La storia, molto italiana, dei giudici di pace

Sono essenziali per il sistema giudiziario ma anche precari, malpagati e pasticcioni: e stanno scioperando contro la riforma che dovrebbe finalmente cambiare qualcosa

di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

«Martedì ho un appello a Roma. Sapete se il giudice di pace M. R. aderisce all’astensione? Ho provato a chiamare l’ufficio, ma non mi risponde nessuno. Non vorrei fare il viaggio da Padova a Roma per niente». Sui forum e le bacheche online degli avvocati e dei praticanti in questi giorni ci sono moltissimi messaggi come questo. Decine di tribunali in tutta Italia stanno avendo molte difficoltà per lo sciopero di circa cinquemila magistrati onorari: sono magistrati a tempo parziale, come i giudici di pace, che assistono e a volte sostituiscono i giudici professionisti nei processi meno gravi, sia penali che civili. Iniziato lunedì scorso, lo sciopero dovrebbe durare fino all’11 giugno e sarà il più lungo mai proclamato dalla categoria. Ma dietro l’agitazione dei magistrati onorari si nasconde una storia che va ben aldilà delle rivendicazioni salariali. È una vicenda che mostra le storture del sistema giudiziario italiano e l’incapacità di raddrizzarle che per anni hanno mostrato la politica e la magistratura.

I magistrati onorari, una categoria composta da numerose figure tra cui i giudici di pace, i giudici onorari di tribunale e viceprocuratori onorari, protestano contro la riforma del loro settore, una parte sostanziale della quale è stata approvata dal Consiglio dei ministri lo scorso 5 maggio. La principale richiesta che fanno è che il governo alzi i loro stipendi e migliori il loro trattamento previdenziale. «Abbiamo ottenuto dalla riforma la maggioranza delle risposte alle domande che avevamo fatto in questi ultimi anni», ha detto al Post Diego Loveri, segretario dell’associazione Unità democratica giudici di pace, «ma dal punto di vista delle indennità volevamo di più». Il governo ha offerto 16 mila euro lordi l’anno, loro ne chiedono 36 mila. La riforma rappresenterebbe comunque un grosso cambiamento per gli onorari, che oggi vengono pagati a cottimo: poche decine di euro per ogni udienza a cui partecipano o per ogni atto o sentenza che producono.

Secondo Loveri, che ha criticato la scelta dello sciopero fatta da altre associazioni di magistrati onorari (come la combattiva Unione nazionale dei giudici di pace), ci sarà spazio per alzare la cifra del loro nuovo stipendio fisso prima del 2021, quando la parte economica della riforma entrerà in vigore. Non è facile però convincere le numerose rappresentanze degli onorari che c’è ancora spazio per trattare. Quando nel 2014 i magistrati onorari si incontrarono con il ministro della Giustizia, racconta Loveri, alle udienze erano presenti in tutto una dozzina di associazioni diverse, tra cui quelle dei soli giudici di pace erano la metà: «Quello dell’associazionismo è un arcipelago indistinto», racconta, «dove è difficile seguire le alleanze estemporanee, le separazioni, le liti e le lotte».

Intervenire sul settore, però, secondo moltissimi è diventato necessario. Secondo i dati del Consiglio d’Europa, l’Italia ha pochissimi magistrati onorari rispetto agli altri grandi paesi europei: in Francia ci sono 38 magistrati onorari ogni 100 mila abitanti, in Germania 120. In Italia a malapena 5. Questa differenza è in buona parte causata dalla maniera confusa e abborracciata con cui nel corso degli anni Novanta in Italia sono nati i moderni magistrati onorari.

All’epoca i governi si accorsero che i procedimenti giudiziari arretrati iniziavano ad accumularsi pericolosamente. Assumere nuovi giudici professionisti per rimediare si rivelò costoso – i magistrati sono molto ben pagati – e complicato: il concorso per entrare in magistratura è difficilissimo e solo un certo numero di laureati può riuscire a superarlo in un determinato anno. Si decise allora di aprire i ranghi della magistratura onoraria, fino a quel momento riservati a vecchi magistrati o avvocati in pensione. L’idea era assumere un gran numero di giudici provvisori, sbrigare gli arretrati e quindi lasciare che i loro contratti temporanei andassero a scadenza naturale. Da allora, però, l’arretrato non ha fatto che aumentare e di proroga in proroga i magistrati onorari sono diventati una componente essenziale del sistema giudiziario italiano, ma inferiore – per stabilità, stipendio e garanzie – rispetto ai giudici professionisti che hanno ottenuto l’accesso in magistratura superando il difficile concorso pubblico.

Il problema è che, a causa del disinteresse di politica e magistratura, negli ultimi 20 anni nessuno ha pensato di intervenire. Per esempio è dal 1998 che non si fanno più concorsi per giudici di pace. Da più di quattromila che erano all’inizio sono scesi a 1.300, racconta Loveri, di cui soltanto una centinaio oggi ha meno di cinquantanni. Tra gli altri 4.000 magistrati onorari, la situazione non è molto migliore. «Questo è un cimitero degli elefanti», ha raccontato al Post un avvocato che venerdì attendeva il suo turno nell’ufficio del giudice di pace di via Teulada a Roma. Ma non c’è soltanto il problema del numero: difficilmente un lavoro svolto da personale poco formato e poco pagato sarà un buon lavoro, e quello dei magistrati onorari non fa eccezione. «Nessun avvocato ti dirà che preferisce un magistrato onorario rispetto a un togato», ha raccontato al Post un avvocato di Milano che preferisce restare anonimo. Altri avvocati che esercitano in diversi distretti di grandi città e città di provincia hanno espresso al Post pareri simili. Nel corso di un’audizione in Senato del settembre 2011 il presidente della Corte d’Appello di Lecce, Mario Buffa, sottolineò con forza gli errori commessi di frequente dai magistrati onorari. Disse che le critiche arrivavano non solo dagli avvocati, ma anche dai presidenti di corte d’appello e dagli stessi cittadini. Secondo Buffa i giudici di pace «non di rado» commettono «grossolani errori di giudizio» e adottano «condotte processuali discutibili» che «giustificano la sfiducia dei più verso la magistratura onoraria».

Il pasticcio della magistratura onoraria difficilmente arriva sulle prime pagine dei giornali, ma è un tema ricorrente tra gli esperti di diritto. Uno dei più critici sull’intera vicenda è l’ex presidente del Tribunale di Genova Claudio Viazzi, che in un articolo pubblicato l’anno scorso sulla rivista Questione Giustizia ha parlato del «silenzio delle istituzioni che ha accompagnato negli ultimi anni la crescita disordinata ed incontrollata di questa vera e propria galassia di figure onorarie» avvenuta «nel sostanziale disinteresse per molti anni del Parlamento, del Governo e della stessa magistratura». Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Eugenio Albamonte ha detto al Post di riconoscere una parte di queste responsabilità: «Che ci sia stato un disinteresse generalizzato nei confronti di questo segmento è alla prova dei fatti. Stiamo vivendo le conseguenze di non aver messo le mani su questo sistema. Una parte della magistratura sta ponendo questo tema da anni, ma il corpo generale se ne sta accorgendo con ritardo».

La domanda ora è se la riforma riuscirà a migliorare la situazione. L’ANM ha un’opinione favorevole: «L’impianto delle legge a noi piace», ha detto Albamonte, «ci piace il progressivo passaggio degli onorari all’interno dell’ufficio del processo, una struttura di supporto al singolo giudice, fatta di varie professionalità tra cui anche i giudici onorari che potranno sostituirlo nello svolgere alcune udienze, in un contesto molto più moderno e funzionale». Secondo Albamonte la riforma potrebbe anche contribuire a migliorare il rendimento dei magistrati onorari: «Se a volte la qualità del loro lavoro è considerata scarsa, la colpa è del sistema che si è creato». Albamonte spiega che fino a oggi la formazione degli onorari è stata lasciata all’iniziativa del singolo ufficio giudiziario. In alcuni distretti, quindi, gli onorari sono seguiti dai togati che si assicurano che siano sempre preparati. In altri, invece, la loro formazione viene trascurata. La riforma potrebbe in parte rappresentare una soluzione: «Il legislatore ha deciso di affiancare in maniera stabile i giudici onorari ai giudici togati, che in questo modo lavoreranno costantemente insieme. Inoltre, la legge prevede per il futuro che venga introdotto un sistema di formazione complessivo per i giudici». Questa parte della legge, però, non è ancora stata attuata.

Altri aspetti della riforma sono più controversi. L’ex presidente del tribunale di Genova ne elenca parecchi nel suo articolo. Gli avvocati, in particolare, sono preoccupati perché saranno ampliate le competenze dei giudici di pace, aumentando molto il numero di processi di cui potranno occuparsi. Se a questa norma non si affiancherà una migliore preparazione degli onorari, sostengono, le conseguenze potrebbero essere molto spiacevoli per i cittadini. Ma anche se la riforma producesse i migliori risultati possibili, rimane il fatto che per quasi vent’anni il sistema giudiziario ha mantenuto in piedi un sistema caotico e inefficiente, dannoso tanto per i magistrati onorari, costretti ad anni di precariato, quanto per i cittadini.