi nemmeno detto che un film fischiato vada male – nei cinema o magari agli Oscar – o che un film accolto con una standing ovation di dieci minuti ottenga poi qualche altro tipo di successo a Cannes, nei cinema o nelle recensioni di tutti i giornalisti che non erano a vederlo al festival. A Cannes sono stati per esempio fischiati Pulp Fiction di Quentin Tarantino e Taxi Driver di Martin Scorsese, due film che poi vinsero la Palma d’oro: il premio più importante, assegnato da una giuria di poche persone. Qualche anno fa la Brooklyn Academy of Music organizzò una rassegna dal titolo “Fischiati a Cannes” e proiettò L’eclisse di Michelangelo Antonioni, Crash di David Cronenberg e Fuoco cammina con me, il film di Twin Peaks.

L’anno scorso il film che inaugurò il Festival di Cannes fu Café Society di Woody Allen: la proiezione fu seguita da una standing ovation che durò almeno tre minuti. Chris Gardner di Hollywood Reporter scrisse che si trattò di una “modesta standing ovation”. Il fatto è che ormai molti film sono accolti da fischi o grandi applausi e la cosa ha smesso di essere una notizia. Per farsi davvero notare un film deve essere fischiato molto – e da tutti – o deve ricevere una standing ovation particolarmente lunga e entusiasta. VanDerWerff ha scritto che ormai il semplice verificarsi di una standing ovation passa quasi inosservato, perché c’è una sorta di nuova asticella da superare: «Se ti è piaciuto un film, devi applaudire per cinque minuti; se ti è davvero piaciuto un film dovresti farlo per almeno dieci minuti».

Uno degli applausi più lunghi fu nel 2004 e durò circa venti minuti: arrivò dopo la proiezione di Fahrenheit 9/11, il documentario di Michael Moore, che poi avrebbe vinto la Palma d’oro. Nel 2014 Vulture fece invece un liveblog della standing ovation di 10 minuti seguita alla proiezione di Sils Maria, il film di Olivier Assayas con Kristen Stewart.

A voler cercare delle ragioni per i fischi e gli applausi di Cannes, c’entra il fatto che si tratti del più importante festival al mondo, frequentato da alcuni dei più grandi esperti e appassionati di cinema al mondo. Se un film arriva fin lì e riesce a piacere a quelle persone vuol dire che – almeno secondo certi parametri – è davvero un gran film. Allo stesso modo, proprio per via del contesto può capitare che un film – magari uno di quelli non in competizione, pensato per un pubblico diverso – sia ritenuto deludente e non al livello di quel festival (che è diverso dal ritenerlo brutto e basta). Nel caso degli applausi, c’entra più semplicemente il fatto che il pubblico di Cannes sa che gli attori e i registi dei film sono proprio lì, e quindi: «è la natura umana, il voler far sapere a qualcuno che abbiamo apprezzato quello che hanno fatto», magari esagerando giusto perché quel qualcuno è sul palco. O fischiando per non farlo uscire, o farlo stare sul palco il meno possibile.